mercoledì 26 dicembre 2012

Vaticano 2013: l'anno delle streghe

A casa dei miei suoceri si legge "Oggi" e "Famiglia Cristiana".
Loro mi ospitano spesso e prima di dormire fa sempre bene leggere qualcosina di diverso dal solito.

Ieri sera mi soffermo su un articolo di "Oggi" intitolato "DAVVERO E' IN CRESCITA LA RICHIESTA DI ESORCISMI?". Alla fine dell'articolo mi scappa ad alta un voce un "Non ci posso credere" e mia moglie che si era da poco addormentata giustamente mi riprende con un sonoro "Ssssss... si può sapere cosa c'è??".
"Niente, niente... scusa..."

Stamattina strappo la pagina per portare le prove oculari di quanto ho letto in modo da non essere frainteso, quindi tutto quello che leggerete tra virgolette è effettivamente quello che c'è scritto.
L'articolo è di Rino Fisichella, "Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione".
Mica pizza&fichi...

Riporto il passo fondamentale, facendo presente che l'argomento riguarda le possibili "trappole da cui è difficile uscire" che possono portare alla possessione demoniaca.
Tenetevi forte.

"... Spesso la frequantazione di certi ambienti avviene per scherzo, con una seduta spiritica. poi si rimane intrappolati vittime della possessione demoniaca. La stessa cosa accade grazie a PARTICOLARI GENERI DI MUSICA [ allude alla musica metal, ovviamente... oppure Marilyn Manson], TATUAGGI [tatuaggi?? questa puttananta non l'avevo mai sentita...], BREVI FILMATI SU YOUTUBE [forse si riferisce alla candid camera brasiliana della bambina fantasma in ascensore?... probabilmente...], FILM PER IL GRANDE PUBBLICO [qui il riferimento è chiaro, si pensa subito alla saga di Twilight] e PERSINO FUMETTI CHE PAIONO INNOCUI [probabilmente Dylan Dog...]. Si lanciano messaggi esoterici che entrano nella fantasia delle persone, goccia dopo goccia scavano nella mente e annientano le difese immunitarie..."

Premetto che non ascolto Metal (ma Marilyn Manson qualche volta sì...), non ho tatuaggi, Twilight mi fa cacare come poche cose al mondo e non leggo Dylan Dog.
Detto questo per scongiurare conflitti di interesse non penso che ci sia molto da aggiungere, tranne che sottolineare la gravità delle affermazioni, la superficialità con le quali sono espresse, la volontà di infondere timore in cose assurde, e il manto di oscurantismo che copre tutto il discorso.

Ascolti Marilyn Manson? ti colpirà il demonio perchè lui lo evoca (cazzata terrificante, tutto falso ma che ci volete fare, probabilmente lo giudica da come è vestito... di nero e spesso con la gonna... ops... proprio come Mons. Fisichella!)

Hai un tatuaggio? satana entra in te come l'inchiostro è penetrato nei tuoi tessuti (vabbè, allora prendiamocela con le cose a caso, che ne so... con le spremute di frutta...)

Guardi le Candid Camera sui Fantasmi? aaaah Belzebù ti corromperà!! (meglio rinchiudersi in un monastero a sfogliare i libri sacri con il cilicio tra le cosce... questo sì è guardare in avanti...)

Ti piace il cinema di Hollywood per adolescenti decerebrati? Esorcismo assicurato!! (meglio guardarsi la messa di Piazza San Pietro, dove lo sbadiglio almeno è supportato da una ripetitività pari a quella dei più impresentabili sequel hollywoodiani...)

Leggi Dylan Dog per passare qualche ora di divertimento? demonio anche lì!! (e che cazzo basta! cosa devo fare? fabbè faccio l'amore con la mia ragazza... Nooooo!! peccato mortale si tromba solo per procreare capito?? esorcismo anche lì va bene??)

E questi vorrebbero dare il loro contributo allo sviluppo della società civile?
Vorrebbero far progredire il Paese?
Ho l'impressione che vogliano agitare i soliti spauracchi di mille anni fa.
All'epoca erano le streghe (leggasi donne anticonformiste), l'osservazione del cosmo (leggasi scienza, vero Galileo?) e mille altre stronzate.
Adesso i numi tutelari del Vaticano si sono "aggiornati", a far paura sono le "candid camera" e i tatuaggi, gli Slayer e i film sui Vampiri.
Cosa giri nelle loro menti non si ha da sapere.
Di una sola cosa sono sicuro, però.
Che è più facile che il demonio ce l'abbia chi incula un bambino rispetto a chi si legge Dylan Dog.
Au revoir, Mons. Fisichella.

lunedì 24 dicembre 2012

Piazza Fontana. Crocevia.


 

Quando arrivano le feste natalizie è ormai tradizione.
Mi ammalo.
Tutti gli anni.
Manco fosse una convenzione, un biglietto da pagare.
Anche quest'anno non fa eccezione e allora faccio indigestione di televisione, libri e internet.
Ieri sera decido di vedere "Romanzo di una strage", il film sulla strage di Piazza Fontana.
Molto bello, direi accurato nei dettagli e "portatore sano" di una visione che può apparire in qualche modo plausibile e veritiera.

Saranno un paio d'anni che mi documento sugli anni settanta e davvero un'idea me la sono fatta.
Non si tratta proprio di una linea ben definita, ma in generale di una sensazione di "plausibilità della successione degli eventi di quel periodo" che in qualche modo mi fanno dire che l'Italia in quel periodo fosse davvero in una situazione di democrazia di facciata.

I Rossi e i Neri.
I servizi segreti infiltrati negli uni e negli altri.
I Neri che colpiscono e fanno ricadere la colpa sui Rossi (o sugli anarchici).
La NATO che ammicca con i nostalgici e li usa a proprio piacimento per muoversi e "autoproteggere" il Paese dallo spauracchio sovietico.
Gladio.
L'anarchico Pinelli che cade durante un interrogatorio dall'ufficio del Commissario Calabresi.
Calabresi che a sua volta muore sotto casa.
Ancora la colpa data ai Rossi (Sofri e Pietrostefani)
Moro che cerca di mediare con il PCI e sembra inviso sia al Presidente della Repubblica del periodo (Saragat) che al precedente (Segni) entrambi certamente filoamericani
I due tentativi di colpo di stato, quello del fascista Borghese (sotto la Presidenza Saragat) e il "Piano Solo" del Generale De Lorenzo (sotto la Presidenza Segni)
Poi le BR che uccidono Moro con il colpevole immobilismo della DC e del Papa.
Gli interrogatori delle BR e il memoriale di Moro.

Insomma, un sacco di cose, forse messe alla rinfusa o nell'ordine sbagliato.
Ma la sensazione generale è quella che in qualche modo qualcuno abbia agito al di sopra delle teste del "Popolo Italiano".
Che abbia indirizzato questo Paese indipendentemente dalla volontà dei suoi cittadini.

