domenica 30 gennaio 2011

Verdena, le Major, il file sharing e tutto il resto




Prossimamente escono due dischi da cui mi aspetto davvero molto.
Sto parlando dei Mogwai e del nuovo lavoro di Paolo Benvegnù.
Nel frattempo ho portato a casa l'ultimo dei Verdena, doppio CD con la bellezza di 27 pezzi.

Quindici anni fa un disco costava 38.000 lire, adesso ho comprato un doppio al prezzo di 12,90 (per di più di provenienza major, Universal per la precisione).
C'è qualcosa che non mi torna, la cosa sembra ovvia.
Due alternative: o la prendevamo in saccoccia all'epoca, in allegria e senza saperlo o adesso i dischi ce li regalano.
Propendo per la prima soluzione, aggiungendo che la rivoluzione digitale, il file sharing, Napster prima e E-mule poi, hanno fatto un gran bene al music businness e di riflesso a coloro che come me comprano musica a ripetizione su supporto materiale.

Non ho mai scaricato musica in maniera illegale, per me è un punto d'orgoglio.
I dischi li compro, voglio che i miei quattrini vadano ai musicisti, al loro lavoro, alle loro etichette, e perchè no, anche ai negozianti di dischi.
Dirò di più.
Ha ragione Godano, che in uno dei nuovi pezzi dei Marlene Kuntz si chiede: "quanta musica hai scaricato? e quanto hai ascoltato?"
Scaricare musica senza supporto materiale significa separarsi da un elemento intrinsecamente legato alla musica sulla quale è incisa.
La copertina, il libretto con i testi e le foto... I crediti...
Per questo non riesco a farne a meno e non penso sia opportuno rinunciarvi.

Discorso diverso per libri e riviste.
In questo caso il supporto materiale non AGGIUNGE nulla rispetto al contenuto, che corrisponde perfettamente al contenitore.
Per questo per maggiore comodità preferisco fare il download che non toglie nulla e aumenta velocità abbattendo i costi.

Volevo parlare del CD dei Verdena ma non ci sono riuscito, come al solito ho sforato il tempo utile.
In ogni caso devo ancora ascoltarlo a fondo.
Una cosa però la devo dire: sono dei pazzi scatenati.
E nonostante questo incidono per una Major promuovendo musica a tratti sperimentale e certamente fuori dal sistema.
Come facciano, dio solo lo sa...
A volte il diavolo (le multinazionali) non è così brutto come lo dipingono.

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venerdì 28 gennaio 2011

Flavio Briatore Forever




Scrivo in diretta televisiva per dare testimonianza di aspetti comici di drammatica realtà.
Flavio Briatore dalla Bignardi.
Entra e si dichiara immediatamente berlusconiano.
Dopo cinque minuti attacca "certa magistratura" e dice che se sbaglia un medico a operare subito viene "tolto dal libro dei chirurgi".
IL LIBRO DEI CHIRURGI
Forse alludeva all'ordine dei medici.
Forse.

Passano altri cinque minuti e la Bignardi fa riferimento al figlio di nome Nathan Falco che "tra poco compie un anno, a marzo..."
Briatore la interrompe... "No... Mi sembra che gli anni li abbia già fatti..."
La Bignardi imbarazzata... "No guardi, compie un anno a marzo..."
Lui zitto.

Passano altri cinque minuti.
"In Sardegna ci vorrebbero più discoteche e più campi da golf"
"l'Italia dovrebbe vivere sul lusso, sfruttarlo. Per questo abbiamo bisogno di un governo che faccia le riforme"

Non penso ci sia nulla da aggiungere.
Allucinante.
Se questo scende in politica mi trasferisco in Nicaragua, giuro.


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sabato 22 gennaio 2011

Crepare è sempre crepare







Conosco persone il cui unico obiettivo è cercare di arrivare a fine giornata indenni.
In loro c'è qualcosa di straordinario e meschino, qualcosa che non riuscirei davvero a definire se non con queste due parole apparentemente in contraddizione tra di loro.
Sopravvivere, non ingaggiare con la vita nessun tipo di battaglia.
Riuscire a proseguire nella quotidianità senza intoppi, non inciampare mai.
O meglio: fare di tutto per ridurre al minimo le ipotesi di possibile sforamento della routine.
Sembra che in qualche modo vogliano arrivare al giorno della dipartita (che ci sarà... Cazzo se ci sarà...) indenni. Con il vestito buono della festa e senza fatica eccessiva.
Istinto di sopravvivenza anche sul letto di morte.
Che soddisfazione: crepare mentre si pensa che - tutto sommato - non è stata un gran fatica arrivare fino a lì.

