mercoledì 31 marzo 2010

Nascere pompieri, morire incendiari


Di solito riferendosi alle vicende personali di qualcuno spesso si dice: "Sì, certo... quello lì è nato incendiario ma mi sa tanto che morirà pompiere".
Effettivamente si tratta di una massima che mi ha sempre divertito.
Tratteggia in maniera esemplare un certo tipo di atteggiamento che ho riscontrato, riscontro e riscontrerò in un nutrito numero di persone.

Oddio, non c'è niente di male nel cambiare opinioni e stili di vita (soprattutto quando questi stili di vita magari compromettono salute o stabilità) ma ho sempre pensato che a questo mondo abbiamo sicuramente più bisogno di piromani che di pompieri, visto che di questi ultimi ce ne sono a bizzeffe.
In ambito politico, culturale.
Perchè no, anche in campo artistico.

Trovo che sia un dovere personale cercare di non adeguarsi a quello che il naturale andamento della vita ti impone di seguire.
Gli anni passano, si preferisce una certa sicurezza economica.
Si rompe meno i coglioni al prossimo.
Ci si adegua.
Ecco, adeguarsi.
Una delle peggiori parole che la lingua italiana abbia mai partorito.
Mi puzza clamorosamente di "ho calato le braghe, me ne sono accorto, ma voglio mantenere la mia presunta dignità che io stesso ho difficoltà a riconoscermi".
Ho maggiore rispetto per chi non cerca scuse, chi alza la mano e dice palesemente: "Sì, lo so: mi sono conformato, sto sbagliando, ma ho le mie convenienze".
Perfetto: così si nasce piromani e si muore pompieri con dignità.
Anche se il mio sogno è trovare qualcuno che "Nasce pompiere e muore incendiario".
Per questo il personaggio del mio libro segue questa strada.

lunedì 29 marzo 2010

Storie di voti, matite copiative e Presidenti di seggio


Vado a votare.
L'ho sempre fatto e non vedo perchè questa volta non lo debba fare.
Mi presento con scheda elettorale e documento d'identità.
Al seggio non mi conosce nessuno ma per fare prima dicono che mi conoscono, così non devono trascrivere i dati della mia carta d'identità sul registro.
Il Presidente mi sorride e mi consegna la scheda.
"E la matita?" chiedo un po' stupito.
Mi guarda ancora e mi sorride: "E' tutto dentro in cabina, appesa ad uno spago..."
"No guardi, la matita copiativa me la devo consegnare lei... non puo stare dentro la cabina"
Mi guarda e mi sorride: "Si, lo so bene..."
La guardo.
Mi guarda.
"Beh, se lo sa allora perchè è all'interno della cabina? può essere sostituita da chiunque con una matita qualsiasi e questo invaliderebbe centinaia di voti. Un rappresentante di lista sufficientemente attento se ne accorgerebbe e sarebbe un guaio per tutti..."
Mi guarda e mi sorride.
Aggiunge: "Allora lei non la sostituisca".
Per un attimo mi chiedo se questa donna non abbia qualche ritardo mentale.
Poi dice: "Lei pensi al suo voto che noi pensiamo a tutto il resto".
Praticamente mi dice di farmi i cazzi miei.

Ma quelli SONO cazzi miei, fino a prova contraria.
Sono cazzi miei il fatto che le operazioni si svolgano correttamente.
Sono cazzi miei, di questo ne sono certo!
Ho contato fino a cinque.
Ero sull'orlo di sbottare.
Poi ho pensato solo un attimo e ho aggiunto: "Come vuole, ma io in qualità di elettore vorrei verbalizzare questo fatto".
Scatta qualcosa, lo vedo dai suoi occhi.
La parola magica "verbalizzare" ha fatto sì che l'impertinente signora si fiondasse all'interno della cabina per recuperare la matita copiativa.
Poi ordina ad uno scrutatore di fare altrettanto con la seconda cabina.
Mi consegna la matita, entro, voto e la riconsegno.
"Buon lavoro a tutti".
E la Presidentessa di 'sti cazzi manco si degna di rispondere grazie.
Probabilmente deve costarle troppa fatica, un po' come consegnare e farsi restituire ogni volta la matita copiativa.