Democrazia "giovane e fragile", si disse allora.
Vero.
E io aggiungo: Democrazia "giovane e fragile" ancora oggi.
E in più drogata, dopata.
Priva di punti di riferimento e ammantata del morbo peggiore.
Il disprezzo per la cosa pubblica.
Se un poco di buono finisce in parlamento tutti a scandalizzarci.
Ma se un conoscente "biscazziere e intrallazzatore" prende un incarico ministeriale in fondo la cosa non ci dispiace.
Chissà che qualcosa non finisca anche nelle nostre tasche.
Chissà mai che ci scappi un'opportunità di lavoro migliore, un prestito, una segnalazione, una dritta.
E poi magari come conseguenza si tornerà a gambizzare e a mettere bombe.
Che ci volete fare.
Corsi e ricorsi storici.
Fino al punto da rimetterci la pelle.

domenica 9 dicembre 2012

Pane e fica per tutti. E ombrelli nel culo al momento giusto.





Serata tranquilla, pizza con gli amici.
Le calorie della settimana sono già troppe e io mi prendo un piatto di pasta per non andare fuori dieta.
Si parla della partita, delle azioni da gol.
Di quelli sprecati e di quelli fatti.
In televisione c'è la replica della partita che ci siamo appena visti allo stadio.

Poi si passa ad altri discorsi e non so neppure come si arrivi a parlare delle Primarie del centrosinistra.
Me ne esco con una frase che dice più o meno così.
"io faccio politica scrivendo un libro, cantando in un gruppo rock, postando sul mio blog, indossando una t-shirt. Questo per me è fare politica, in passato pensavo che fare politica fosse convincere la gente a mettere una croce su un simbolo. Ora non la penso più così. Ognuno di noi dovrebbe fare qualche cosa, non aspettare passivamente che gli altri impongano il loro punto di vista sulle nostre teste"
Poi una frase mi fa davvero perdere le staffe.
"Beh, cosa devo fare io? Vado a lavorare, pago le tasse... Chi vuole fare veramente qualcosa dovrebbe fondare un partito politico, magari io lo voterei"

Maiala puttana.
Ecco perché siamo arrivati a questo punto.
Perché abbiamo la coscienza tranquilla.

Qualcuno ci ha detto che tutto quello che dobbiamo fare è rispettare i dieci comandamenti fatti di "non fare quello e non fare quest'altro".
Che se facciamo i bravi bambini e non combiniamo casini arriva Babbo Natale e ci dà il regalo che meritiamo (una vita tranquilla, lo smartphone, il fine settimana in coda per andare al lago, la pensione a 70 anni...).
Che al resto ci pensano loro e che non c'è nulla di che preoccuparsi.
Basta mettere la croce sul partito "della rassicurazione" e ci sarà pane e fica per tutti.
E se poi vuoi proprio darlo "all'altro partito" va bene comunque, basta che non ti metti a rompere i coglioni con strani atteggiamenti e rivendicazioni che possono rompere il nostro bell'equilibrio fatto di facce allegre, pacche sulle spalle e ombrelli ficcati nel culo dei più deboli al momento giusto.

Vuoi fare davvero qualcosa? Fonda pure un partito che non c'è problema, verrà risucchiato nel sistema e anche lui si prenderà la sua fetta.
E tu per primo. Vedrai, ti piacerà.

Tutto a posto ragazzi?
Tra poco è Natale...
Che ne dite di una bella settimana bianca e di un cambio di tariffa telefonica?
Su, non fate quella faccia...
Dopotutto il mondo gira così.. Non sarete mica degli stupidi idealisti che fanno finta di non sapere come vanno le cose nel mondo...?
Per favore, un po' di realismo...
Mi fai un altro Gintonic per favore?
Anzi, fanne altri quattro che stasera offro io.
A proposito, hai visto che gol ha fatto El Shaarawy?
Roba da metti neh?


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mercoledì 5 dicembre 2012

Il vecchio suicida è il nuovo che avanza




Sono in tangenziale alle 18.45.
Niente lampioni, il muretto che divide le due carreggiate è alto almeno un metro.
Due corsie per ogni senso di marcia.
Per guidare ho inforcato gli occhiali (nuovi) che mi sono fatto rifare.
La miopia dilaga e io la rincorro come un bravo studente tampina la maestra in gita scolastica per non perdersi.
La macchina che mi precede sulla stessa corsia - quella di sorpasso - inizia a frenare.
Poi sbanda, cerca di mantenere il controllo e ci riesce.
Comincio a frenare, poi vedo che non è sufficiente e inizio a pestare duro sul pedale.
Mi devo fermare subito, senza esitazioni altrimenti faccio un botto che neanche un'astronave.
Lui si ferma e mi fermo anch'io.
È andata bene.

Quello che vedo qualche secondo dopo è incredibile.
C'è un vecchio in mezzo alla corsia che sta scavalcando la barriera che divide le due carreggiate.
Indossa una tuta di quelle lucide anni '90 e le scarpe da ginnastica.
La barba lunga, grigia.
Non fa una piega e fa finta di niente, come se non ci fosse nessuno.
Il tizio di fronte a me apre la portiera e inizia a insultarlo sbracciando come un matto.
Il vecchio non lo degna di uno sguardo.
È intento a finire quello che ha iniziato.
Attraversare la tangenziale al buio.

Il simpatico nonnino aspirante suicida finisce infatti di scavalcare il jersey e si appresta ad attraversare l'altra carreggiata.
Altre due corsie da superare.
Altre due colonne di macchine che viaggiano tra i 100 e i 120 km/h da evitare.
E tutto questo per andare di là.
A far che cosa non si sa, visto che sia da una parte che dall'altra non c'è assolutamente nulla.

Giovedì scorso ho presentato il mio libro.
Avevo tre musicisti con i quali avevo preparato i reading.
Un moderatore al quale tenere testa.
Dovevo ricordarmi cosa fare e come farlo.
Sperare che ci fosse pubblico e trasferire su di loro il mio pensiero.
Forse qualcuno mi ha capito, forse qualcuno avrà pensato che sparavo troppe cazzate per essere degno di una platea.
Non so.
So solo che quando ho visto quel vecchio attraversare la tangenziale mi ci sono un po' ritrovato.
Rischiare tutto per cercare un qualcosa che forse non ha senso.
Comunicare un'idea, un pensiero forte.
Che forse qualcuno non riuscirà neppure a capire.
A volte mi sento così.
Il mio libro è nato per questo.
Per rischiare tutto.
Per cercare di essere capito.
Per aiutare chi vuole attraversare la strada al buio, con le macchine che sfrecciano in entrambe le direzioni.
E dall'altra parte - forse - il Niente.

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domenica 25 novembre 2012

Autovelox, Ammaniti e il ciuccio di mia figlia




Questo pomeriggio sono andato a vedere una presentazione di un libro.
Un libro serio di uno scrittore serio.
Niccolò Ammaniti.
Inutile dire che i suoi libri mi piacciono, ed alcuni anche parecchio.
Altri devo ancora leggerli, pur avendoli già comprati da un pezzo.
Sono andato fino a Treviglio, in provincia di Bergamo perché volevo vedere come si svolge la presentazione di un libro serio di uno scrittore serio.
Giovedì prossimo presento IO MI CARICO DI RABBIA al Carmen Town di Brescia (ore 21:00 venite numerosi-sostenetemi-applaudite-ridete-piangete-e alla fine comprate il libro) e un'idea volevo proprio farmela.
È la terza tappa di presentazione del mio libro, ma questa volta penso che sia la più importante.

