martedì 29 dicembre 2009

Elogio del nulla

Sono partito con l'idea di scrivere qualche cosa di positivo su un certo agomento.
Prima ho pensato di scrivere quanto sia innamorato del buon cibo, dell'aragosta e del tartufo bianco.

Poi ho pensato di scrivere che se proprio dovevo parlare bene di qualcosa, forse questa cosa poteva essere una canzone, forse un disco. Ne ho così tanti.
Poi mi sono spostato.

Naaa... i viaggi! Ecco si! mi piacerebbe tanto tornare a Cuba, magari per un mese intero.

Per visitare la fabbrica di sigari Partagas, proprio dietro il Capitolio in centro a L'Habana.
Oppure bere una buona bottiglia di vino, ecco quello di cui ho intenzione di tessere le lodi in questo post.

No, no...
Ho finito gli argomenti.
Non ce la faccio.
Forse non ce la faccio, anzi a questo punto è sicuro.
Bisogna cercare di non sparare troppe cazzate, le parole costano e vanno rispettate quanto e più di noi stessi.
Sono due settimane che non scrivo, che non aggiungo niente al mio libro.
Ho un sacco di idee, devo solo mettermi alla tastiera proprio come sto facendo adesso.
Ma al momento non lo faccio.
Non ho belle parole per niente e (quasi) per nessuno, ma questa è la mia caratteristica.
Forse l'unica cosa che mi va di lodare - in questo momento - è il nulla in cui molti galleggiano e in cui molti forse dovrebbero galleggiare.
Il vuoto ha ancora il suo crudo significato.
Ogni tanto guardiamo da sdraiati l'angolo del soffitto.
Coltiviamo il nulla e lasciamolo crescere.
Ho l'impressione che porterà buoni frutti.

domenica 27 dicembre 2009

La malattia del credere in se stessi


Mi definisco un teledipendente critico.
Guardo molta televisione (diciamo 4 ore al giorno?) e mi capita di guardare di tutto.
A volte mi soffermo per contemplare con disgusto quello che vedono i miei occhi, e magari sto sintonizzato per mezz'ora per vedere se al peggio c'è mai fine.
A volte mi ritrovo su qualche talent show.
Ci sono ragazzi che cantano e ballano e tutti dicono di meritarsi il passaggio al turno successivo, alla puntata seguente... piangono, si disperano, ringraziano.
Tutti hanno fiducia illimitata nei propri mezzi, dicono di venire da situazioni disagiate.

Dicono di aver fatto sacrifici enormi (?) e quindi (per qualche cazzo di proprietà transitiva o forse per la legge del contrappasso) si dichiarono meritevoli di qualche benedizione.

Mai una volta che uno dica: "Sono andato male, giusto che vinca Ermenegildo e vada avanti lui"
Mai una volta che qualcuno si azzardi a dire"E' più bravo di me, io devo ancora crescere."
C'è strafottenza e bastardaggine nei loro occhi e nei loro commenti a caldo.
Sbagli la performance? due lacrimucce e forse il televoto si impietosisce.
Forse non è neppure colpa di quei poveri ragazzi.
Il presunto insegnante che urla "Ci devi credere!! non sei secondo a nessuno! devi credere in te!" per alimentare la competizione è qualcosa di più di un volgare marchettaro.
Forse non c'entra neppure lui.
Forse sono gli autori che aizzano...
Forse non c'entrano neppure loro...
Forse è il format del programma che prevede che....

Oh cazzo.
Stai a vedere che è la televisione.

venerdì 25 dicembre 2009

Il cervello della rivoluzione o la rivoluzione del cervello?

Cervello della rivoluzione: colui che dal punto di vista ideologico (ma non solo) guida un intero movimento rivoluzionario proponendo visioni economico-sociali differenti rispetto a quelle presenti all'interno di una determinata comunità politicamente organizzata.

Rivoluzione del cervello: Mettere al centro della propria vita individuale un diverso modo di agire fondato sulla ragione e sul pensiero critico nei confronti di tutto ciò che ci circonda. Si sostanzia in atteggiamenti differenti rispetto a quelli adottati dalla maggior parte delle persone.

Cazzo, mi pare di essere l'enciclopedia Treccani...
Eppure mi sembra curioso affrontare con un gioco di parole una questione singolare che mette in relazione la possibilità che tutti noi abbiamo di sviluppare una nostra "propria" rivoluzione all'interno di noi stessi.
Di diventare "Cervelli della rivoluzione" fosse anche solo la NOSTRA rivoluzione.
Ho l'impressione che la possibilità che più persone traggano vantaggio dalle nostre idee sia direttamente proporzionale alla forza delle stesse.

Certo Maria de Filippi non potrebbe mai essere il "Cervello di una rivoluzione".
Questo penso sia chiaro a tutti.
Buon Natale e figli maschi

martedì 22 dicembre 2009

Un colpo di fucile mentre fuori piove

Sono una persona a cui le armi non piacciono per niente.
Se non fosse per il termine abusato di "pacifista" (solo a scriverlo, nella sua accezione contemporanea, mi vengono i brividi) forse mi definirei tale.
Ma si tratta di un termine abusato, vacuo... talvolta addirittura informe e quindi non mi definirei per niente pacifista.
Forse un non-violento, ma con dei limiti ben precisi oltre i quali mi sento di non andare.
Tant'è che penso che l'uso della forza fisica - nei frangenti di ingiustizia sociale, repressione dei popoli e schiavitù - sia una strada da tenere in considerazione e valutare attentamente.
Tutt'altro discorso quando si parla di violenza verso se stessi.
Kurt Cobain era un non-violento ma possedeva armi (e si è pure sparato con un fucile).

Il protagonista del mio libro è un non-violento, ma possiede un'arma.
Probabilmente non ha un rapporto stabile con questo tipo di aggeggi: odia la sua pistola ma a volte la ama, la sente vicina come una persona cara.
Poi la respinge, la ripudia.
Mi viene in mente un'immagine che potrebbe rappresentare tutto ciò.
Una giornata di pioggia intensa, tardo pomeriggio.
Un orecchio esterno che ascolta il rumore di un colpo di fucile proveniente da una casa al primo piano.
Il rumore della pioggia che inghiotte quella situazione, quasi fagocitandola.
Poi di nuovo il silenzio.
Qualcosa a che fare con il protagonista del mio libro, Roberto.
Oppure - meglio ancora - la cosa che sarebbe dovuta avvenire.
E che invece non succede.

sabato 19 dicembre 2009

Allo sbaraglio in una notte

Entrare in una galleria allagata con la macchina lanciata a 100 km/h
Poi l'acqua si fa sempre più alta e la velocità diminuisce.
Ma la macchina continua ad avanzare, sempre più lentamente, ma continua ad avanzare.
Bisogna vedere che cosa c'è al di fuori della galleria, anche se l'acqua ormai arriva alle ginocchia e il freddo è pungente.