PS: dopo due ore mia moglie va allo stesso seggio e mi avverte che le matite sono tornate al
loro posto: dentro le cabine.
Arrivederci alla prossima tornata elettorale, cara Presidentessa!
PS2: Avevo detto che vi parlavo degli aggiornamenti del mio libro: beh non l'ho fatto.
Sarà per la prossima volta...

venerdì 26 marzo 2010

Morgan ospite a Raiperunanotte: ripigliati, per favore...


Ieri sera, come molti, mi sono sintonizzato su uno dei tanti "canali" disponibili per vedere la reale chiusura della campagna elettorale del centro sinistra, vale a dire il programma di Santoro.
Lo dico con senso ironico bipartisan, sia chiaro.
Ma non è di questo che voglio parlare, tant'è che di politica tradizionale questo blog NON PARLA.

All'improvviso è balzato nel palasport Morgan, chiamato da Santoro e accolto dal pubblico con applausi scroscianti.
Dopo qualche minuto gli è stata data la parola ed è stato un vero disastro.
Prima di lui avevano parlato Travaglio (affilato come un coltello, determinato e lucido), avevano fatto i loro interventi Cornacchione e molti altri.
Sarebbero intervenuti Benigni e Luttazzi di lì a poco.
Tutti molto informati, precisi nelle loro disanime, ironici e taglienti.
Morgan è stato un disastro, una sorta di handicappato della parola e del senso compiuto.
Non è riuscito a cavar fuori un concetto, o anche solo una semplice articolazione fatta di soggetto-verbo-complemento oggetto (e questo nonostante 3-4 minuti a disposizione).

Si è beccato con il pubblico che rumoreggiava (giustamente) per il suo essere così palesemente inconcludente, ha suonato il piano da cani accompagnando un imbarazzato Venditti che non sapeva più che pesci pigliare (ha finito di suonare? fa ancora una strofa? che cazzo vuole fare??).
Ha persino tentato di fare delle sottospeci di cori pur essendo completamente afono a causa di una recente operazione.
Alla fine ha chiuso uno spettacolo indecoroso con due illuminati concetti:
"L'Italia è un paese di merda? no! è il paese più bello del mondo!"
E poi ha aggiunto:
"In Italia bisogna riempire il vuoto culturale con la poesia... la poesia... LA POESIA!!!"
C'è mancato poco che non arrivasse l'ambulanza a portarselo via, ve lo giuro.

Che fine ha fatto il fine comunicatore, il brillante musicista, l'autore di dischi (con i Bluvertigo) in grado di tracciare davvero un segno in questi anni?
Se ne andato avvolto in una nuvola di crack?
Che cazzo stai facendo Marco Castoldi in arte Morgan?
Gli artisti rincoglioniti sono addirittura più patetici dei filibustieri con l'alzheimer, spero che te ne renda conto...
Getta la spugna finchè sei ancora in tempo...


PS: prossimo post dedicato interamente agli ultimi sviluppi del mio libro.

martedì 23 marzo 2010

In coda verso la sventura


Non ho mai capito per quale motivo gli esseri viventi residenti in Italia, nel caso abbiano un figlio piccolo, decidano di appiccicare un adesivo sul lunotto della propria macchina.
Un adesivo agghiacciante:
"Bimbo a bordo".

Con qualche variante anglosassone (tipo "Baby a bordo" o "Baby on board") questo orripilante triangolino bianco bordato di rosso (e spesso contornato da pupazzetti e orsacchiotti vari) è piazzato con noncuranza nel retro di macchine di piccola cilindrata, famigliari, fuoristrada, SUV, citycar e perfino auto sportive.

Mi sono sempre chiesto a che cazzo serve e la risposta che mi sono dato è: chi l'ha piazzato vuole che chi lo legge mantenga la distanza di sicurezza e si metta una mano sulla coscienza.
Del tipo: "Non incularmi, ho mio figlio piccolo in macchina".
Roba da matti.

Prima di tutto tuo figlio non è perennemente inchiodato in macchina, quindi non ho la minima idea se sia a casa con la nonna o al contrario con quella sciagurata di sua madre (al volante) sul sedile posteriore della macchina.
In secondo luogo cercherei di non incularti comunque, indifferentemente dal fatto che ci sia o meno un bambino a bordo.
Terzo fatto: Ho tutta l'impressione che tu, mia cara mamma, non me la racconti giusta.
Secondo me piazzi quello stupido adesivo trovato nella confezione dei Pampers o nel latte in polvere solo per comunicare al mondo intero che TU HAI UN FIGLIO.
E io rispondo: chi se ne incula.