Arrivo un quarto d'ora prima del dovuto ma l'auditorium è già pieno zeppo con la gente incollata alle pareti.
Finisco vicino all'uscita di sicurezza (aperta) e mi ritrovo mezzo dentro (al caldo torrido) e mezzo fuori (al gelo).
A moderare il dibattito c'è Raul Montanari.
Le domande mi piacciono un sacco.
Sono molto intriganti e vorrei che Ammaniti rispondesse.
In realtà il nostro vaga un po' per le praterie selvagge e spesso non segue il filo del discorso, divaga... regala aneddoti.
Io sono lì in veste di scrittore e non di fan e la cosa un po' mi rompe.
Comunque il tutto prosegue piacevole e divertente.
La gente ride, sembra che assista ad una performance di Benigni mentre invece è Ammaniti.
"La gente vuole ridere cazzo, e io invece la impaurisco e la faccio disperare".
Questa è la prima cosa che mi viene in mente.
Niccolò legge un brano dal suo ultimo libro di racconti.
Me lo ricordo bene, l'ho letto questa estate.
Non è certo uno de suoi migliori racconti, è un po' troppo paradossale per i miei gusti.
Comunque sia è davvero piacevole il modo con cui legge.

Alla fine salgo sul palco mentre tutti gli offrono libri da autografare.
Gli metto sotto il naso IO MI CARICO DI RABBIA e lui lo guarda.
Sembra dire: "Che cazzo è questo? Mica è mio!"
Poi gli spiego che è il mio romanzo d'esordio.
Lui lo guarda ancora e gli dà una pacca spostandolo di qualche centimetro.
Come dire: questo lo leggo dopo.
Bene.
Poi penso: "Lo devo dare anche a Montanari cazzo e io mi sono portato in aula una sola copia!"
Esco e inizio a correre.
Ho parcheggiato lontano anni luce, in macchina c'ho uno scatolone pieno.
Mi faccio largo tra la folla e continuo a correre.
Arrivo.
Apro il baule e prendo una copia.
Torno a correre verso l'auditorium
Ancora folla da superare.
Arrivo trafelato e allungo la copia a Montanari.
Lui mi guarda e non capisce.
Ho un fiatone da cavallo e non riesco a dire una minchia.
"... Il mio libro.... È il mio libro...", dico con un filo di voce.
Sta prendendo un infarto, avrà pensato Raul.
Poi mette in borsa il mio libro e continua a conversare con un tizio.
Io mi allontano.
Devo partire a razzo.
Alle 21 mia figlia si addormenta e ho in tasca il suo ciuccio.
Se trovo qualche autovelox negli 85 km che mi separano da lei sono fottuto.
Ho fame, sete.
Parto e non penso a nulla.
Ho dato il mio libro ad Ammaniti e Montanari.
Bello.


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domenica 18 novembre 2012

Mangiatori di mosche





Da qualche tempo in sala prove con il mio gruppo faccio fatica a dare il massimo dal punto di vista vocale.
Soffro un po', ho l'impressione che la voce "non tenga" e quindi l'atteggiamento è quello tentare di tenere sotto controllo la cosa cercando di limitare i danni.
Nonostante questo la voce si fa roca dopo poco.
Bevo quattro, cinque anche sei bottigliette di acqua per cercare di tenere le corde vocali umidificate.
Non ho mai fatto riscaldamento della voce in tanti anni, ma per un attimo mi chiedo se sia necessario iniziare ad adottare questo accorgimento.
Ok, ho cambiato modo di cantare(?) e appoggio meno sul diaframma ma non mi so spiegare questa cosa.
Sono pure andato a fare una visita medica per vedere se ho qualche polipo.
Niente, tutto a posto.

Poi l'ultima volta decido di fare una cosa.
Di sbattermene le palle.
Dopo due ore di prove non sono contento e mi incazzo con me stesso.
A quel punto decido di concentrarmi su me stesso e di spingere alla cazzo di cane senza pensare a nulla.
Faccio un'altro giro di canzoni, mezz'oretta abbondante.
Vado da dio, mi ritrovo come d'incanto.
Mi piaccio.
La voce tiene e butta il cuore oltre l'ostacolo.
Altro che tenere il freno a mano tirato
Altro che giocare al ribasso, al contenimento del danno.
Niente di tutto questo.

C'è chi dice che bisogna sbagliare per poi capire quale strada intraprendere.
Che i giovani devono crescere sbagliando.
Poi questi giovani diventano vecchi e non fanno più un cazzo.
Nascono altri giovani.
Questi sbagliano ancora.
Bisogna lasciarli sbagliare affinché trovino la loro strada.
E poi diventano vecchi anche loro.
E il mondo non cambia mai.
Sempre la stessa cosa.
Bisogna agire a cuneo, battere il ferro sempre, sia quando è caldo sia quando è freddo.
Eliminare i compromessi, essere radicali da subito.
Se aspettiamo, attendiamo, monitoriamo la situazione, chiediamo la mediazione e cerchiamo il compromesso non andremo mai da nessuna parte.
Ci ritroveremo con un pugno di mosche e ci convinceremo che la volta prossima andrà meglio.
Salvo poi ritrovarci con i medesimi risultati la volta successiva.
E fare collezione di mosche morte mentre qualcuno banchetta dietro le nostre spalle.


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domenica 4 novembre 2012

Pato-Mexes-Messi-Valdes...

Un mio collega alle nove del mattino passa nel mio ufficio e inizia a canticchiare una stronzata.
"...fumo un po' e poi gioco a PES... Pato-Mexes-Messi-Valdes..."
Capisce che sono disturbato e di sua spontanea volontà mi dice: "Sai cos'è PES vero?"
E io: "E' un gioco di calcio per Playstation"
Era convinto di prendermi in castagna ma alla fine non è andata come voleva.
Se ne va e ricomincia a canticchiare la stessa minchiata.

Cambio di scena.
Su Sky passa X-Factor e il conduttore parla di un gruppo hip-hop seminale... il gruppo con il simbolo del cane a tre teste.
Insomma i Club Dogo.
Entrano in scena e parte la stronzata di cui sopra.
Una cosa che neppure l'intelligenza di un invertebrato potrebbe in qualche modo considerare valevole di essere ascoltata anche solo una seconda volta.
Chiedo a mia moglie: "Che è 'sta roba oscena?"
E lei annoiata: "...un tormentone della radio"
Capisco.
Poi a un certo punto esce da dietro il palco Giuliano Palma
Quello che nel 1995 faceva un disco molto interessante con i Casino Royale ("Sempre più vicini").
Inizia a cantare e a scuotere la testa: "...fumo un po' e poi gioco a PES... Pato-Mexes-Messi-Valdes..."
Mi viene un conato ma poi passa subito.
Mi vengono in mente i Bluebeaters che fanno dischi di cover (vergognose) a caccia di denari.
Mi viene in mente un promoter che mi dice: "Con i Bluebeaters l'incasso è garantito... sempre il tutto esaurito".