Parte da qui uno dei capitoli (o forse è la parte conclusiva?) che più mi è piaciuto scrivere tra quelli finora buttati giù.
Ho l'impressione che in parte questa cosa mi sia già successa, ma in fondo non ne sono sicuro, anzi... tutt'altro.
Forse mi piace soltanto l'idea di fare una cazzata sapendo di farla, sapendo che nel momento stesso in cui si compirà ci sarà qualcosa da rammaricarsi.
A volte però la curiosità e l'irrazionalità sono talmente più forti di noi stessi che non c'è nulla che le possa fermare, neppure la visione futura delle conseguenze.


Con questo freddo provo a immaginarmi da solo, in una galleria allagata e con l'acqua quasi alle ginocchia.
E una voglia stramaledetta di andare a vedere che cosa c'è fuori dalla galleria.
Una voglia sovraumana di andare a sbirciare il nulla, per vedere se veramente non c'è niente.
Oppure qualche cosa che non ho mai visto.
Pur sapendo che - eventualmente - non ci sarà nulla che io non conosca ancora.

mercoledì 16 dicembre 2009

Amarone & Ammaniti

Mi hanno regalato una bottiglia di Amarone del 2001, Cantina Villabella.
Pregusto già il momento in cui lo berrò cibandomi della sua pienezza e della sua armonia, e- perchè no- dei suoi pericolosi 15° alcolici.
Poco tempo fa mi hanno portato in un enorme Drink Center, strapieno di migliaia di bottiglie di vino, superalcolici, birre e quant'altro.
Una specie di paradiso, almeno ai miei occhi: un fascino a cui è davvero difficile dire di no.
Un posto che ti disorienta e in cui vorrei essere abbandonato e rinchiuso per un'intera notte con la possibilità di assaggiare tutto quello che mi pare.
Dai vini alle birre, dai liquori allo champagne.
Dagli amari ai distillati, nessuno escluso.

Sto leggendo l'ultimo libro di Niccolò Ammaniti, "Che la festa cominci".
Parla di uno scrittore (Fabrizio Ciba) in bilico tra orgoglio e marchette, pensieri onorevoli e gran puttanate. Nessuna certezza nella sua vita, a parte la necessità di usare l'alcol per sopportare le situazioni e gli impacci della vita.
Mi permetterei di definirlo una specie di "Bridget Jones de noaltri" senza l'assillo dell'amore.
Il Libro è bellissimo, compratelo.
Non so perchè ma quel Fabrizio Ciba mi sta davvero simpatico.
Anche se, a volte, i suoi comportamenti mi fanno davvero incazzare.

lunedì 14 dicembre 2009

Stagioni

Mi dà orrore il solo pensiero di dare valore affettivo a degli oggetti.
Non ci riesco proprio.
A volte entro in casa d'altri e vedo che i salotti, i corridoi e le stanze da letto ne sono pieni.
Spesso si tratta di persone di una certa età che grazie a questi feticci ricordano i bei tempi passati, le loro avventure di gioventù, le loro conquisite.

Con tutto il rispetto per questa gente penso che il loro atteggiamento sia altamente ingeneroso nei confronti di quegli stessi ricordi che cercano di onorare, tenere svegli, sentire ancora una volta come vicini.

Io gli oggetti tendo a bruciarli, distruggerli (o venderli nel caso abbiano un valore commerciale) in modo tale che non siano lì a guardarmi con i loro occhi rivolti al passato, a scrutarmi con i loro implacabili giudizi legati a opportunità non colte, errori commessi oppure vittorie di Pirro.
Non mi piace neppure conservare oggetti legati a ricordi positivi; tendo a eliminare anche questi: penso che l'ingombro materiale incida sulla mia visione del futuro del quale - in tutta sincerità - non ho per niente paura.
L'unica eccezione? direi qualche fotografia che mi ritrae in occasioni particolari, ma niente di più.

Ai vostri occhi posso sembrare astioso? oppure tormentato? oppure un filo cinico?
Forse niente di tutto questo, oppure forse tutte e tre le cose insieme moltiplicate all'ennesima potenza.

sabato 12 dicembre 2009

Formula chimica di un antibiotico

L'idea è già di qualche mese fa e mi è stata suggerita da un amico.
"Perchè non inserisci delle illustrazioni nel libro? Essendo il protagonista un fotografo, magari potrebbero esserci i disegni delle sue fotografie..."

Capii subito che era un'ottima idea, ed elaborai il piano:
All'interno del libro ci sarebbero stati 4 capitoli ciascuno dei quali dedicati alla realizzazione di 4 fotografie diverse, ovviamente all'interno di uno scenario che definirei "post-atomico".
Ogni fotografia dovrà prendere corpo così come l'ho immaginata, ma filtrata dall'immaginazione del disegnatore che dovrà leggere il capitolo, capire il soggetto e soltanto alla fine, senza interpellarmi né chiedere chiarimenti DISEGNARE LA FOTOGRAFIA.
Questo mi permette di dare una struttura predefinita al libro: il fulcro saranno le tre scene principali posizionate all'inizio, al centro e al termine del libro (scene H1 H2 e H3)

Nella prima metà si posizioneranno i capitoli di due delle quattro fotografie, scene P1 e P2(ovviamente le restanti saranno nella seconda parte, P3 e P4) che si inseriranno su un tappeto narrativo composto da capitoli nei quali - in maniera alternata - si posizioneranno le vicende del pratagonista nella fase giovanile (Y1 Y2 ecc. in fase crescente di età) e in quella della maturità (M1 M2 ecc. in fase decrescente per età).
Più o meno sintetizzerei così:

H1 - Y1 - M1 - Y2 -M2 -P1 -Y3 - M3 -Y4 - M4 - P2 - H2 - Y5 - M5 - Y6 - M6 - P3 - Y7 - M7 - Y8 - M8 - P4 - Y9 -M9 - Y10 - M10 - H3

Sembra una formula chimica, ma in realtà è il mio "book plan".
Più facile a farsi che a dirsi...

giovedì 10 dicembre 2009

Theremin di rabbia

Ho venduto tutto.
Se avete letto qui a fianco la mia breve biografia sapete che sono un ex musicista, quasi dodici anni passati in una band a cantare, scrivere testi, arrangiare, suonare la chitarra, comprare effetti chitarristici e dio sa cos'altro.
Bene, ho venduto tutto.

La delusione per non riuscire più a suonare è stata così forte che non ho più sopportato la vista degli strumenti per la casa, la loro presenza spirituale ingombrante, il loro osservarmi da lontano in silenzio.

Ho venduto tutto tranne il mio theremin a valvole, uno strumento degli anni '30 che agisce interagendo con un campo magnetico, l'unico strumento musicale al mondo che si suona senza avere un contatto fisico con esso.
Non ho mai pensato di venderlo perchè un po' mi rappresenta, così difficile da suonare e da capire, ma così misterioso e pieno di fascino.
Adesso ho venduto anche questo, devo solo chiudere la trattativa.
Si chiude un periodo, si abbassa una serranda definitivamente.
Forse riuscirò ad addormentarmi con più facilità ma so che inevitabilmente questo si ripercuoterà sulla stesura del libro.
Forse un po' di malinconia farà capolino, chissà.