E' forse un motivo di vanto? hai forse fatto qualcosa di estremamente complicato? Può interessare a terzi il fatto che tu hai partorito (come miliardi di essere umani nella storia dell'umanità) un essere umano? che ti sei riprodotta?
Pensa piuttosto al fatto che non ti sei resa conto che su quello stupido adesivo campeggia il logo di un prodotto di consumo, che gli fai pubblicità gratuita in giro per tutta la città e hai usato a questo scopo tuo figlio mercificandolo.
Pensaci.
E magari, già che ci sei, non appiccicarne addirittura due a fianco l'uno dell'altro con i nomi dei tuoi due figli Daniele e Alessandra ben stampati sotto.
Come ho visto stamattina, prima di andare al lavoro, in coda verso la sventura.

venerdì 19 marzo 2010

La mediocrità che mi propini alle 4.30 del mattino


Non ascolto praticamente mai la radio.
Le uniche volte in cui lo faccio è per sintonizzarmi su emittenti che non spacciano musica, tipo Radio24.
Oppure per ascoltare la radiocronaca di una partita.
Sono profondamente ostile alla categoria dei DJ, mi stanno terribilmente sulle palle.
Ti svegli alle sei del mattino e loro sono già lì ad augurarti buona giornata, brillanti e già "sul pezzo" come nessuno.
Trovano notizie curiose sfogliando il Corriere della Sera o Il Resto del Carlino e mandano il sondaggio: "Diteci se siete a favore o contrari alla chirurgia estetica! mandateci un sms al numero..."

Deglutisco per farmi coraggio:
Niente di peggio, questo è certo.
Preferirei la compagnia di Niccolò Ghedini se me lo dessero come alternativa obbligatoria possibile.
Il loro forzato ottimismo, il loro buonumore artificioso e posticcio mi innervosisce come uno spino nel culo.
Una canzone degli Afterhours diceva: "Quattro e mezza del mattino, per la radio sono troppo triste il DJ non mi parlerà... sembra tutto così chiaro a questo scemo, sembra sempre una sola la realtà... che qui non ho diritto di non essere felice, di non sentirmi vivo... nella mediocrità che mi propini"
Ci sarebbe poco da aggiungere, ma forse una cosa c'è.

Alla fine quel povero sfigato della radio di provincia con il corso di dizione alle spalle pagato con la paghetta da cameriere può essere una vittima anche lui.
Me lo immagino, a trasmissione terminata e a cuffie riposte sul banco mixer, abbassare lo sguardo sulla console.
Accendersi una MS e scuotere la testa.
E poi pensare: "come mi sono ridotto...cazzo, come mi sono ridotto"
Miseri fantocci nel circolo vizioso delle apparenze.
Come tutti, d'altronde.

martedì 16 marzo 2010

Che gran bella cosa, la memoria...


"Quando vai di un andare mentale, e sono solo strade e case
E case e strade.
Sono giorni, che in fondo non ricordi"

Non ho per niente una buona memoria.
Invidio profondamente chi la può vantare e io purtroppo non posso annoverarmi tra questi.
Non mi ricordo mai un cazzo, è un dato di fatto.
O meglio: ho notato che la mia memoria fa molta più fatica quando il legittimo proprietario (cioè io) non è propriamente interessato alla materia
Mi ricordo con una certa facilità, per esempio, i titoli dei dischi, i nomi dei componenti dei gruppi musicali...
Oppure i titoli delle canzoni.
Ma mi devo sforzare come un dannato in tutti gli altri casi.
Non parliamo delle citazioni, una vera tragedia.

La frase che ho scritto in alto è praticamente l'unica che mi ricordo.
Per intenderci: è difficile che mi ricordi anche i proverbi in rima, figuriamoci frasi articolate e non particolarmente lineari come quella che ho scritto.
E invece quella me la ricordo, eccome.
L'ho riportata anche sul mio primo libro, ovviamente tra virgolette visto che appartiene a Giambeppe Succi degli ormai compianti Madrigali Magri, gruppo piemontese di art-rock degli anni '90.

