martedì 29 dicembre 2009

Elogio del nulla

Sono partito con l'idea di scrivere qualche cosa di positivo su un certo agomento.
Prima ho pensato di scrivere quanto sia innamorato del buon cibo, dell'aragosta e del tartufo bianco.

Poi ho pensato di scrivere che se proprio dovevo parlare bene di qualcosa, forse questa cosa poteva essere una canzone, forse un disco. Ne ho così tanti.
Poi mi sono spostato.

Naaa... i viaggi! Ecco si! mi piacerebbe tanto tornare a Cuba, magari per un mese intero.

Per visitare la fabbrica di sigari Partagas, proprio dietro il Capitolio in centro a L'Habana.
Oppure bere una buona bottiglia di vino, ecco quello di cui ho intenzione di tessere le lodi in questo post.

No, no...
Ho finito gli argomenti.
Non ce la faccio.
Forse non ce la faccio, anzi a questo punto è sicuro.
Bisogna cercare di non sparare troppe cazzate, le parole costano e vanno rispettate quanto e più di noi stessi.
Sono due settimane che non scrivo, che non aggiungo niente al mio libro.
Ho un sacco di idee, devo solo mettermi alla tastiera proprio come sto facendo adesso.
Ma al momento non lo faccio.
Non ho belle parole per niente e (quasi) per nessuno, ma questa è la mia caratteristica.
Forse l'unica cosa che mi va di lodare - in questo momento - è il nulla in cui molti galleggiano e in cui molti forse dovrebbero galleggiare.
Il vuoto ha ancora il suo crudo significato.
Ogni tanto guardiamo da sdraiati l'angolo del soffitto.
Coltiviamo il nulla e lasciamolo crescere.
Ho l'impressione che porterà buoni frutti.

domenica 27 dicembre 2009

La malattia del credere in se stessi


Mi definisco un teledipendente critico.
Guardo molta televisione (diciamo 4 ore al giorno?) e mi capita di guardare di tutto.
A volte mi soffermo per contemplare con disgusto quello che vedono i miei occhi, e magari sto sintonizzato per mezz'ora per vedere se al peggio c'è mai fine.
A volte mi ritrovo su qualche talent show.
Ci sono ragazzi che cantano e ballano e tutti dicono di meritarsi il passaggio al turno successivo, alla puntata seguente... piangono, si disperano, ringraziano.
Tutti hanno fiducia illimitata nei propri mezzi, dicono di venire da situazioni disagiate.

Dicono di aver fatto sacrifici enormi (?) e quindi (per qualche cazzo di proprietà transitiva o forse per la legge del contrappasso) si dichiarono meritevoli di qualche benedizione.

Mai una volta che uno dica: "Sono andato male, giusto che vinca Ermenegildo e vada avanti lui"
Mai una volta che qualcuno si azzardi a dire"E' più bravo di me, io devo ancora crescere."
C'è strafottenza e bastardaggine nei loro occhi e nei loro commenti a caldo.
Sbagli la performance? due lacrimucce e forse il televoto si impietosisce.
Forse non è neppure colpa di quei poveri ragazzi.
Il presunto insegnante che urla "Ci devi credere!! non sei secondo a nessuno! devi credere in te!" per alimentare la competizione è qualcosa di più di un volgare marchettaro.
Forse non c'entra neppure lui.
Forse sono gli autori che aizzano...
Forse non c'entrano neppure loro...
Forse è il format del programma che prevede che....

Oh cazzo.
Stai a vedere che è la televisione.

venerdì 25 dicembre 2009

Il cervello della rivoluzione o la rivoluzione del cervello?

Cervello della rivoluzione: colui che dal punto di vista ideologico (ma non solo) guida un intero movimento rivoluzionario proponendo visioni economico-sociali differenti rispetto a quelle presenti all'interno di una determinata comunità politicamente organizzata.

Rivoluzione del cervello: Mettere al centro della propria vita individuale un diverso modo di agire fondato sulla ragione e sul pensiero critico nei confronti di tutto ciò che ci circonda. Si sostanzia in atteggiamenti differenti rispetto a quelli adottati dalla maggior parte delle persone.