PS: Nuovo link a fianco per il nuovo disco di ZiDima (www.zidima.it).
Disco ascoltabile interamente in streaming: Grande suono, Grande gruppo.

martedì 8 dicembre 2009

Il mondo all'incontrario

Tutti parlano de "Il Teatro degli Orrori" e del nuovo disco "A sangue freddo" uscito da pochissimo. Copertine a destra e a manca (ovvio, non quelle di TV Sorrisi e Canzoni...) e recensioni davvero molto positive.
Io mi ero già perso il disco d'esordio, avevo solo ascoltato in streaming un paio di canzoni che non mi avevano fatto andare oltre, anche se il cd lo avevo cercato e non lo avevo trovato.

Questa volta non me lo sono lasciato scappare, anche perchè uscito sotto etichetta Universal e quindi reperibile fondamentalmente anche nei supermercati.
Dicono che siano gli eredi del pubblico dei Marlene Kuntz, visto che adesso Godano e compagni suonano altra roba e le chitarre che sferragliano le abbiano lasciate in eredità proprio a Giulio Favero e a Gionata Mirai.
Sarà, ma mi sento di buttare acqua sul fuoco.
Il disco è confuso musicalmente, direi quasi arruffato, mixato con poco talento e tanta approssimazione (non capisco perchè non se ne sia occupato lo stesso Favero, il cui talento come produttore artistico è riconosciuto).
La voce di Capovilla (ebbene si... ex One Dimensional Man) è completamente a disagio con l'italiano. Disegna melodie vocali adolescenziali (quando lo fa) e usa la voce su disco come se parlasse al bar con gli amici.

I testi? pollice verso, con così tante frasi fatte da mettere in dubbio la capacità di Pierpaolo di scrivere in italiano e porsi interrogativi su quelli scritti in inglese nel gruppo precedente.
Poi prendo in mano il CD dei "The Bastard Sons of Dioniso", quelli usciti da "X Factor".
Disco godibile, niente di trascendentale ma godibile.
Il mondo va al contrario ragazzi, c'est la vie.

sabato 5 dicembre 2009

One dimensional man

Fino a ieri se mi dicevi "One Dimensional Man" ti rispondevo: "Si!! il gruppo di Pierpaolo Capovilla... grandi dischi e soprattutto grande suono live!".
In realtà ho scoperto che il gruppo veneto si rifà al titolo di un libro di Herbert Marcuse, filosofo del secolo scorso ormai - sembra - quasi dimenticato.

Sembra che Marcuse abbia ipotizzato "l'uomo a una sola dimensione" in quanto, per definizione, rinchiuso nelle gabbie di falsi bisogni indotti dal sistema. Dice che "... le persone si riconoscono nelle loro merci, trovano la loro anima nella loro automobile, nel giradischi ad alta fedeltà, nella casa a due piani, nell'attrezzatura della cucina...".
Marcuse sembra accusare le moderne democrazie liberali di "Tolleranza repressiva": sembra infatti che queste consentano tutto, mentre in realtà consentono tutto ciò che non scalfisce il sistema nel quale si sono consolidate e hanno fondato le loro radici.

Diffondono quindi il pensiero unidimensionale, il pensiero unico. Quello secondo il quale sia l'operaio che il manager, sia il professore universitario che il contadino, sia la starlette televisiva che la casalinga ambiscono allo stesso modello di vita, al soddisfacimento degli stessi bisogni indotti in maniera artificiosa. Costruiti da chi non ha nessun interesse al miglioramento della condizione umana.

Mi viene in mente "Fight Club", il film di Fincher che tanto mi aveva impressionato con quella frase che diceva"Le cose che possiedi alla fine ti possiedono" e faccio questa considerazione:
Palahniuk (l'autore del libro) era partito da qui.
E io, invece, ero partito da Palahniuk, guarda te che coincidenza....
"One dimensional Man-Marcuse-Fight Club-Fincher-Palahniuk...."
Tanta carne al fuoco...
Ma il libro di Marcuse lo devo leggere assolutamente.
PS: Da oggi c'è la possibilità di commentare i post.
Viva la libertà, ecchecazzo...

giovedì 3 dicembre 2009

Uno stupido felice

"Emilia Paranoica" dei CCCP è una canzone senza limiti.
La prima volta che l'ho ascoltata non l'ho capita e questo perchè non era ora di capirla.
Bisogna ascoltarla in certe situazioni mentali, rigorosamente di notte.
Meglio se in macchina, in compagnia e in silenzio.
Il suo mantra ti assale, il suo mix di slogan, poesia e martirio ti imprigiona nel suo incedere.
Ma non sono qui a fare una recensione di questa canzone.

Era solo per dire che il protagonista del mio libro potrebbe tranquillamente riconoscersi in pieno in frasi come "Il Roipnol fa un casino se mescolato all'alcol" oppure in quella che dice "Posso essere uno stupido felice, un prepolitico, un tossicomane...", facendo intendere che non lo sarà mai e lotterà con tutte le sue forze per non diventarlo.
Poi succede che uno manco se ne accorge di quello che sta per diventare.
Si guarda intorno e decide che non resta altro che imbottirsi di Roipnol per prendere sonno.
Magari bevendoci sopra.

martedì 1 dicembre 2009

Nessuna musa, solo materia

In certi frangenti sono stato tentato di comportarmi come il protagonista del mio libro.
Ok, lui è un fotografo e io scrivo libri ma questo non conta moltissimo.

Ho scritto di lui che -durante i periodi di stasi creativa- usciva con la macchina senza destinazione, con la radio altissima alla ricerca di qualcosa nell'aria, un particolare qualsiasi oppure un piccolo inconveniente da sfruttare.
Insomma, un colpo di fortuna.

Prima l'ho scritto e poi avrei voluto farlo io stesso.
Prendere la macchina, accendere l'autoradio e partire, per vedere se succedeva davvero qualche cosa.
In realtà non l'ho mai fatto e penso che questo sia un bene.
Io non sono il personaggio del mio libro, lui è solo una persona "che conosco" perchè ne ho ideato la personalità, i suoi tratti emotivi e non ho bisogno di usare i suoi stratagemmi per andare avanti a scrivere, per andare oltre.
Io non scrivo quando mi sento ispirato, lui fotografa solo quando lo è.
E' sufficiente che io mi sieda, apra il file e obblighi la mia mente a scrivere.
Tutto qua.
Se poi, passata mezz'ora, non sono riuscito a cavare un ragno dal buco allora sono autorizzato ad alzarmi e andarmene.
Con me funziona.
Con Roberto il metodo autocoercitivo non funzionerebbe mai, di questo ne sono sicuro.
Siamo due persone diverse, in fondo.

lunedì 30 novembre 2009

Bilancio... bilancia?

Sono passati 30 giorni dalla data di apertura di questo blog e sono piuttosto soddisfatto di come stia andando.
Il contatore che ho ficcato in fondo alla pagina mi sorride tutte le volte che lo guardo, nel senso che siete in molti a leggere queste righe e, un mese fa, non avevo idea se qualcuno si sarebbe mai soffermato a leggere il "making of" di IO MI CARICO DI RABBIA.

Io dalla mia ci ho messo quello che potevo: una costanza per lo più quotidiana nel cercare di aggiornarlo, idee e argomenti di vario tipo (ma tutti legati da un sottile filo rosso), un po' di attualità e qualche argomento trattato in maniera non proprio ordinaria.