Venerdì sera pioveva.
Nel pomeriggio avevo letto un articolo sul Mucchio che diceva di alzare il culo e andare a vedere un concerto.
Un paio di telefonate ma non vuole venire nessuno.
Parto da solo, un'ora e quaranta minuti di macchina in tutto.
Arrivo in un circolo Arci dove ad ascoltare il concerto ci sono non più di 30 persone.
Un concerto bellissimo, entusiasmante.
Sul palco un solo uomo al comando.
Chitarra noise, pedaliera, voce distorta, nastri e drum machine.
Si sente l'anima e l'orgoglio.
Musica carbonara da "Ultima Sacca di Resistenza"
Compro tutto quello che c'è da comprare, tre CD e il vinile mi viene regalato in cambio di una copia del mio libro.
Alla fine del set mi viene un groppo in gola per l'emozione.
Mi leverei il maglione ma caldo non fa.
Morirei se mi levassero anche questo.

In macchina, al ritorno, mi viene in mente "fumo un po' e poi gioco a PES"
Mi viene da piangere.
E forse piango.
Forse.

domenica 28 ottobre 2012

Bagno di sangue





È un po' di tempo che non ci si sente, ma è normale.
La promozione di IO MI CARICO DI RABBIA mi ha caricato di un po' di impegni.
Organizzare, fare, brigare...
Una gran rottura di cazzo.
Ho fatto due presentazioni e ne ho in programma una terza.
In entrambe me la sono fatta addosso e conto che la cosa si ripeta anche nella terza.
Al mio fianco ho avuto dei moderatori con i quali ho dovuto interloquire.
Ho proposto durante le serate dei reading con basi preregistrate e anche dal vivo, con amici musicisti che mi hanno accompagnato con i quali ho dovuto provare e riprovare.
Ho avuto i soliti problemi tecnici.
Recuperare un impianto audio, organizzare le location.
Pubblicizzare, stampare volantini, tenere i contatti.
Montare e smontare.
Insomma, un enorme rottura di coglioni.
Ma qualcuno deve pur farlo.
Ho voluto la bicicletta e adesso devo pedalare.
Le vendite vanno, ma ogni singola copia venduta è un bagno di sangue.
Mai una cosa semplice nella vita.
Mai.

Nel frattempo ho avuto modo di fare esperienza, guardarmi intorno.
Sentire opinioni e avere dei riscontri.
Questa è la cosa positiva.
Avere la percezione di quello che si sta facendo non è facile.
Ho convinto qualche scettico, forse avrò deluso qualcuno.

Ieri pomeriggio una persona mi ha detto che se il prezzo da pagare per svoltare in questo Paese di schiavi è farsi tagliare una mano lui è disposto a farlo.
Se il prezzo diventa farsi tagliare la testa lui è ancora disposto a valutare la questione.
Ma se il prezzo diventa la testa dei nostri figli allora la cosa diventa inaccettabile.
Condivido e metto nel mio bagaglio personale di cose da fare e da non fare.

Ci rivediamo settimana prossima con nuovi post e nuove idee malsane.


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venerdì 10 agosto 2012

"Io mi carico di rabbia" OUT NOW

Da oggi è disponibile il libro di cui parla questo blog.
Con scarsa visione promozional-imprenditoriale esce nei pressi di ferragosto, ma forse questo non è davvero importante (anzi, chissenefrega).

"Io mi carico di rabbia" dovrebbe avere distribuzione nazionale ad opera di "Nulla Die" (casa editrice), Libro Co. Italia Srl (distributore nazionale) e Ermes Distribuzione (solo per le regioni Puglia, Basilicata, Molise, Campania, Calabria, Piemonte e Liguria).
Potete quindi trovarlo in libreria (con un po' di fortuna, immagino...) e qualora non lo troviate sarà possibile ordinarlo tranquillamente.
In ogni caso il mio consiglio - per coloro che fossero interesati all'acquisto - è di rivolgersi direttamente all'autore (che sarei io...) tramite mail:

  
In questo caso mi interesserò personalmente della spedizione (gratuita) e usufruirete di uno sconto del 25% rispetto al prezzo di copertina (prezzo di lancio).
Quindi: se avete seguito questo blog per anni e anni (oppure se lo avete trovato casualmente negli ultimi dieci giorni) date libero sfogo alla vostra curiosità e chiedetemi il libro.
Tengo famiglia (e soprattutto cinque scatoloni di libri da smerciare).

Con il lancio del libro è partito anche il progetto collaterale Encefalodita Project.
Encefalodita Project non è altro che il reading di alcuni frammenti del libro stesso su base musicale.
Cliccate nel link in alto a destra per accedere direttamente ai primi due pezzi (ascoltabili in streaming e disponibili in download gratuito).
La voce narrante è la mia (a scanso di equivoci) così come la composizione e l'esecuzione di tutti i pezzi.

Encefalodita Project vuole essere il naturale proseguimento di un progetto che vede il romanzo al centro di tutto, contornato da altre tre fondamentali componenti: le illustrazione grafiche presenti all'interno del libro (ad opera di Claudio Cretti), la musica (il reading di alcuni frammenti del libro) e le performance live che si terranno in occasione delle presentazioni del libro stesso, durante le quali verranno eseguiti gli stessi pezzi contenuti in Encefalodita Project (con l'ausilio di basi preregistrate) e altri interventi musicali completamente dal vivo con la partecipazione di amici musicisti.
Ma di questo ci sarà tempo per parlare.

Sopra il link di E.P. troverete un secondo link (anteprima del libro) dal quale potrete accedere alle prime 52 pagine del romanzo scaricabili gratuitamente.
Fatevi un'idea del libro e - se vi piace - fatemi un fischio.
Buona lettura.

martedì 7 agosto 2012

Sono davvero io?





Amo i thriller psicologici, da sempre.
Il cinema lo vedo un po' dalla mia angolatura (certamente stramba) e cerco di seguire un mio percorso personale collegando diversi film l'uno con l'altro per cercare di capire come si muove il mondo sotto la lente d'ingrandimento del cinema.

Negli ultimi dieci anni ho davvero apprezzato quel filone artistico che è partito con "Il Sesto Senso" (ricordate Bruce Willis?) e che a mio avviso ha in questi giorni chiuso il cerchio con un film come "Dream House", uscito da poco nelle sale.
Pionieri ed epigoni di un sistema di fare cinema a mio avviso stimolante.
In mezzo a questi due film potrei sistemare "The Others", "Arlington Road" (stesso regista di "Dream House", non certo un caso) il fantastico "Shutter Island" di Martin Scorsese e - perchè no - il film spagnolo "The Orphanage".

Probabilmente avete visto almeno un paio dei film che ho citato ma quello su cui vorrei soffermarmi è un'altra cosa.
Tutti questi film hanno un unico comune denominatore: il disorientamento.
Il protagonista è immerso in una storia nella quale i dubbi non riguardano gli altri ma riguardano esclusivamente se stesso. E quando riguardano gli altri la prospettiva è comunque identica e cioè: gli altri sono come li vedo io oppure non è così? e io sono davvero io?
Fantastico. L'intuizione a mio avviso è stata semplicemente fantastica.