Stasera torno dal lavoro e percorro il solito tragitto di tutti i giorni.
Mi salta in mente quella frase, me la ricordo perfettamente (almeno credo).
Godo nel ricordarla, me ne compiaccio.
La migliore che abbia mai sentito.
Perfetta per l'occasione, sintomatica per tutti gli automobilisti che stavano in coda con me.
Solo che loro non la sanno, la ignorano.
"Un problema per loro e un punto d'orgoglio per la mia magnifica memoria".
Ahhh... che gran bella cosa, la memoria...

sabato 13 marzo 2010

Trauma: in tedesco "sogno" (come dice Scorsese)


Sto scrivendo un capitolo molto importante, probabilmente l'ultimo raffigurante lo scatto di una fotografia da parte del protagonista.
Questi capitoli (già da tempo) ho pensato debbano essere quattro e questo è l'ultimo in ordine di tempo.
E' un capitolo che mi richiederà parecchio tempo e fatica nell'affrontarlo (soprattutto psicologicamente) ma fondalmente chiuderà una fase determinante nell'economia del libro.
Chiuderà il suo corpo narrativo.
Da quel momento in avanti mi dovrò occupare della parte conclusiva del libro, che necessariamente dovrà a sua volta essere composta da una fase preparativa (che prevedo composta da almeno due/tre capitoli) e poi dalla fase conclusiva vera e propria (probabilmente altri due capitoli). Infine la "tegola finale" ("La Stanza Parte III) che farà sciogliere dubbi o forse ne creerà di nuovi.

In questo momento il capitolo che sto scrivendo (a differenza di altri) "ce l'ho tutto in testa".
Butto giù molto velocemente per arrivare alla parte succosa del racconto ma so già che dovrò ritornare sui miei passi per limare, integrare, arricchire di particolari che in questo momento non mi va di aggiungere causa "ansia da prestazione": DESCRIVERE IL FATTO, dare una botta di adrenalina.

Si tratta fondamentalmente di un capitolo basato sul concetto di amicizia: ne sei succube? te ne servi? ne sei dipendente? l'hai persa? tutte queste domande trovano forse risposta in questo semplice capitoletto.
Un capitolo dove non necessariamente traumatizzare una persona vuol dire farle del male.
Trauma in tedesco significa sogno.
Proprio come dice Scorsese nel suo ultimo film.

lunedì 8 marzo 2010

I ritmi della routine: tutti i miei sbagli


Sono circa le 21.40 e solo adesso riesco ad aggiornare questo blog.
Mentre mi facevo la doccia pensavo quale sarebbe potuto essere l'argomento del post di questa sera.
Mi è venuta in mente una frase, proprio mentre mi stavo insaponando, che reputo degna di nota:
"Il lavoro nobilita l'uomo".
Bella no?
Se mi guardo alle spalle vedo che il lavoro "la fa da padrone", questo sì.
Ma non trovo per niente vero l'assunto secondo il quale questa "attività obbligatoria" mi abbia reso migliore
Anzi, tutt'altro.

Quarant'anni fa tutti giuravano che il progresso tecnologico ci avrebbe fatto lavorare di meno, che avremmo avuto più tempo libero.
Che il lavoro sarebbe stato meno pesante.
Mi sembra che questa previsione sia stata del tutto sbagliata, il classico oroscopo sconfessato e mandato a puttane dalla realtà dei fatti.
Oggi si lavora di più, si fa più fatica e i ritmi si sono alzati.
Io personalmente ormai non riesco a fare nulla che non sia il mantenimento dei ritmi della routine quotidiana.
Gestisco l'ordinario e - come mi è capitato oggi - nel caso si verifichi un imprevisto mi ritrovo nel panico, finendo in sofferenza di tempo e in deficit di fatica.
Questa si chiama frustrazione allo stato puro, incapacità di tenere sotto controllo il tempo.
Non riesco più a leggere, a informarmi, e ho 12 libri in arretrato (e chissà quanti dischi ancora da ascoltare).
Il lavoro occlude il pensiero, lo snerva, gli succhia energie vitali.
Quindi rende meno liberi, non ci sono cazzi.

E adesso lasciatemi stare che devo andare a differenziare i rifiuti, portare tutto in strada, controllare la scadenza del bollo auto e valutare l'ipotesi di cambiare conto corrente.
Come dicevano i Pink Floyd: "shorter of breath and one day closer to death" (più corto di respiro e un giorno più vicino alla morte).
Allegria, amici ascoltatori.

venerdì 5 marzo 2010

Vincere con storie di perdenti


Ieri sera ho visto "The Wrestler".
Forse molti di voi l'avranno visto da molto tempo ma io no, spesso sui film arrivo un po' in ritardo.
Ero partito con un po' di pregiudizi del tipo "il wrestling è ridicolo ed è affare che riguarda solo i marmocchi" oppure "Mickey Rourke è alla frutta da decenni, figuriamoci se è in grado di fare un film decente".
Alla fine sono rimasto davvero abbagliato, quasi commosso.