Lunedì scorso ero in viaggio per lavoro a Reggio Emilia, in macchina.
Un furgone con il cassone alto davanti a me.
A un certo punto vedo che mette la freccia e sorpassa.
Io alla cieca gli vado dietro.
Sta sorpassando un'ape.
Il furgone rientra di un pelo avendo fatto un sorpasso un po' azzardato.
Io mi ritrovo davanti un TIR giallo come le fiamme dell'inferno.
Sterzo leggermente a destra e il TIR fa altrettanto.
Tutto in una frazione di secondo.
Passiamo in tre.
Il TIR, io e l'ape.
A cinque centimetri gli uni dagli altri.

Avviso ai parenti:
Se crepo pubblicate lo stesso il mio libro.
Lo trovate sul pc nella cartella "I miei libri".
Oppure nella chiavetta che troverete al mio collo all'obitorio.
È finito, anche se mi mancano ancora 9 capitoli da sistemare.
Sono indeciso se considerarlo un grande libro o una cagata magistrale.
Più lo osservo dall'esterno e più ho questa sensazione.
Comunque pubblicatelo lo stesso.
Magari va a finire come Larsson con la trilogia di Millennium che ha venduto milioni di copie quando era morto.
Tutto nelle casse degli eredi.
Almeno loro con tutti quei soldi non tireranno a campare.
E sul letto di morte potranno dire " cazzo se me la sono goduta con tutti quei soldi ho scopato come un riccio, ho mangiato come un porco e ho vissuto da nababbo".
Che poi è la stessa cosa che morire senza avere combinato un tubo.

PS le foto che sto importando da un qualche tempo sono tutte sgranate. Non è colpa mia, non so che cazzo stia succedendo a blogspot o blogpress.
Fanno cagare lo so.
Ma non è colpa mia.
Chiedo venia. Speriamo tutto si sistemi.


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mercoledì 12 gennaio 2011

Pino Scotto e il gesto delle corna con il pollice esterno.








Pino Scotto è un simpatico signore over sessanta che conduce un programma di video musicali su Rock Tv. È un musicista tutt'ora in attività, pieno di energia e luoghi comuni sul rock 'n roll, con i capelli tinti e il giubbino di pelle perennemente addosso.

Fondamentalmente è molto divertente da seguire, è davvero grezzo e talvolta volgare nei modi e nell'atteggiamento ma in fondo dice cose condivisibili in larga parte.
Qualche giorno fa aveva come ospite Francesco de Le Vibrazioni.
Arriva una mail che viene letta in studio che critica fortemente i Talent Show come Amici e X Factor.
Ovviamente Pino non perde occasione per scagliarsi immediatamente contro quel tipo di trasmissione.
"Vergogna! Fanno davvero schifo! Questa è televisione di mmmerda!"
Cresce l'imbarazzo.
"No... Beh... Noi a X Factor ci siamo stati proprio l'altro giorno... Ma era solo per promuovere il nostro singolo... Noi dobbiamo farlo... Del resto del programma non ce ne frega un cazzo..."
Il buon Pino ha un attimo di scoramento e deglutisce cambiando tono.
"Ma... Ma... Ma certo... Dovete promuovere la vostra musica... Dovete in qualche modo esibirvi..."
Francesco: "Beh... Abbiamo conosciuto anche i ragazzi nel pomeriggio, abbiamo degli amici all'interno del programma... I ragazzi credono in quello che fanno... Loro ci credono..."

Pino Scotto non sa più che pesci pigliare.
"Adesso esplode e lo manda affanculo...", penso.
E invece no.
Francesco è un amico, uno della tribù.
Qualsiasi cosa faccia va bene, poco importa se non corrisponde ai dettami del "Pino-Pensiero".
Due pesi e due misure.

Se ci fosse stato Malgioglio gli sarebbe saltato alla carotide, ma Francesco è un suo amico.
Un ospite, un musicista che stima.
Guai a dire che non la pensa come lui, guai a manifestare diversità di pensiero.
Meglio uniformarsi, fare finta che le differenze non esistano.
Ipocrisia allo stato puro, a 24 carati.

A dimostrare, forse definitivamente, che il rock 'n roll style (se mai sia esistito uno stereotipo riferito a questa definizione) non risiede certo nei giubbotti di pelle, nei tatuaggi, nelle creste o nei capelli lunghi corvini.
E neppure in quel gesto idiota delle corna con il pollice esterno.
Che piace tanto a quell'ipocrita cacasotto di Pino Scotto.