Processare se stessi, mettere in dubbio il proprio io, scavare nel profondo per scoprire che non siamo quelli che siamo.
Che il crinale tra realtà e sogno, tra la sicurezza di quello che siamo e che stiamo facendo e quello che non ci immagineremmo mai di essere è davvero sottile.
Impalpabile.
E forse non esiste.
Che non sappiamo davvero chi siamo.

Questa cosa è davvero sintomatica dei nostri tempi, dei famigerati "anni zero".
Dove la guerra fredda è ormai un lontano ricordo, dove il desiderio di riconoscersi e di farsi riconoscere è diventato quasi un'ossessione.
Dove non ci sono più barricate, dove nessuno sa più da che parte stare.
E forse qualcuno inizia ad avere dubbi perfino su se stesso.
E si interroga sul fatto che forse nessuno esiste veramente fino in fondo.
E che una parte oscura e incomprensibile ci tocca sulla spalla chiedendoci il conto di quello che siamo diventati senza rendercene conto.

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sabato 28 luglio 2012

Copertina di "Io mi carico di rabbia"



Ci siamo quasi.
"Io mi carico di rabbia" è in stampa e tra poco sarà pronto da distribuire.
Non so quali saranno i tempi tecnici ma ormai manca poco.

Questo blog è nato per parlare di questa mia "enorme fatica", cominciata nel maggio del 2009 con una serie di idee e rivoluzionata "step by step" durante tutto l'arco di questo periodo.
Con questo post vorrei semplicemente indicare tutte le forme di ispirazione (qualunque esse siano) che hanno inciso sulla scrittura di questo romanzo.
Una specie di ringraziamento collettivo che ha il solo fine di tirare le somme di un lavoro a mio avviso davvero ciclopico che mi ha impegnato come non mai.
Vai con l'elenco! (in ordine assolutamente casuale)

Joel-Peter Witkin (fotografo)
David Fincher (regista)
Chuck Palahniuk (scrittore)
Lost (serie televisiva)
Il Santo Niente (gruppo indie rock)
Salvador Dalì (pittore)
Fight Club (film)
Brigate Rosse, una storia italiana (libro)
De Glaen (gruppo indie rock)
Dario Argento (regista)
Michelangelo Buonarroti (artista)
The Cell (film)
Sigmund Freud (psicoterapeuta)
L'Enigmista (film)
Abu Ghraib (località irachena)
Leonardo Di Caprio (attore)
Inferno (film)
Animals (album Pink Floyd)
Washington che urla (canzone dei Six Minute War Madness)
Pulp Fiction (film)
La notte del Pratello (libro)
Salvador Allende (Presidente della Repubblica del Cile)
Massimo Volume (gruppo indie rock)
Alan Ford (fumetto)
Cronaca Vera (rivista kitch)
El Muniria (gruppo electro indie)
Porta a porta (programma televisivo kitch)
Quentin Tarantino (regista)
Camilo Cienfuegos (rivoluzionario)
The Wall (album dei Pink Floyd e film di Alan Parker)
Robert De Niro (attore)
Le Langhe (località piemontese)
Adolf Hitler (personaggio storico)
Il mattatoio per la macellazione di Costa Volpino (BG) (luogo)
Federico Zampaglione (regista)
Atom Heart Mother (album Pink Floyd)
Tool (gruppo alternative americano)
Twin Peaks (serie televisiva)
Shutter Island (Film)
Renato Vallanzasca (rapinatore)
Le Iene (film)
Stanley Kubrick (regista)
Il Museo delle Torture di San Marino (Museo)
Niccolò Ammaniti (scrittore)
Hangover (gruppo indie rock)
Casino Royale (film)
Quello che non c'è (album degli Afterhours)
Nizza (cittadina francese)
Ospedale di Edolo (BS) (località)
Elettricità (canzone de "Il Santo Niente")
Mario Moretti (brigatista)
Trainspotting (film)
Woody Allen (regista)
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mercoledì 18 luglio 2012

Ciclisti. Il bello dell'estate.




Li vedi spuntare improvvisamente.
Dietro la curva, magari.
Sono lì, rigorosamente uno accanto all'altro in gruppetti da 4-5 unità.
Tutte le volte rischiano la pelle ma a loro non gliene frega un cazzo.
Vogliono pedalare ma vogliono anche scambiare quattro chiacchiere per commentare tutti insieme l'ultima prodezza di Milito o le tette della barista del bar dove si sono fermati poco prima per riempire le borracce.
Tu - coglione di un automobilista - fai di tutto per non togliere la vita al ciclista più interno alla corsia di marcia e magari ti scappa pure un colpo di clacson per avvertirli di stare in fila indiana.
Loro niente.

Nella migliore delle ipotesi non ti guardano neanche.
Nella peggiore ti mandano al diavolo come se la strada fosse loro, anche se si ritrovano a marciare a 10 km/h a un metro e mezzo dalla linea di mezzeria.
Ma questo è un dettaglio insignificante.

Li sorpassi e sembra finita.
Non è così, purtroppo.
Subito dopo arriva un semaforo.
Li vedi nello specchietto retrovisore.
Come se seguissero un codice non scritto si dispongono in fila uno dietro l'altro.
Arrivano con nonchalance all'inizio della coda e passano senza titubanze.
Giusto un'occhiatina veloce a destra e a sinistra.
Sottostare alle più elementari regole della strada non è affar loro, giustamente.
Il semaforo è munito di telecamera per pizzicare gli automobilisti?
Chisseneincula.
"Mica c'ho la targa io..."

Subito dopo il semaforo si ridispongono nella formazione a freccia (come gli stormi di uccelli migratori) e la menata ricomincia.
Di nuovo un sorpasso, di nuovo una strombazzata di clacson per avvertirli di stare in fila.
Ok, sembra fatta.
Non li ho più tra i coglioni.

Tre minuti dopo ti ritrovi in prossimità di un passaggio pedonale.
Vedi che alla tua sinistra c'è un cinquantenne a cavallo di una graziella.
Vuole passare lui.
Fa la mossa, ma capisce subito che se ci tenta sul serio lo stiro che è un piacere.
Alza la mano e mi manda a quel paese indicando che si trova sul passaggio pedonale e che quindi la precedenza è sua.
Non ho tempo di fermarmi ma lo farei volentieri.
"Sai come si chiama quello? passaggio pedonale! se si chiamasse passaggio ciclistico avresti la precedenza ma così puoi incazzarti quanto e come vuoi... Vuoi avere la precedenza? scendi dal tuo trabiccolo e spingilo. In quel caso avrai diritto alla precedenza, capito caro il mio bel ciclista dalle palle vuote?"
E poi le merdacce sono gli automobilisti...
Mah...


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venerdì 6 luglio 2012

Premio Calvino: Vince Riccardo Gazzaniga

Come sapete nell'ottobre scorso ho partecipato al concorso letterario più importante che c'è in Italia con il mio manoscritto.
Il Premio Calvino.
Ovviamente non ho vinto, visto anche l'elevato numero di partecipanti (oltre 650, se non ricordo male) e lo stampo "classicista" del concorso.
Oggi mi è arrivata la scheda che la commissione di lettura invia a tutti i partecipanti.
Sinceramente non pensavo neppure la mandassero, invece si sono dimostrati seri e tuttosommato anche abbastanza veloci nell'elaborarla, vista l'enorme mole di libri da leggere e valutare.