Sappiate una cosa però: tutto quello che leggete ha in qualche modo rilevanza con il libro che sto cercando di portare avanti con così tanta fatica.
Tutto, niente escluso.
Anzi: a volte è questo stesso blog ad avermi aperto delle porte, credetemi.
Quindi è anche un po' merito vostro.
Se non fosse per voi non sarei qui a scrivere, visto che io non scrivo per me stesso, anche se sarebbe figo dirlo (ma forse terribilmente ipocrita).

Per festeggiare ho deciso che quando arriveremo ai 1.000 contatti pubblicherò un link attraverso il quale sarà possibile leggere in formato pdf il primo capitolo del libro, quello che apre le danze e ti fa entrare nelle dinamiche della storia.
Nel frattempo ho stampato un po' di adesivi per pubblicizzare questo blog, forse ve ne sarete accorti.
Spero che vi sia capitato di trovarlo su qualche lampione, su qualche fermata del bus oppure appiccicato sui cestini della spazzatura.

Avanti così, ci vediamo domani per riprendere il discorso.
Ah! dimenticavo...
Grazie.

domenica 29 novembre 2009

Rendersi conto

Una delle questioni che mi danno notoriamente più noia è l'annoso problema del "rendersi conto".
Chissà quante cose mi sono oscure, quanti fraintendimenti si sono insinuati sotto la mia pelle.
Quante cazzate mi sono state raccontate.

Il problema della conoscenza, di capire una questione, di essere informati è per me fondamentale.
A volte parlo con delle persone di argomenti che conosco profondamente e qualcuno ad un certo punto dice una cosa falsa, pur essendo convinto profondamente che questa sia vera.
Subito cerco di controbattere, portare dati a rinforzo della mia tesi... mi viene quasi da urlare "No! No! è quello che ti vogliono far credere... stammi ad ascoltare ti prego! di questa cosa ne so un sacco... l'ho studiata! l'ho approfondita! me ne sono curato a fondo!"
Qualche volta mi stanno ad ascoltare, qualche volte riesco addirittura a far passare il messaggio.

Poi mi chiedo: chissà quante volte succede il contrario.
I media generalisti passano un'informazione, la morale comune la consolida e io me la bevo fino in fondo. Ovvio che cerco in ogni modo che questo non succeda, ma sono realista: sarà capitato decine e decine di volte, sicuramente molte di più di quelle che mi immagino.

Avrei bisogno di persone che confutino le mie errate convinzioni, che mi mettano al corrente che qualcuno vuole che io la pensi così, che mi stanno imboccando cose non vere.
Ne ho veramente un disperato bisogno e a volte penso che in pochi vogliano fare questa cosa con me. Sinceramente lo considero un problema, tant'è che cerco il più possibile di essere informato, ci tengo veramente, credetemi...
Poi a volte incontro qualcuno che non solo non sa niente di niente, ma che NON VUOLE SAPERE NIENTE DI NIENTE, e allora in quel caso non c'è altro che alzare le braccia e arrendersi.
La razza peggiore, senza dubbio.

sabato 28 novembre 2009

Le tentazioni di Sant'Antonio

Quando guardo un quadro di Salvador Dalì mi sembra di entrare in un altro mondo.
Mi perdo nei particolari, mi soffermo per decine e decine di minuti guardando in ogni angolo nascosto, osservando ogni piccolo insignificante(?) dettaglio.

Quando guardo un quadro di un qualsiasi altro pittore (magari un grande artista, riconosciuto ed apprezzato) mi annoio con una velocità impressionante: non riesco a starci vicino per più di 15 secondi.
Probabilmente, anzi ve lo do per certo, non capisco un cazzo di pittura, altrimenti avrei sicuramente una cultura maggiore in questo campo e non apprezzerei un numero così ristretto di opere.

Per Dalì è un'altra cosa: i suoi quadri mi sembrano fuoriusciti da una seduta psicoanalitica senza soluzione di continuità, si intrecciano con i sogni, amano i contrasti, sono intrisi di sesso adolescenziale, innocente e perverso allo stesso tempo.

Il famoso quadro "La persistenza delle Memoria", meglio conosciuto come "il quadro degli orologi molli" viene da un sogno dello stesso Dalì dopo un'indigestione di Camembert.
Niente di più sballato/geniale accoppiarlo all'idea del tempo che cola.
E poi avete mai visto qualcosa di più originale di un elefante con le gambe lunghissime come quelle di un insetto? date un'occhiata a "Le tentazioni di Sant'Antonio" e troverete pane per i vostri denti.

Sono sicuro che Roberto, il fotografo di "IO MI CARICO DI RABBIA" saprà gestire queste influenze, incanalarle e rielaborarle.
Davvero magnifiche e probabilmente molto adatte alla sua sensibilità di artista deviato.

giovedì 26 novembre 2009

Gestire le proprie idee

Uno dei canali del pacchetto Sky che merita di essere visto è senza dubbio "Current" (trovatelo sul n. 130). Lo chiamano canale di controinformazione, oppure di informazione alternativa... non ricordo perfettamente.
Quello che ricordo perfettamente è l'impronta che lo contraddistingue: tagliante, graffiante, carico di immagini e interviste che non si vedono da nessuna parte.

Ieri stavo quasi facendo tardi al lavoro pur di vedere la fine del documentario sull'Affare Mondadori, e mi sono chiesto dove mai avrei potuto vedere quelle immagini, sentire quelle dichiarazioni e interviste, riunire il filo del discorso se non guardando uno speciale di Current.
Programmi rifiutati dalle tv generaliste perchè scottanti, oppure ignorati perchè scomodi dai giornalai della RAI.
Gli spazi bisogna cercarseli da soli, questo l'ho capito da un pezzo.
Bisogna strapparli con i denti, bussare porta a porta (non da Vespa) agire a cuneo.

Capire gli errori con l'esperienza? cercare di andare per gradi? A cosa serve tutto questo se poi le generazioni ricominciano da capo? Cosa serve se c'è sempre un punto di partenza e mai un punto di arrivo?.
Battere con vigore e intensità, subito... spingendo le forze, agendo immediatamente, senza mediazioni.
Iniziando da se stessi, dal proprio stile di vita.
Decidere da che parte stare.
Forse anche un canale televisivo può essere d'aiuto a noi stessi, alla nostra voglia di esistere e ribaltare il tavolo a cui ci hanno costretto a sederci.

martedì 24 novembre 2009

Iniettare qualcosa (non eroina però...)

Ho comprato l'ultimo libro di Dan Brown.
So che è considerato un paraculo, un semplice rielaboratore di idee altrui.
E forse qualcuno lo aiuta nello scrivere, tipo un ghostwriter.
Dubbi "che non fanno bene al gioco del calcio" come direbbe un qualsiasi commentatore televisivo carico di retorica, ma qualcosa su questo libro c'è da dire.

Infatti, alla faccia dei detrattori, l'ho trovato piacevole.
Non tanto per la storia, forse non particolarmente originale (il solito pazzo-fanatico presente in tutti i suoi precedenti libri, il solito contorno artistico-esoterico, i consueti codici indecifrabili che diventano decifrabili con un intuizione che nessun essere umano avrebbe mai potuto avere) ma per la voglia di andare oltre i soliti confini narrativo-descrittivi.