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mercoledì 5 gennaio 2011

Io muovo il culo. Voi non so.





"Questa cosa non funzionerà mai. Troppo difficile. La gente non capirebbe e diserterebbe la cosa, puoi starne certo."
Qualche giorno fa mi sono sentito dire così in risposta a una mia idea circa la possibilità di organizzare un evento musicale nel mio paese d'origine, complice il consueto gruppo di amici e qualche possibile e auspicabile appoggio istituzionale.

Organizzare un concerto di musica indie, mica portare Elvis Presley nella piazza del paese... una cosa fattibile, insomma.
Eppure a volte questo modo di rispondere alle sollecitazioni è davvero inconcepibile, irritante.
"Stai sparando un sacco di cazzate", mi è stato detto.
E per un attimo quella posizione ha fatto proseliti al tavolo dove ero seduto.

Poi fortunatamente nel giro di poco si è tornati ad un aspetto più propositivo.
"Lo vogliamo fare? Ok, vediamo se è possibile... senza pregiudizi e con un minimo di incoscienza. La gente non verrà? Cazzi loro facciamolo per noi stessi e per coloro che apprezzeranno. Ci sarà gente? Beh, in questo caso avremo vinto tutti quanti"
Questo secondo me dovrebbe essere il giusto atteggiamento.
Ma non sempre è così.
In Italia, per esempio, il lamento diffuso accompagnato da piaggeria e accidia è diffuso quanto il calcio.
Il vecchio vizio italico di lamentarsi e di non fare un cazzo, in definitiva.
Di pensare che la propria vita inizia e finisce con la sveglia della mattina e il film in tv delle 21.
Di pensare che tanto non cambierà mai nulla, quindi che senso ha sbattersi?

Posso essere condividere l'idea che una certa immutabilità generale delle cose sia nella logica di questo paese.
Ma sono anche dell'idea che singolarmente abbiamo il diritto-dovere di combinare qualcosa per evitare di affogare.
Di essere chiamati complici di una situazione che non piace a nessuno.

Vi fa ribrezzo sentire la solita cover band di Vasco Rossi come attrattiva principale dell'estate nel vostro paese di villeggiatura ma nonostante questo ve ne state con le mani in mano?
Alla fine siete molto peggio di chi quella musica di merda la apprezza davvero.
Specchiatevi e dite senza possibilità di errore "non ho capito nulla di ciò che mi capita intorno".

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sabato 1 gennaio 2011

La migliore generazione del Paese




Ignazio La Russa dice che i soldati in Afghanistan rappresentano il punto più alto della generazione di giovani italiani. La parte migliore.

Capisco che il momento di commozione per la perdita di un giovane militare possa giocare brutti scherzi ma mi permetto di dissentire.
A mio avviso la parte migliore del paese sta in chi parte a zero euro affiliandosi a Medici senza Frontiere o a Emergency.
Sta in chi decide di fare qualcosa per il proprio paese (o meglio ancora per la propria gente) senza il fardello del militarismo mascherato da missione umanitaria.
Lontano dal concetto di lavoro (retribuito al limite della mercificazione) mascherato da scelta di vita.

Non ce l'ho assolutamente con i ragazzi che sono in missione di guerra in Iraq o in Afghanistan. Lo fanno per lavoro.
C'è un committente che assolda personale mandandolo al massacro per ragioni politiche ripagandolo con stipendi di decine di migliaia di euro.
Pagassero 1.500 euro al mese nessuno ci andrebbe a rischiare la pelle, di questo statene certi.
Dalle mie parti negli anni '80 partivano in parecchi a "pitturare pali".
Il lavoro consisteva nell'arrampicarsi a decine di metri da terra aggrappati ad una specie di imbracatura volante per pitturare i pali della luce.
Qualcuno cadeva, gli altri tornavano a casa nel fine settimana a sfoggiare il BMW ultimo modello.
Storie di miserie umane da rispettare e sulle quali ragionare.
Negli Usa reclutano i militari per il Medio Oriente nei quartieri disagiati, nelle periferie ghetto dove nessuno ha qualcosa da perdere.
E' la vecchia storia dei ricchi che mandano a morire i poveri pagandoli per il loro sforzo di sangue.
Vittime sacrificali a cui, evidentemente, è necessario anche riconoscere la patente di "migliore generazione d'Italia".
Falsa come i funerali di stato e la ridicola commozione del Ministro.



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