Cazzo, mi pare di essere l'enciclopedia Treccani...
Eppure mi sembra curioso affrontare con un gioco di parole una questione singolare che mette in relazione la possibilità che tutti noi abbiamo di sviluppare una nostra "propria" rivoluzione all'interno di noi stessi.
Di diventare "Cervelli della rivoluzione" fosse anche solo la NOSTRA rivoluzione.
Ho l'impressione che la possibilità che più persone traggano vantaggio dalle nostre idee sia direttamente proporzionale alla forza delle stesse.

Certo Maria de Filippi non potrebbe mai essere il "Cervello di una rivoluzione".
Questo penso sia chiaro a tutti.
Buon Natale e figli maschi

martedì 22 dicembre 2009

Un colpo di fucile mentre fuori piove

Sono una persona a cui le armi non piacciono per niente.
Se non fosse per il termine abusato di "pacifista" (solo a scriverlo, nella sua accezione contemporanea, mi vengono i brividi) forse mi definirei tale.
Ma si tratta di un termine abusato, vacuo... talvolta addirittura informe e quindi non mi definirei per niente pacifista.
Forse un non-violento, ma con dei limiti ben precisi oltre i quali mi sento di non andare.
Tant'è che penso che l'uso della forza fisica - nei frangenti di ingiustizia sociale, repressione dei popoli e schiavitù - sia una strada da tenere in considerazione e valutare attentamente.
Tutt'altro discorso quando si parla di violenza verso se stessi.
Kurt Cobain era un non-violento ma possedeva armi (e si è pure sparato con un fucile).

Il protagonista del mio libro è un non-violento, ma possiede un'arma.
Probabilmente non ha un rapporto stabile con questo tipo di aggeggi: odia la sua pistola ma a volte la ama, la sente vicina come una persona cara.
Poi la respinge, la ripudia.
Mi viene in mente un'immagine che potrebbe rappresentare tutto ciò.
Una giornata di pioggia intensa, tardo pomeriggio.
Un orecchio esterno che ascolta il rumore di un colpo di fucile proveniente da una casa al primo piano.
Il rumore della pioggia che inghiotte quella situazione, quasi fagocitandola.
Poi di nuovo il silenzio.
Qualcosa a che fare con il protagonista del mio libro, Roberto.
Oppure - meglio ancora - la cosa che sarebbe dovuta avvenire.
E che invece non succede.

sabato 19 dicembre 2009

Allo sbaraglio in una notte

Entrare in una galleria allagata con la macchina lanciata a 100 km/h
Poi l'acqua si fa sempre più alta e la velocità diminuisce.
Ma la macchina continua ad avanzare, sempre più lentamente, ma continua ad avanzare.
Bisogna vedere che cosa c'è al di fuori della galleria, anche se l'acqua ormai arriva alle ginocchia e il freddo è pungente.

Parte da qui uno dei capitoli (o forse è la parte conclusiva?) che più mi è piaciuto scrivere tra quelli finora buttati giù.
Ho l'impressione che in parte questa cosa mi sia già successa, ma in fondo non ne sono sicuro, anzi... tutt'altro.
Forse mi piace soltanto l'idea di fare una cazzata sapendo di farla, sapendo che nel momento stesso in cui si compirà ci sarà qualcosa da rammaricarsi.
A volte però la curiosità e l'irrazionalità sono talmente più forti di noi stessi che non c'è nulla che le possa fermare, neppure la visione futura delle conseguenze.


Con questo freddo provo a immaginarmi da solo, in una galleria allagata e con l'acqua quasi alle ginocchia.
E una voglia stramaledetta di andare a vedere che cosa c'è fuori dalla galleria.
Una voglia sovraumana di andare a sbirciare il nulla, per vedere se veramente non c'è niente.
Oppure qualche cosa che non ho mai visto.
Pur sapendo che - eventualmente - non ci sarà nulla che io non conosca ancora.

mercoledì 16 dicembre 2009

Amarone & Ammaniti

Mi hanno regalato una bottiglia di Amarone del 2001, Cantina Villabella.
Pregusto già il momento in cui lo berrò cibandomi della sua pienezza e della sua armonia, e- perchè no- dei suoi pericolosi 15° alcolici.
Poco tempo fa mi hanno portato in un enorme Drink Center, strapieno di migliaia di bottiglie di vino, superalcolici, birre e quant'altro.
Una specie di paradiso, almeno ai miei occhi: un fascino a cui è davvero difficile dire di no.
Un posto che ti disorienta e in cui vorrei essere abbandonato e rinchiuso per un'intera notte con la possibilità di assaggiare tutto quello che mi pare.
Dai vini alle birre, dai liquori allo champagne.
Dagli amari ai distillati, nessuno escluso.