Ho notato una propensione in questo libro di Brown.
Ho notato una genuina propensione per il suo lettore, la volontà di trasferirgli un'immagine differente della vita e della realtà. La voglia di iniettargli un dubbio riguardo la sua esistenza.

Molto ruffiano, eppure ammirevole nella forma e nella sostanza.
Materiale su cui riflettere insomma, e di questi tempi è già tanto.

domenica 22 novembre 2009

Diversità = Ricchezza

Ho trovato questa frase di Leonardo Sciascia che merita di essere osservata con interesse, una piccola gemma che può davvero aprire una chiave di lettura utile per capire in che direzione sta andando il mio nuovo libro.

"Un orologio che va male non segna mai l'ora esatta. Un orologio fermo la segna due volte al giorno"

Perfetta! Mi sembra davvero significativa per descrivere l'importanza della diversità estrema, quella che contraddistingue coloro che remano continuamente controcorrente, disallineandosi
perennemente con il pensiero comune. Queste persone mi incuriosiscono parecchio, devo ammetterlo.
Ne ho incontrate qualcuna, e tutte le volte mi sono trovato veramente affascinato, disturbato e attratto dal loro radicalismo.

Chi vive la sua vita trasgredendo saltuariamante le regole della comunità a cui appartiene può capire solo parzialmente la vera essenza delle cose, rimane semplicemente e temporanemaente asincrono, incompiuto... un po' come un orologio che funziona male, che segna il tempo in maniera approssimativa. Tutti noi siamo degli orologi che ritardano, che si riallineano, che ritornano a ritardare.

Colui che stravolge ogni principio, buca ogni taboo, rompe con i principi del vivere comune viene sempre emarginato, talvolta rinchiuso in strutture psichiatriche.
State certi che queste persone, nel loro completo rifiuto della morale comune, nel loro vivere perennemente nel loro mondo qualche cosa "c'azzeccano".
"Almeno due volte al giorno" sono lucidi, perfetti: inquadrano la vita probabilmente come nessun altro riesce a fare.

Mentre tutti noi ci affanniamo a sincronizzare le nostre vite in continuazione, sapendo che dopo poco saremo ancora lì, a tentare di vedere se l'ora che segnamo è veramente quella giusta.

venerdì 20 novembre 2009

Lampadine che si accendono

In questo momento sto scrivendo l'ennesimo capitolo del mio libro.
Ho interrotto perchè ho appena avuto una buona idea narrativa e sono qui per dirvelo, tutto qua.
Non avevo idea di come preseguire questo capitolo, ci giravo intorno da almeno tre settimane.
Ci pensavo soprattutto durante i momenti liberi ma ogni volta era la stessa cosa.
Quattro-cinque-dieci idee, ma nessuna che sembrava completamente soddisfarmi.

Non ho mai avuto problemi in quanto a "capacità produttiva di idee".
Ne ho sempre avuti invece nell'ambito della incapacità di decidere quale sia l'idea più adatta, partendo dal fatto che non esistono idee sbagliate, o completamente sbagliate.

Palahniuk, uno dei miei autori preferiti, dice che il libro in procinto di essere scritto è zeppo di "pistole fumanti", vale a dire di spunti abbandonati chissà dove, che aspettano solo di essere ripresi per sviluppare un'idea narrativa che necessità di un punto di svolta.
Bene, ho appenato trovato una di queste "pistole fumanti", l'ho dissotterrata e l'ho usata mentalmente per "coprire" un capitolo che io reputo determinante al fine dello sviluppo della storia.

Ora ho finalmente tutto in testa, non mi resta che dirlo.
La parte più divertente e più facile, almeno per me.
Adesso scusatemi, torno a scrivere ancora qualche cosa, prima che l'entusiasmo cali e che mi renda conto che forse "quell'idea" non è veramente ciò che mi aspettavo.

mercoledì 18 novembre 2009

Mojito (quello vero)

Siccome non ho sempre voglia di tediarvi con le mie elucubrazioni mentali ho deciso che oggi posterò la ricetta del Mojito, visto che l'ho imparato a fare a L'Havana e, tornando in Italia, me lo sono visto fare con il Cointreau (giuro che stavo per insultare il barman).

Ci vuole un bicchiere tipo tumbler alto (quello in foto), quindi procuratevelo. In alternativa se ne può usare uno un po' più basso e più largo, sempre tumbler.

Preso? mettetici dentro un cucchiaio abbondante di zucchero di canna bianco (lo so... in Italia non c'è, prendete quello scuro) e preparate il lime: tagliatene un quarto a spicchietti e, con la buccia, gettatelo con noncuranza nel bicchiere. Poi prendetene metà e spremetelo per buona parte (non tutto)nel bicchiere.

A questo punto ci vuole un pestello: dateci dentro con un po' di vigore in modo tale che tutto si amalgami al meglio. Poi prendete 7-8 foglie di hierba buena (che due coglioni... la hierba buena in Italia non c'è... surrogate con la mentuccia... attenzione ho detto mentuccia, non menta!) e pestate leggermente... mi raccomando... leggermente!

Ora il ghiaccio: prendetelo e spaccatelo in uno straccio con il pestacarne, riempite il bicchiere fino a 3/4. Ora aggiungete rhum cubano non invecchiato (quello chiaro per intenderci) fino a metà bicchiere e completate il tutto con acqua minerale gasata. Guarnite il tutto con altre foglioline di mentuccia e due cannuccie.

Poi prendete il bicchiere e tracannatelo alla mia salute.

martedì 17 novembre 2009

I soldi ci uccideranno, stanne certo.

Non capisco perchè per avere un minimo di dignità a livello artistico bisogna sempre fare i conti con le vendite e con la visibilità.
Vendi 30.000 dischi? sei un grande per forza, hai fatto certamente un grande disco.
Ne vendi 1 milione? ovviamente sei un dio della musica e il disco è quanto di meglio si possa immaginare.
Ovviamente se non vendi un cazzo sei soltanto un povero coglione che spreca tempo invece di lavorare sul serio. Lapalissiano.

Anche su questo blog è successo. Intendiamoci, si tratta di un amico che ha voluto fare una battuta, sostanzialmente non è successo nulla di particolare.
"Vai a fare la pratiche, va là!" è questo quello che ho trovato tra i commenti di questo blog, alludendo in maniera esplicita al mio lavoro impiegatizio.
Trenta secondi dopo averlo letto ho eliminato la possibilità di lasciare commenti, con mio grosso rammarico (anche perchè qualcuno mi aveva già chiesto di poter lasciare commenti ai vari post) e questa è stata per me una grossa sconfitta, probabilmente l'ennesima.

Mi verrebbe da dire: "Per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno" ma questo detto mi fa talmente incazzare che, con tutta probabilità, se la pensassi davvero così la mia situazione emotiva riguardo questa faccenda non farebbe altro che peggiorare.
Magari tra un po' di tempo renderò di nuovo possibile l'invio di commenti ma nel frattempo mi va di dirvi una cosa: ho visto dal vivo gruppi suonare di fronte a 50 persone e suonare meglio degli U2. Sono andato al cinema a vedere film che hanno incassato un millesimo rispetto a quanto incassato da uno qualsiasi dei film di Christian De Sica e pensare che non c'è paragone.