Una storia, un personaggio (anzi, una persona) in grado di smuovere davvero le coscienze del nostro mondo.
Un film sull'emarginazione e sulla salvezza come neanche "Shindler's list".
Un film che ribalta gli stereotipi come fino ad oggi forse nessuno è riuscito a fare.
Davvero magnifico, romantico e duro come la lametta che scorre sulla fronte di Rourke nella scena in cui cerca di fare il suo dovere di wrestler: dare spettacolo con il suo sangue.
L'unica cosa che è in grado di fare: vivere sul ring per riuscire in qualche modo a respirare.
Probabilmente è la migliore storia di un perdente che Hollywood sia mai riuscita ad interpretare, probabilmente superiore anche al pur bello "Million dollar baby" di Eastwood.
Storie che da sempre mi affascinano per le verità assolute che proteggono nel loro grembo.
Altro che "Il Gladiatore".
Altro che "Alexander".
Qui siamo lontani anni luce dall'American Dream e dalle "seconde possibilità" di Rocky.
Confrontati sembrano storielle senza senso, barzellette per senza cervello.
A volte la mia invidia nei confronti di opere di tale livello è tale da rasentare la frustrazione.
"Leone d'Oro 2008" strameritato, se non lo avete ancora fatto guardatelo.

martedì 2 marzo 2010

Lo scolapasta rosso sangue


Ieri, come quasi tutti i lunedì, faccio la spesa al supermercato.
Arrivo alla cassa e come tutti gli anni (fine febbraio di ciascun anno) la cassiera mi dice: "Le scadono i punti della tessera... vuole scegliere il suo premio?"
Tutti gli anni rispondo: "No grazie, non mi interessa" e dentro di me penso:
"Cosa cazzo vuoi che mi freghi dei vostri stupidi premi insulsi??".
Infatti la tessera la faccio solo per usufruire di qualche sconto per prodotti specifici, inutile che mi rompano le palle con i loro stupidi gadget.
Questo è quello che ho sempre fatto fino a ieri.
Ieri l'illuminazione: LO VOGLIO
Mi faccio dare il catalogo e scelgo di proposito il premio più idiota: uno scolapasta rosso
Un anno di spesa, migliaia di euro pagati in contanti per uno scolapasta rosso da 3-4 euro.

L'idea mi piace: LO VOGLIO sempre di più, lo bramo.
Indico il premio alla commessa e le consegno la tessera.
Lei mi scala i punti e mi dice che bisogna ordinarlo alla cassa centrale.
Mi consegna un coupon.
Mi reco alla cassa centrale.
Cinque minuti di coda e dico: "Voglio lo splendido scolapasta"
La commessa della cassa centrale mi guarda perplessa e non coglie l'ironia.
Guarda i suoi block notes per le prenotazioni e non riesce a trovare lo scolapasta.
In aiuto arriva una seconda commessa.
"Guardi che lo scolapasta è disponibile senza ordinazioni: vada pure all'interno del punto vendita e lo ritiri. Poi ritorni qui con il coupon".
Cerco di entrare all'interno del supermercato ma con il carrello pieno non mi lasciano entrare.
Lo lascio fuori, con il rischio che qualcuno mi rubi 100 euro di spesa.
Una commessa: "Ehi lei, dove va?"
"A prendere lo splendido scolapasta"
"Non si potrebbe entrare da lì... e va beh passi..."
Lo trovo.
E' mio.
Esco e la commessa mi ferma per controllare che sul coupon ci sia scritto effettivamente "Scolapasta rosso". Probabilmente neppure lei pensa che esista qualcuno che lo vuole.
Esco e ritorno in cassa centrale.
Tre minuti di coda e consegno il coupon alla commessa.
"Guardi che poteva andare andare... cos'è tornato a fare?"
"Me l'ha detto lei..."
Silenzio.
Prendo il mio scolapasta rosso e la mia spesa.
Arrivo a casa e prima di fare le scale con tre borse della spesa decido di slacciarmi le scarpe per rendere più facile una possibile rovinosa caduta.
Non succede.
Arrivo in casa, appoggio le borse e fotografo con orgoglio il mio scolapasta rosso.
Bellissimo, perfetto e sintomatico.
In una parola grandioso.
 
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