Nella scheda c'è un breve riassunto del libro (se la potevano risparmiare, il mio libro l'ho letto non meno di una quindicina di volte per intero e una trentina in maniera frammentaria) e ulteriori quattro righe.
Quattro.

Prima riga: "Chiari i riferimenti alla pittura di Bacon".
E chi cazzo è questo Bacon, dico io nella mia colpevole ignoranza?
Se dev'essere trovata un'ispirazione direi che è talmente palese da essere stata dichiarata nella primissima pagina: il fotografo Joel-Peter Witkin.

Poi si aggiunge: descrizione molto abile della malattia del protagonista, tale da sembrare quasi autobiografica.
Non ci provate neppure...!!
Io non sono quel tizio! non ci assomigliamo per niente...
Avete presente cosa fa di solito uno scittore, "Commissione del Premio Calvino"? Inventa, crea, agisce di fantasia... "perchecazzo" tutto dev'essere autobiografico quando si riesce a descrivere in modo consono la psicologia di un personaggio?
In sintesi si sottintende: abile descrizione del protagonista? fatta troppo bene, devi essere per forza lui.
Vaffanculo "Commissione di lettura del Calvino".
Vaffanculo.
Come quello stronzo di Roberto Lima sarai tu!

Terzo: "Se l'autore voleva suscitare fastidio con le sue raffigurazioni la provocazione è andata a buon fine".
E infine: "Non lo abbiamo capito. Non è chiaro il senso dell'operazione letteraria"

Mi metto a ridere.
Grandi!
L'ultima frase mi fa davvero ben sperare per il futuro del mio libro, questa frase è proprio quello che ci voleva. Obiettivo raggiunto.

Vado sul sito e vedo chi ha vinto.
Un certo Gazzaniga, poliziotto.
Il suo libro parla del rapporto tra poliziotti e ultrà di calcio.
Vedo anche un video in cui un tizio illustra il romanzo vincitore.
"E' bello quando in un libro ci si abbandona al narratore sapendo che ci condurrà nella giusta direzione... si sente che chi l'ha scritto descrive situazioni vissute veramente, che sa come si svolgono i fatti..."
Ecco, io con il mio libro ho ragionato in maniera diametralmente opposta.
Il mio narratore è infido, inaffidabile.
Quello che racconta a volte è la verità e a volte non lo è.
Tocca al lettore stanare, interpretare, porsi gli interrogativi.
Autodeterminarsi.

Un poliziotto che scrive un libro sulla vita di un poliziotto.
Un macellaio che scrive un libro sui macellai.
Un barbiere che scrivere la storia di un barbiere.
Un barbone che scrive la storia di un barbone.

Questa per me non è letteratura.
E' inchiesta, è fiction, chiamatela come volete.
L'abilità dello scrittore quì non conta un cazzo, lasciatemelo dire e lasciatemelo scrivere.
Rimane solo l'abilità di organizzare le idee, mentre la cosa più difficile è AVERLE.
Buon per Riccardo Gazzaniga che ce le aveva belle confezionate in tasca.
Buon per lui.
Io mi sono fatto un culo così per averle.
E c'è qualcuno alla fine che mi dice che il libro è autobiografico perchè troppo realistico.
Ma vaffanculo va...


giovedì 21 giugno 2012

Rifiuto, opposizione e inquietudine


Qualcuno esordirebbe con un bel " ...ho il piacere di annunciare" ma io non sono proprio il tipo, che volete che vi dica.
Lo davo praticamente per scontato, tant'è che non mi sono per niente esaltato per la notizia.
In sintesi: "Io mi carico di rabbia" sarà pubblicato.
Ho sottoscritto infatti un contratto con "Nulla Die Edizioni", una piccola ma interessante realtà editoriale di Enna.
Sono soddisfatto, ci mancherebbe.
Ma questo è solo il primo passo.

Avevo ricevuto anche un'altra "mezza" proposta di pubblicazione da parte di una casa editrice romana ma alla fine la trattativa non è mai veramente decollata.
"Le suggeriamo di avvalersi di un ghost writer per sistemare alcune cose..."
Ma io mi domando: lo avete letto il libro? Potete pensare che un idiota che scrive quelle cose possa farsi dettare parti di un libro da un tizio, per poi spacciarle per proprie?

E loro ancora: "non è come crede... Un buon professionista è in grado di entrare nei meccanismi letterari dell'autore e sviluppare la narrazione in maniera tale da..."
E io ribatto: se questo "scrittore fantasma della mia minchia" è tanto bravo perché non sviluppa una sua idea invece di rompere le palle a me? Io di sicuro della sua professionalità intesa in questi termini non so che farmene.
E aggiungo: se volevo scrivere un libro per fare soldi lo scrivevo sull'amore, oppure racimolavo le ricette della nonna e scrivevo un libro di cucina.
E ribadisco: ma lo avete letto davvero il mio libro? Avete un'idea di chi lo abbia scritto? Dell'orgoglio di chi lo ha progettato e voluto? Di come ci sia tanto "rifiuto e opposizione" tra quelle righe? E voi che cazzo fate? Mi proponete un ghost writer?
Una sacrosanta pernacchia, di quelle fatte da Tognazzi in "Amici miei" non ve la toglie nessuno.

E allora non ho fatto altro che scegliere la proposta migliore, quella di Nulla Die.
Non so quanto ci vorrà per l'editing e l'impaginazione quindi non so ancora quali saranno i tempi ufficiali per vederlo tra gli scaffali e negli store on line (uscirà per mia gioia anche in formato e-book).
Battaglierò sul prezzo di copertina, questo è certo.
E questa sarà una battaglia che bisognerà vincere.

Nel frattempo è circa una settimana che sto pensando alla copertina.
All'editore volevo proporne una di mia totale creazione.
Non si sa mai che magari accetti.
La copertina deve rendere bene l'idea del libro, e magari del titolo del romanzo.

Domenica scorsa ho un'idea.
Secondo me è buona.
Ieri pomeriggio, con 37 gradi, esco con il mio soggetto nella mano sinistra e la macchina fotografica nella destra.
Ho bisogno di una location particolare.
Faccio 5 fotografie.
2 le scarto subito, sulle altre ci posso lavorare.
Una volta a casa le due che dovevano essere cestinate sono in realtà quelle che promettono meglio.
Lavoro su quelle con un programma su iPad davvero fantastico.
Alla fine la foto mi dice qualcosa.
Funziona.
La faccio vedere a mia moglie.
"Madonna che inquietante..."
Ok, va bene.
Finalmente sorrido.
Si vede che questa volta ho fatto un buon lavoro.

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martedì 12 giugno 2012

Io mi indigno, tu ti indigni, egli si indigna, noi ci indignamo, voi vi indignate, essi si indignano.

Il mestiere dell'indignato è un mestiere faticoso.
L'Indignato si tiene informato, legge i giornali e naviga in rete.
Ovviamente vede i TG e non si perde di certo "La vita in diretta" (lo fanno ancora?).
Non è interessato alla politica se non per sommi capi e per sentito dire.
In compenso ama la cronaca nera, se ne ciba quotidianamente.