Prima o poi i soldi ci faranno ingoiare tutte le cazzate inutili che ci siamo comprati grazie a loro e ci faranno crepare.
Statene certi.

lunedì 16 novembre 2009

Stile, sostanza e apparenza

Ho sempre avuto una buona calligrafia, la mia vecchia maestra (pace all'anima sua) me lo diceva ogni tanto.
Addirittura alla scuole superiori, nella materia più idiota che esiste (stenografia), non avevo difficoltà a tracciare quelle stupide linee con un certo stile, di cui certo non mi vantavo.

Non so se questo aspetto può aver influito ma, al contrario di quasi tutti, nella mia quotidianità (e quando è possibile) cerco di scrivere brandendo quel vecchio strumento anarchico chiamato penna.

Non voglio perdere l'abitudine a scrivere manualmente, lo trovo un gesto per certi versi carico di significato e - perchè no - sostanza.
Certo, scrivere come sto facendo in questo momento è per certi versi più comodo e di bell'aspetto ma in questo post rivendico il dovere di scrivere senza tastiera del pc.
Sostanza, a volte, fa rima con stile, appagamento visivo, voglia di personalizzare uno scritto prendendosi le responsabilità di esprimere dei concetti senza la scialuppa di salvataggio del tasto CANC (come per altro ho fatto almeno 3-4 volte in questo post).
Non voglio avere scialuppe di salvataggio quando scrivo.
Voglio avere rimorsi per quello che ho scritto e che non merita di rimanere scritto.
Voglio strappare un foglio di carta e ricominciare.
Al massimo voglio fare fatica per cancellare quanto ho scritto.
Cazzo quanto mi mancano la Paper Mate Replay con la gomma sul cappuccio: un perfetto strumento tecnologico del quale abbiamo fatto a meno troppo presto.
Sostituendolo con una tastiera di merda.

domenica 15 novembre 2009

Sperimentare

Roberto è un fotografo decisamente portato alla sperimentazione.
Pensando a lui ho deciso di rifarmi alla figura di un fotografo reale, l'americano Joel-Peter Witkin.
A lui mi sono avvicinato per caso, ma non troppo.

Anni fa scrivevo su una fanzine musicale (dalla filosofia "do-it-yourself") e il mio compito era quello di intervistare gruppi della scena alternativa italiana.

A quell'epoca (e ancora oggi) uno dei migliori esempi di sperimentazione in campo musicale erano i milanesi Six Minute War Madness, il cui cantante Federico Ciappini ne incarnava a mio avviso al meglio filosofia e modo di intendere la musica.
Fu lui, nel corso di questa intervista, a citare questo nome.
Ovviamente non mi occupavo di fotografia e neppure ero intenzionato a farlo ma quel nome riecheggiò per un po' di tempo nella mia testa.
Federico mi disse che quel fotografo "lo emozionava" e tanto mi bastava per incuriosirmi: come poteva un fotografo influenzare un musicista?

Oggi sono qua a chiedermi esattamente la stessa cosa ma da punti di partenza diversi, un po' come trovarsi nello stesso edificio ma su piani differenti.
Come può un fotografo influenzare uno scrittore?
Può un musicista influenzare un fotografo...?
Forse, probabilmente.
A patto che tutti i soggetti coinvolti siano disposti a mettersi in discussione per cercare di creare qualcosa che vada al di fuori di quanto fatto fino ad ora. Guardando oltre.
In altre parole, sperimentando.

venerdì 13 novembre 2009

Relativismo? (punto interrogativo obbligatorio)

Un bel po' di anni fa ho avuto la mia prima nozione di relativismo.
Il mio professore di inglese, durante una lezione, disse: "Cosa sappiamo di noi stessi? se fossi nato in Sud Africa ai tempi dell'apartheid forse sarei stato uno di quelli convinti della necessità che i neri non debbano stare a contatto con i bianchi..."

Fu una specie di illuminazione per me... ci pensai immediatamente e, nella banalità dell'affermazione, ci trovai una verità cristallina che ribaltava completamente i punti fermi del vivere.
Credere in qualche cosa, avere dei principi e un'etica forse non è completamente merito nostro.

Anzi... forse è il risultato di un insieme di circostanze, casualità, ambiti temporali e situazioni contingenti che ci danno l'impressione che le nostre scelte di vita siano nostre, mentre in realtà si tratta solo di una morbida illusione.
Essere conservatori significa credere in qualche dogma (dio quanto mi dà fastidio questo termine) sul quale non c'è da discutere, come la certezza di essere dalla parte giusta.

Qualcuno dice che il relativismo è la piaga dei nostri tempi, l'ho sentito dire qualche tempo fa da un signore molto influente.
Bene, io credo fermamente in questa piaga perchè mi costringe a ragionare in più direzioni, valutare più ipotesi. Il dogma, il decidere che c'è un bianco e un nero nettamente contrapposti, mi puzza (oltre che di ignoranza) di fascismo e settarismo.
Il fatto che le religioni del mondo, purtroppo per loro natura, siano fondate sul dogma non agevola il confronto dettato dalla ragione e amplifica le contrapposizioni tra persone che la pensano in maniera diversa.

Se poi pensiamo che tutti noi siamo affamati di certezze beh... allora il discorso si complica maledettamente tanto da indurmi a gettare la spugna su questo discorso quanto mai strampalato...
Vaffanculo a me che mi spingo in queste discussioni impossibili...

giovedì 12 novembre 2009

John Dalton può fare il fotografo?

John Dalton conviveva con la stessa malattia a cui diede il nome: imparò a capirla e a descriverla.
Anch'io soffro di questa patologia ma me ne faccio un baffo.

Essere daltonico comporta disagi e inconvenienti diffusi, (anche se di leggera entità) ma a me questa cosa ha dato senza alcun dubbio più vantaggi che handicap.
Per esempio la possibilità di vedere la realtà in maniera diversa, alterata.

Fare caso ad alcuni aspetti - magari da molti ingiustamente sottovalutati - e ignorararne bellamente altri da tutti considerati come imprescindibili.... posare la propria attenzione sulle forme e sul movimento delle cose piuttosto che sull'aspetto cromatico...

In sintesi: vedere il mondo con delle "lenti" acide: decisamente stimolante, ve lo assicuro.
Se non sapessi che i prati sono verdi giurerei sulla loro vicinanza all'arancione... se tutti non mi dicessero che il cielo all'imbrunire è blu scuro potrei scommetere sul fatto che sia viola.
Divertente? può essere...
Questa cosa ha avuto degli effetti sulla mia personalità che in passato sottovalutavo ma - con gli occhi dell'esperienza - mi sono accorto da una decina di anni che questo elemento ha influito in maniera determinante sul mio essere alla ricerca dell'alternativa, dell'altro, del concetto di non comune.
Ecco perchè Roberto, il protagonista del mio libro, non fa mai caso ai colori.
Non potrebbe essere altrimenti.
Ma allora perchè fa il fotografo...? bella domanda ragazzi...

mercoledì 11 novembre 2009

Musica & Libri (part two)

Ho la netta sensazione che per scrivere sia purtroppo necessaria una certa predisposizione naturale.
Ovviamente si tratta di posizioni personali e probabilmente assai discutibili, ma l'utilizzo della parola scritta comporta secondo me una dimestichezza "originaria" che solo in parte è possibile acquisire con lo studio e l'applicazione.