Sto leggendo l'ultimo libro di Niccolò Ammaniti, "Che la festa cominci".
Parla di uno scrittore (Fabrizio Ciba) in bilico tra orgoglio e marchette, pensieri onorevoli e gran puttanate. Nessuna certezza nella sua vita, a parte la necessità di usare l'alcol per sopportare le situazioni e gli impacci della vita.
Mi permetterei di definirlo una specie di "Bridget Jones de noaltri" senza l'assillo dell'amore.
Il Libro è bellissimo, compratelo.
Non so perchè ma quel Fabrizio Ciba mi sta davvero simpatico.
Anche se, a volte, i suoi comportamenti mi fanno davvero incazzare.

lunedì 14 dicembre 2009

Stagioni

Mi dà orrore il solo pensiero di dare valore affettivo a degli oggetti.
Non ci riesco proprio.
A volte entro in casa d'altri e vedo che i salotti, i corridoi e le stanze da letto ne sono pieni.
Spesso si tratta di persone di una certa età che grazie a questi feticci ricordano i bei tempi passati, le loro avventure di gioventù, le loro conquisite.

Con tutto il rispetto per questa gente penso che il loro atteggiamento sia altamente ingeneroso nei confronti di quegli stessi ricordi che cercano di onorare, tenere svegli, sentire ancora una volta come vicini.

Io gli oggetti tendo a bruciarli, distruggerli (o venderli nel caso abbiano un valore commerciale) in modo tale che non siano lì a guardarmi con i loro occhi rivolti al passato, a scrutarmi con i loro implacabili giudizi legati a opportunità non colte, errori commessi oppure vittorie di Pirro.
Non mi piace neppure conservare oggetti legati a ricordi positivi; tendo a eliminare anche questi: penso che l'ingombro materiale incida sulla mia visione del futuro del quale - in tutta sincerità - non ho per niente paura.
L'unica eccezione? direi qualche fotografia che mi ritrae in occasioni particolari, ma niente di più.

Ai vostri occhi posso sembrare astioso? oppure tormentato? oppure un filo cinico?
Forse niente di tutto questo, oppure forse tutte e tre le cose insieme moltiplicate all'ennesima potenza.

sabato 12 dicembre 2009

Formula chimica di un antibiotico

L'idea è già di qualche mese fa e mi è stata suggerita da un amico.
"Perchè non inserisci delle illustrazioni nel libro? Essendo il protagonista un fotografo, magari potrebbero esserci i disegni delle sue fotografie..."

Capii subito che era un'ottima idea, ed elaborai il piano:
All'interno del libro ci sarebbero stati 4 capitoli ciascuno dei quali dedicati alla realizzazione di 4 fotografie diverse, ovviamente all'interno di uno scenario che definirei "post-atomico".
Ogni fotografia dovrà prendere corpo così come l'ho immaginata, ma filtrata dall'immaginazione del disegnatore che dovrà leggere il capitolo, capire il soggetto e soltanto alla fine, senza interpellarmi né chiedere chiarimenti DISEGNARE LA FOTOGRAFIA.
Questo mi permette di dare una struttura predefinita al libro: il fulcro saranno le tre scene principali posizionate all'inizio, al centro e al termine del libro (scene H1 H2 e H3)

Nella prima metà si posizioneranno i capitoli di due delle quattro fotografie, scene P1 e P2(ovviamente le restanti saranno nella seconda parte, P3 e P4) che si inseriranno su un tappeto narrativo composto da capitoli nei quali - in maniera alternata - si posizioneranno le vicende del pratagonista nella fase giovanile (Y1 Y2 ecc. in fase crescente di età) e in quella della maturità (M1 M2 ecc. in fase decrescente per età).
Più o meno sintetizzerei così:

H1 - Y1 - M1 - Y2 -M2 -P1 -Y3 - M3 -Y4 - M4 - P2 - H2 - Y5 - M5 - Y6 - M6 - P3 - Y7 - M7 - Y8 - M8 - P4 - Y9 -M9 - Y10 - M10 - H3

Sembra una formula chimica, ma in realtà è il mio "book plan".
Più facile a farsi che a dirsi...

giovedì 10 dicembre 2009

Theremin di rabbia

Ho venduto tutto.
Se avete letto qui a fianco la mia breve biografia sapete che sono un ex musicista, quasi dodici anni passati in una band a cantare, scrivere testi, arrangiare, suonare la chitarra, comprare effetti chitarristici e dio sa cos'altro.
Bene, ho venduto tutto.

La delusione per non riuscire più a suonare è stata così forte che non ho più sopportato la vista degli strumenti per la casa, la loro presenza spirituale ingombrante, il loro osservarmi da lontano in silenzio.

Ho venduto tutto tranne il mio theremin a valvole, uno strumento degli anni '30 che agisce interagendo con un campo magnetico, l'unico strumento musicale al mondo che si suona senza avere un contatto fisico con esso.
Non ho mai pensato di venderlo perchè un po' mi rappresenta, così difficile da suonare e da capire, ma così misterioso e pieno di fascino.
Adesso ho venduto anche questo, devo solo chiudere la trattativa.
Si chiude un periodo, si abbassa una serranda definitivamente.
Forse riuscirò ad addormentarmi con più facilità ma so che inevitabilmente questo si ripercuoterà sulla stesura del libro.
Forse un po' di malinconia farà capolino, chissà.

PS: Nuovo link a fianco per il nuovo disco di ZiDima (www.zidima.it).
Disco ascoltabile interamente in streaming: Grande suono, Grande gruppo.

martedì 8 dicembre 2009

Il mondo all'incontrario

Tutti parlano de "Il Teatro degli Orrori" e del nuovo disco "A sangue freddo" uscito da pochissimo. Copertine a destra e a manca (ovvio, non quelle di TV Sorrisi e Canzoni...) e recensioni davvero molto positive.
Io mi ero già perso il disco d'esordio, avevo solo ascoltato in streaming un paio di canzoni che non mi avevano fatto andare oltre, anche se il cd lo avevo cercato e non lo avevo trovato.

Questa volta non me lo sono lasciato scappare, anche perchè uscito sotto etichetta Universal e quindi reperibile fondamentalmente anche nei supermercati.
Dicono che siano gli eredi del pubblico dei Marlene Kuntz, visto che adesso Godano e compagni suonano altra roba e le chitarre che sferragliano le abbiano lasciate in eredità proprio a Giulio Favero e a Gionata Mirai.
Sarà, ma mi sento di buttare acqua sul fuoco.
Il disco è confuso musicalmente, direi quasi arruffato, mixato con poco talento e tanta approssimazione (non capisco perchè non se ne sia occupato lo stesso Favero, il cui talento come produttore artistico è riconosciuto).
La voce di Capovilla (ebbene si... ex One Dimensional Man) è completamente a disagio con l'italiano. Disegna melodie vocali adolescenziali (quando lo fa) e usa la voce su disco come se parlasse al bar con gli amici.

I testi? pollice verso, con così tante frasi fatte da mettere in dubbio la capacità di Pierpaolo di scrivere in italiano e porsi interrogativi su quelli scritti in inglese nel gruppo precedente.
Poi prendo in mano il CD dei "The Bastard Sons of Dioniso", quelli usciti da "X Factor".
Disco godibile, niente di trascendentale ma godibile.
Il mondo va al contrario ragazzi, c'est la vie.

sabato 5 dicembre 2009

One dimensional man

Fino a ieri se mi dicevi "One Dimensional Man" ti rispondevo: "Si!! il gruppo di Pierpaolo Capovilla... grandi dischi e soprattutto grande suono live!".
In realtà ho scoperto che il gruppo veneto si rifà al titolo di un libro di Herbert Marcuse, filosofo del secolo scorso ormai - sembra - quasi dimenticato.