"Ragazzo trentenne bastona i genitori a sangue e scappa con 100 euro"
"Ragazzo prende un brutto voto: picchiato con la cinghia dal padre, perde un occhio"
"Vecchietta derubata delle elemosine nella chiesa del paese: femore frantumato  e corsa in ospedale mentre i due tredicenni se la spassavano in sala giochi".
Potrei andare avanti ore a inventare notizie, non è questo il punto.
Il punto è che l'indignato conosce tutto e tutti, si abbevera da questa fonte e - da bravo Indignato - si indigna.

Normalmente l'Indignato ha un'età compresa tra i trentacinque e i cinquanta anni e vive di retorica.
Non perde occasione per continuare a ripetere che "il mondo è cambiato" e che "una volta non era così".
Il suo patetico sentimento di indignazione si limita ad una smorfia di pacato dolore, un increspamento delle labbra e qualche parola del tipo "che schifo" o "chissà dove andremo a finire".
Normalmente non vota perchè dice che "tanto sono tutti uguali" e in questo caso la deriva qualunquista lo colloca tra gli esemplari più diffidenti e rognosi fra le diverse categorie di Indignati.

L'Indignato disprezza il gossip che considera non all'altezza della sua intelligenza e lo manifesta snobbando riviste come "Chi" e "Visto". Dimostra palesemente questo suo rifiuto fuggendo subito in ultima pagina delle suddette riviste capolavoro dove spesso legge il suo oroscopo ad alta voce coinvolgendo gli sventurati che gli stanno a fianco.

L'Indignato pensa di avere le soluzioni in tasca.
"Se fossi io al potere vieterei questo e permetterei quest'altro".
Tra le cose che vieterebbe - al primo posto in classifica - si posiziona l'immigrazione.
Tra le cose che permetterebbe - sempre al primo posto - domina incontrastato il diritto di autodifesa delle case e dei negozi tramite l'utilizzo delle armi.
"Se qualcuno entra in casa mia voglio avere il diritto di sparargli. Poi vediamo se entrano ancora...".

L'indignato alla fine si limita a non fare un cazzo.
Si limita a lavorare/cazzeggiare, a scopare, andare al bar a giocare a carte (versione maschile) oppure andare a fare shopping (versione femminile).
L'accidioso degli anni 2000, insomma.

Mi piacerebbe fare come il serial killer di "Seven".
Lo legherei al letto e lo lascerei marcire con un centinaio di "Arbre Magique" appesi sul soffitto a penzolare.
Lo terrei in vita giusto quel tanto da chiedergli se - alla fine  - pensa di aver sbagliato qualcosa.
E alla fine accenderei la TV su Rete 4 e lo slegherei.
Tanto Emiliuccio non conduce più il TG4

sabato 2 giugno 2012

Le serpi del futuro sono i nostri bambini



Mi affaccio alla finestra, nel pomeriggio.
Vedo un nonno con la nipotina, entrambi in bicicletta.
La piccola avrà cinque anni e gira felice con il suo mezzo a due ruote.
Ha una piccola coda di cavallo che va su e giù, tenuta d'occhio da suo nonno.
Per un attimo ho pensato che la vita fosse tutta lì, in quell'immagine priva di corruzione e di secondi fini.

C'è una specie di maledizione che incombe sugli esseri umani, una specie di condanna.
Quando sono piccoli sono quanto di più naturale e immediato esista in natura.
Poi il contatto con gli adulti li rovina, li fa diventare come loro.
Certo non da subito, ci vogliono anni e addirittura decenni per giungere alla conclusione dell'opera, alla perfezione, per farli diventare come noi.
Di certo ci riusciremo e loro stessi diventeranno quello che noi stessi abbiamo sempre ambito in cuor nostro diventare.
Cioè degli esseri spregevoli.

Non venitemi a contare balle.
Gli adulti (tutti) sono corrotti e riprovevoli nei rapporti interpersonali.
Si fanno le scarpe, hanno secondi fini, usano la retorica, sparlano gli uni degli altri. E sono egoisti.
Il fatto che abbiano dei sentimenti umani e talvolta agiscano con amor proprio non deve trarre in inganno: è probabile sia solo un retaggio di quello che sono stati e mai saranno più.
Quando calchi questo palcoscenico sei destinato a ballare in una sola direzione e ad avere di conseguenza come contrappasso una sola stagione dell'innocenza: quella della prima infanzia.

Cosa fare?
Insegnamo loro a non essere come noi.
Tentiamoci.
Avremo tutti contro: la cosiddetta "scuola di vita" e tutto quello che ci circonda.
Non ci riusciremo mai a raggiungere l'obiettivo, ma il fatto di tentarci ci avrà dato la possibilità di spurgare in qualche modo il nostro male insito e congenito.
Di esorcizzarlo e di tenerlo a bada.
Magari i nostri figli saranno migliori di noi o magari saranno peggiori.
Ma se il nostro futuro sono questi piccoli/servi/diavoli/serpi allora tutto andrà a puttane molto velocemente.
E poi ancora di più.
E poi ancora di più.
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domenica 20 maggio 2012

Hangover on-line

Dopo un bel po' di lavoro è finalmente on-line il sito della mia band
www.hangoverband.it
Ci troverete un po' di tutto e - ovviamente - informazioni che mi riguardano.
Nella sezione "Extra Hangover" ho reso disponibile il download gratuito del mio primo libro di racconti edito nel 2003 "Coni gelato per malati terminali " stampato da Starrylink Editrice.
Un buon antipasto per la futura pubblicazione (mi sbilancio e dico imminente) di IO MI CARICO DI RABBIA.
Grazie a tutti.

martedì 15 maggio 2012

La gente piange e piangerà. Gran bel coro...

Ho sempre avuto un rapporto un po' strano con il dolore fisico.
Infatti non lo temo affatto e cerco di conviverci e sopportarlo.
Evito di prendere analgesici, antinfiammatori, anestesie e antidolorifici (ovviamento quando possibile).

Ogni tanto mi chiedo il perchè di questa cosa e oggi me lo sono chiesto per l'ennesima volta.
Stamattina ho fatto una biopsia al fegato e alla fine del prelievo tramite ago conficcato bellamente nel fianco destro non ho voluto l'antidolorifico endovenoso che mi hanno proposto.
"No, grazie adesso mi passa... aspetto ancora cinque minuti".
Poi i minuti sono diventati dieci e poi venti.
Sono arrivato alla mezz'ora e mi son detto: "Adesso mi passa per forza, porca troia... e che cazzo..."
Alla fine il male alla spalla (sì alla spalla, cazzo c'entrerà dio-solo-lo-sa) e al fianco se ne sono andati dopo più di un'ora.
Solo quando sono stato meglio mi sono chiesto: "E perchè non mi sono sparato questa puntura benedetta? Ci voleva tanto?"

Non lo so perchè ho deciso così, ma mi andava di farlo.
Quando sei ore dopo l'intervento sono tornato a casa mi sono ricordato di un fatto.