A mio avviso se un musicista ascolta molta musica (e in maniera attenta e costruttiva) acquisirà quasi certamente una capacità compositiva che gli permetterà di "scrivere" cose proprie con una certa padronanza.
Al contrario un "divoratore di libri" potrà leggere quanto vuole, potrà cercare di rubare il mestiere ai più grandi maestri della letteratura ma non è detto che solo per questo riesca a sviluppare una personalità tale da permettergli di scrivere un libro.
Ho la sensazione che uno scrittore si riconosca già all'età di dieci anni, mentre un musicista possa sbocciare in qualsiasi momento grazie a impegno e dedizione.
Questa cosa un po' mi dà noia.
Mi sento marchiato a vita e impossibilitato a diventare scrittore.
O lo sono già (e me ne accorgerò presto), oppure rimarrò uno dei tanti coglioni che pensano che il proprio libro valga qualcosa mentre in realtà non è così.
Una sorta di resa dei conti, di biglietto per sola andata.
Ma queste battaglie sono come sale versato su una ferita.
Solo se sei in grado di resistere potrai vedere che cosa c'è in fondo al tunnel.

martedì 10 novembre 2009

Musica & Libri (part one)

Musicisti si diventa. Scrittori si nasce.
Ho sempre creduto molto nel lavoro e, al contrario, assai poco nel talento naturale.
Mi sono sempre imbattuto in chi si sentiva "baciato dalla sorte" per il fatto di riuscire a mettere insieme degli accordi o a scrivere un testo e ho sempre avuto un moto di fastidio nei loro confronti.

Il talento, nella musica, è meno importante di quello che si pensa: non ho mai creduto all'ispirazione (una vera fesseria) e neppure alle illuminazioni che ti aprono la mente.
E non perchè non le abbia mai avute: semplicemente non credo siano determinanti...

Il succo della questione sta nel trovare gli artifizi necessari per permettere che quelle intuizioni si sviluppino in maniera equilibrata e si dipanino nell'ambito che è loro congeniale.
In sintesi bisogna avere "mestiere"... lavorare prima con il martello pneumatico e poi con lo scalpello.
Nick Cave diceva che tutte le mattine, dopo colazione, "andava al lavoro" nel suo studio.
Si sedeva e iniziava a comporre come se fosse un impiegato qualsiasi.
La penso esattamente nello stesso modo, ma forse con la scrittura la cosa è un po' diversa.
Domani vi dirò perchè.

lunedì 9 novembre 2009

L'oro di Cuba

Ebbene si: sono un appassionato di habanos.
Mi sono avvicinato recentemente a questo mondo affascinante, fatto di profumi e sapori che niente hanno a che fare con lo squallido mondo del vizio legato a Marlboro e compagnia danzante.

Il compositore e pianista ungherese Franz Liszt diceva che "un buon sigaro chiude le porte alle volgarità di questo mondo", ma non è solo per questo che ci si inoltra in questo strano mondo "fuori tempo massimo", fatto di rotoli di tabacco da gustare da soli per decine e decine di minuti, a volte anche per più di due ore.

I sigari cubani, considerati senz'ombra di dubbio i migliori al mondo, sono il simbolo della plutocrazia da sempre, quasi sempre fotografati tra le dite di industriali facoltosi, di puttanieri arricchiti e politici non propriamente "in trincea".

Bene: questi stessi simboli dell'opulenza sono fabbricati nell'unico posto al mondo dove resiste una rivoluzione socialista da 50 anni, un piccola striscia di terra circondata dal mare a qualche miglia dagli Stati Uniti, il più grande simbolo imperialista che la storia ricordi (ovviamente dopo l'Impero Romano).

Dio quanto amo le contraddizioni... dio quanto amo Cuba...

domenica 8 novembre 2009

La Vergine di Ferro

Qualche anno fa ho visitato a San Marino il Museo degli Orrori.

Pensavo fosse semplicemente un museo come un altro, magari un po' "forte" e con qualche trovata scenografica ad effetto.
Niente di tutto questo.
Ne sono uscito come se avessi superato un girone infernale.

In passato ci sono stati professionisti della tortura con un'inventiva pari a quella dei grandi geni della scienza, solo - in questo caso specifico- applicata alla distruzione della vita.

Il Museo degli orrori di San Marino ti fa star male, ma quando ne esci capisci che l'uomo è fatto per morire, per distruggere, per autodistruggersi senza motivo.
Il sarcofago della Vergine di ferro lo vedete in foto e non penso abbia bisogno di spiegazioni.

Uno dei tanti lavori svolti da Roberto, il protagonista del mio nuovo libro, è quello di staccare i biglietti di un museo degli orrori. Non potrei mai lavorare in un posto così, per questo ho deciso che fosse Roberto a calcare quel palcoscenico, a ragionare su quel posto.

A vivere una situazione surreale e sanguinaria, capace di inflenzarne il lavoro di fotografo e non solo. Forse per uscirne un po' cambiato.

sabato 7 novembre 2009

Killer del pensiero

Sono circa 13 anni che compro tutti i mesi "Rumore", una delle riviste di rock alternativo più interessanti. La rubrica che mi appassiona di più è "Avviso di chiamata" di Sergio Messina che si trova proprio in ultima pagina, a chiudere un'intero mese di lettura.

La mia ex fidanzata un giorno prese in mano quella curiosa rivista e andò subito in ultima pagina, a botta sicura. Mi guardò delusa e perplessa, quasi disgustata: "Ma che giornale è questo?? non c'è neanche l'oroscopo..."
Abbandonò quell'insignificante rivista sul divano e ritornò a guardare la tv.

Purtroppo è sempre più difficile riuscire a "buttare fuori la testa" oltre i consueti canali comunicativi e l'indipendenza di chi ha in mano la possibilità di fare informazione è relegata al ruolo di comparsa, a mero corollario, semplice "optional".

Come dice Sergio Messina sulla sua rubrica ecco perchè le raccomandazioni vanno per la maggiore: "Certificano la dipendenza dal potere e l'adesione a questo codice".
E poi ancora: "chi si fa i cazzi suoi campa cent'anni (ma poi speriamo che muoia male)".

Sottoscrivo in pieno.

venerdì 6 novembre 2009

Bastardi senza gloria (?)

Inutile dire che Tarantino è per me un punto di riferimento.
L'organizzazione temporale di "Pulp fiction" è quanto di meglio abbia mai visto sul grande schermo, insieme a una serie di trovate narrative a mio avviso di massimo livello.

"Bastardi senza gloria" l'ho visto ormai quasi tre settimane fa e mi è piaciuto terribilmente.
All'inizio ho goduto per "i famosi dialoghi di Tarantino", poi mi sono soffermato sulla storia, infine ho trovato piacere nel riconoscere le citazioni e per il modo in cui sono trasposte.
Quello che mi è rimasto a distanza di parecchi giorni dalla visione è però altro.
Mi ricordo stranamente dei particolari: i bicchieri di whisky sul tavolo, la montagna di pellicola infiammabile che campeggia come un'enorme bomba a orologeria, la bottiglia di latte.