Sembra che Marcuse abbia ipotizzato "l'uomo a una sola dimensione" in quanto, per definizione, rinchiuso nelle gabbie di falsi bisogni indotti dal sistema. Dice che "... le persone si riconoscono nelle loro merci, trovano la loro anima nella loro automobile, nel giradischi ad alta fedeltà, nella casa a due piani, nell'attrezzatura della cucina...".
Marcuse sembra accusare le moderne democrazie liberali di "Tolleranza repressiva": sembra infatti che queste consentano tutto, mentre in realtà consentono tutto ciò che non scalfisce il sistema nel quale si sono consolidate e hanno fondato le loro radici.

Diffondono quindi il pensiero unidimensionale, il pensiero unico. Quello secondo il quale sia l'operaio che il manager, sia il professore universitario che il contadino, sia la starlette televisiva che la casalinga ambiscono allo stesso modello di vita, al soddisfacimento degli stessi bisogni indotti in maniera artificiosa. Costruiti da chi non ha nessun interesse al miglioramento della condizione umana.

Mi viene in mente "Fight Club", il film di Fincher che tanto mi aveva impressionato con quella frase che diceva"Le cose che possiedi alla fine ti possiedono" e faccio questa considerazione:
Palahniuk (l'autore del libro) era partito da qui.
E io, invece, ero partito da Palahniuk, guarda te che coincidenza....
"One dimensional Man-Marcuse-Fight Club-Fincher-Palahniuk...."
Tanta carne al fuoco...
Ma il libro di Marcuse lo devo leggere assolutamente.
PS: Da oggi c'è la possibilità di commentare i post.
Viva la libertà, ecchecazzo...

giovedì 3 dicembre 2009

Uno stupido felice

"Emilia Paranoica" dei CCCP è una canzone senza limiti.
La prima volta che l'ho ascoltata non l'ho capita e questo perchè non era ora di capirla.
Bisogna ascoltarla in certe situazioni mentali, rigorosamente di notte.
Meglio se in macchina, in compagnia e in silenzio.
Il suo mantra ti assale, il suo mix di slogan, poesia e martirio ti imprigiona nel suo incedere.
Ma non sono qui a fare una recensione di questa canzone.

Era solo per dire che il protagonista del mio libro potrebbe tranquillamente riconoscersi in pieno in frasi come "Il Roipnol fa un casino se mescolato all'alcol" oppure in quella che dice "Posso essere uno stupido felice, un prepolitico, un tossicomane...", facendo intendere che non lo sarà mai e lotterà con tutte le sue forze per non diventarlo.
Poi succede che uno manco se ne accorge di quello che sta per diventare.
Si guarda intorno e decide che non resta altro che imbottirsi di Roipnol per prendere sonno.
Magari bevendoci sopra.

martedì 1 dicembre 2009

Nessuna musa, solo materia

In certi frangenti sono stato tentato di comportarmi come il protagonista del mio libro.
Ok, lui è un fotografo e io scrivo libri ma questo non conta moltissimo.

Ho scritto di lui che -durante i periodi di stasi creativa- usciva con la macchina senza destinazione, con la radio altissima alla ricerca di qualcosa nell'aria, un particolare qualsiasi oppure un piccolo inconveniente da sfruttare.
Insomma, un colpo di fortuna.

Prima l'ho scritto e poi avrei voluto farlo io stesso.
Prendere la macchina, accendere l'autoradio e partire, per vedere se succedeva davvero qualche cosa.
In realtà non l'ho mai fatto e penso che questo sia un bene.
Io non sono il personaggio del mio libro, lui è solo una persona "che conosco" perchè ne ho ideato la personalità, i suoi tratti emotivi e non ho bisogno di usare i suoi stratagemmi per andare avanti a scrivere, per andare oltre.
Io non scrivo quando mi sento ispirato, lui fotografa solo quando lo è.
E' sufficiente che io mi sieda, apra il file e obblighi la mia mente a scrivere.
Tutto qua.
Se poi, passata mezz'ora, non sono riuscito a cavare un ragno dal buco allora sono autorizzato ad alzarmi e andarmene.
Con me funziona.
Con Roberto il metodo autocoercitivo non funzionerebbe mai, di questo ne sono sicuro.
Siamo due persone diverse, in fondo.
 
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