E soprattutto lo strudel della malcapitata protagonista, costretta ad assaggiarlo di fronte al gerarca nazista: primo piano strettissimo sul piattino e sulla panna montata che lo accompagna.
Poi lo sfregio dell'ufficiale: il mozzicone di sigaretta piantato violentemente dentro la crème.
Poi il ambio di inquadratura.
A mio avviso la scena più violenta del film, il particolare più cruento.
La scena migliore, che ti rimane dentro per un bel po' e ti fa pensare che i particolari sono tutto e che basta un gesto oppure una parola azzeccata per cambiare volto a una situazione.

Proprio come nei libri, già... proprio come nei libri.

giovedì 5 novembre 2009

La Crisi - sto vivendo una crisi?

"Molto spesso una crisi è tutt'altro che folle, è un eccesso di lucidità"
Così si esprimevano i Bluvertigo nel loro ultimo album da studio.

Niente di più vero, tanto da portarmi a dire che le cose migliori - artisticamente parlando - fuoriescono proprio in queste situazioni passeggere, che possono durare solo qualche giorno o addirittura mesi.

In questa fase i sensi sono maggiormenti sollecitati, le sensazioni vengono percepite senza mezze misure. La parte creativa di noi stessi viene intercettata da una situazione di malessere che la fa emergere in tutta la sua consistenza, in tutte le sue potenzialità.

Il protagonista di "IO MI CARICO DI RABBIA" vive un periodo di crisi nel quale, probabilmente, pensa di rimanere intrappolato a vita.
Anzi ne è certo.
Poi, sull'orlo del baratro, una banalità, un dettaglio mal calcolato gli salva la vita.
Chissà quante persone aspettano un dettaglio mal calcolato per uscire da una crisi.
Ma non preoccupatevi, una crisi lascia sempre qualche traccia.

mercoledì 4 novembre 2009

Il Mattatoio

Mi sto divertendo a scrivere questo libro e voi direte: "ci mancherebbe...".
Non è detto: quando facevo musica vedevo la mia attività come una missione, un qualcosa che dovevo fare.
Scrivere questo libro, al contrario, mi diverte sempre, in ogni momento.

Ho ambientato un capitolo in un mattatoio e Massimo un giorno mi ha detto:
"Ti ci porto io a vederne uno, così almeno il tuo racconto sarà più verosimile"

Qualche giorno dopo mi sono ritrovato in un mattatoio dove un tizio mi informava di come funzionava il suo lavoro, quali erano i suoi strumenti e tutto il resto.
Mi guardavo intorno un po' frastornato. Catene, pistole a cilindro, ganci, separatori...
Tutto scivolava via con una certa facilità.
Poi mi sono accorto del perchè di questa mia distrazione.
Ero troppo sconvolto dal colore delle piastrelle e dall'odore dolciastro di sangue sparso dappertutto.
Quell'odore era fortissimo e senza cali di intensità, ovunque noi fossimo.
Anche negli uffici dell'impresa di macellazione, dove abbiamo gustato un buon caffè seduti su comode poltroncine conversando amabilmente di calcio e belle ragazze.

Con la mia testa, però, da tutt'altra parte.

martedì 3 novembre 2009

Perchè questo titolo?


C'è chi va in palestra, chi si sfoga con il proprio partner, magari insultandolo.
C'è chi deve alzare il volume dell'autoradio oppure bere un litro di birra.
Oppure c'è chi la sera vuole scopare una prostituta, oppure tradire il marito.
Tutti modi di sfuggire dalla realtà delle cose, trovare un varco.
Tutti cercano di scaricare la "tensione emotiva" di qualche giornata andata male nel modo che pare più congeniale.
Tutti noi vogliamo stare bene e spesso la vita non ci aiuta, lo sappiamo.

"IO MI CARICO DI RABBIA" è la scelta di utilizzare un bizzarro stratagemma.
Far crescere la tensione, alimentare il proprio nervosismo senza che questo venga "scaricato" naturalmente a terra.
Trattenerlo, provare a controllarlo.
Per poi canalizzarlo in una direzione ben precisa, lasciarlo implodere tutto in un colpo.
Proprio come una batteria ricaricabile, proprio come un flash di una macchina fotografica.

lunedì 2 novembre 2009

Fotografia-Pittura-Scrittura-Immagine


Penso che il "crossover" tra diversi modi di esprimersi sia una delle frontiere più stimolanti.

Ogni arte ha i suoi tempi, le proprie armi comunicative, il proprio terreno di sfida.

La possibilità di sviluppare un immaginario (poetico, letterario, musicale, visivo...) può essere agevolato dall'interazione di diversi elementi, di diversi piani espressivi.
Può un libro parlare di fotografia?
Puoi sentire una canzone tra le righe di una poesia?
Puoi "leggere" un romanzo durante un'esibizione live di un gruppo musicale?
Puoi ascoltare un quadro? puoi vederlo muoversi?
Io personalmente rispondo di sì.


Guardate questa fotografia: non vi sembra un quadro?

La fotografia è di Joel-Peter Witkin: non una semplice influenza, qualcosa di più.

domenica 1 novembre 2009

Istruzioni per l'uso (distorto)

Questo blog nasce oggi per rendere dignità al nuovo libro che sto scrivendo da ormai più di sette mesi. Il suo titolo provvisorio è "IO MI CARICO DI RABBIA" ed è erede del precedente "CONI GELATO PER MALATI TERMINALI", agglomerato di racconti del 2001, pubblicato da Starrilink Editrice.

"IO MI CARICO DI RABBIA" è un romanzo ispirato alla vita di nessuno, ambientato nella provincia vercellese. La testa del protagonista è quella di nessuno di voi, abituato a sopravvivere e a convivere con i suoi incubi a cuore aperto. I suoi ventricoli si chiamano "Fotografia" e "Realtà" mentre i suoi atri si chiamano "Alcool" e "Rabbia".

Questo primo tratto descrittivo non vuole assolutamente dare adito a fraintendimenti.
Si tratta di un libro il cui obiettivo non è quello di incensare nessuno stile di vita.
Semplicemente quello di evidenziare che esistono soggetti la cui vita, per fortuna, non ricade negli stereotipi della vita moderna fatta di famiglia e lavoro, di presunta "vigliacca" felicità e annullamento della propria condizione di essere pensante.
Ogni giudizio morale non è qui oggetto di valutazione.
Provate voi a convivere con l'odore quotidiano di cancrena proveniente dalla gamba di vostra nonna.
Provate voi a vivere una vità normale con solo tre dita nella mano sinistra.
Io ho provato a pensare come sarebbe la vita di Roberto, filtrandola con la mia sensibilità probabilmente non adeguatamente sincronizzata con quella di nessun altro.
Se volete, seguitemi.
E lasciatevi indirizzare dal vostro senso di curiosità.
La curiosità è umana
La noia e l'omologazione sono carogne.
 
Free Hit Counter