Quando avevo nove anni sono stato morsicato da un cane (il mio per la precisione).
Gli avevo talmente rotto le palle che alla fine si era vendicato azzannandomi la mano destra quasi per autodifesa.

Al pronto soccorso incontrai un vero e proprio macellaio, tipo Freddy Krueger.
Il medico decise su due piedi che, per evitare una potenziale infezione alle dita, doveva staccarmi necessariamente l'unghia del pollice.
All'inizio mi disse che tentava di farlo senza anestesia e inziò senza aggiungere altro.
Dopo un po' disse che ce l'aveva quasi fatta.
Poi disse di aspettare ancora un pochino e di tenere duro che ormai era finita.
Alla fine me la strappò senza farmi un cazzo di anestesia e vi assicuro che non fu un bel momento.
Ricordo come fosse ieri il sangue schizzare sul muro accanto al lettino e io che tentavo di spaccare con i denti il bastoncino di legno che mi avevano ficcato tra i denti, con mamma e papà che mi tenevano fermi mani e piedi.
Penso che non proverò mai così tanto male in tutta la mia vita come quella volta.
Forse è stato lì che ho deciso che - tuttosommato - provare un po' di dolore nella vita non è poi così scandaloso.
Basta non esagerare e alzare la soglia del dolore senza paura.
Senza fare gli eroi però, ecchecazzo.
Che sono tutto tranne che un eroe...

mercoledì 9 maggio 2012

La pubblicità vuole l'uomo (idiota) comune.




Penso che gli autori pubblicitari non abbiamo veramente ritegno.
Hanno capito che i reality funzionano e che per vendere i loro prodotti molto spesso non servono i grandi testimonial ma semplicemente persone qualunque, ovviamente credibili.
E allora vai con le prese per il culo.

Primo esempio:
Pubblicità della Gillette.
Le telecamere entrano in una specie di palestra (o non so cosa sia) e beccano due tizi bellocci che si fanno la barba.
"Avete provato il nuovo Gillette Sticazzi?"
"No..."
E via con la finta sfilza di complimenti
"Come scorre... Com'è piacevole..."
Addirittura per caricare di veridicità la scena viene impressa una scritta:
"LE PERSONE INTERVISTATE NON SONO DEGLI ATTORI"
Perché non hanno scritto "LE PERSONE INTERVISTATE NON SONO STATE RETRIBUITE"? Il motivo mi sembra logico...

Esempio numero due.
Bevanda gassata rossa senza zucchero, (famosa).
Tutti al cinema, ma prima del film compare sul megaschermo il ragazzo delle bibite che ha venduto i beveroni a tutto il pubblico presente in sala.
Con la sua bella faccia dice: "Guardate il vostro bicchiere... Non è la solita Coca-Cola, dentro il bicchiere ce n'è un altro... È Coca-Cola Zero! Niente zucchero ed è buona uguale!" E tutto il cinema che - sconvolto dalla prodigiosa notizia - ammicca e rumoreggia alla fantastica scoperta e all'incredibile notizia.
Ovviamente manco uno che si sia comprato una Pepsi.
E neppure uno che abbia urlato un bel "Fa davvero cagare la Coca-Cola Zero!!"
Da grande voglio fare il pubblicitario.
Mi vedo già in grado di architettare fantastiche minchiate...


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venerdì 27 aprile 2012

Non si esce vivi dalla Padania

Il nuovo disco degli Afterhours merita.
Partiamo da questo semplice presupposto.
Dopo quattro anni il gruppo indie italiano più influente di sempre (magari non tutti penseranno che è il migliore, magari non tutti penseranno che è il più rappresentativo della categoria ma solo un pirla potrebbe pensare che non sia in assoluto la band più influente sul movimento rock italiano degli ultimi 20 anni) esce con un nuovo disco.
Ho letto diverse interviste ma quella che mi ha colpito di più riportava un passaggio interessante.

Si diceva che le canzoni erano già pronte un anno fa, quasi tutte.
Che la struttura era praticamente fatta.
E allora uno si chiede: "E che cazzo avete fatto in tutto questo tempo?"
Semplice, risponde Agnelli.
Ci siamo fermati e abbiamo cercato di dare un filo conduttore al disco, di dargli sostanza, di dargli corpo concettuale, di plasmarlo e dargli un senso.


La cosa più interessante di "Padania" a mio parere è proprio questo aspetto, a cui non ci si arriva subito ma solo in un secondo momento e forse anche in un terzo.
Il settimo album in italiano degli After è un magma sonoro bagnato di parole, qualcosa di coeso, studiato e lineare.
Allo stesso tempo si tratta però di un groviglio, di un labirinto di idee.
Che vanno pazientemente valutate e inserite come in un puzzle al posto giusto per avere il quadro di insieme.
E' questo il bello di questo disco.
E' un disco che ti dice qualcosa, se lo stai ad ascoltare.
E se stai attento, ovviamente.
Una specie di "message in a bottle"
E questa è una novità assoluta per il gruppo di Manuel.
Sotto questo punto di vista è di gran lunga il miglior manifesto che potessero fare.
Un album politico, una scheggia nell'occhio di chi ascolta.

Ovviamente ci sono canzoni che non mi piacciono per niente in "Padania" ma questo è un dettaglio.
Il dire "mi piace quella-non mi piace quell'altra" lascia il tempo che trova.
Qualcuno dice che il rientro di Xabier ha inciso moltissimo in questa nuova ripartenza del gruppo.
Agnelli dice al contrario che questo disco suona così non perchè c'è Iriondo ma perchè c'è anche Iriondo.
E per sfatare questa voce fa notare una cosa che avevo già colto nei crediti del disco.
Xabier suona in meno della metà dei brani del disco.
Ovviamente è altrettanto palese come la sua presenza abbia sbloccato la creatività degli altri componenti del gruppo, primo fra tutti il violino noise di D'Erasmo
Li abbia portati a non avere paura.
A osare.

Poi, dal punto di vista concettuale, la fatica è tutta di Manuel.
Magari i suoi assoli in "La tempesta è in arrivo" fanno davvero cagare (è quello che penso) oppure il cantato di "Giù nei tuoi occhi" è davvero fuori luogo (altra cosa che sembra facile sottoscrivere) ma il disegno complessivo e l'impianto concettuale del disco è pazzesco, monumentale e tremendamente creativo e reattivo.
Mettici che il disco è una totale autoproduzione e il pranzo è servito.
Comprare mi raccomando...
Comprare...

P.S. Nella classifica degli album più venduti il disco è entrato direttamente al N.2. Anche questa volta quella "Gran M." di Biagio Antonacci ha avuto la meglio entrando al N.1.

venerdì 13 aprile 2012

Diaz. Non lavate questo sangue





Amnesty International l'ha definita come la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale.
Dopo Piazza Fontana, l'Italicus, Ustica, Piazza Loggia è uno dei fatti più aberranti che siano accaduti in questo Paese.
A tracciare finalmente una linea guida è un film splendido e spiazzante, in questi giorni nelle sale.

Dovrebbero far entrare tutti gratis, dico io.
Farlo vedere senza biglietto a tutti, soprattutto ai ragazzi ma anche ai nostri nonni.
Per vedere come ci siamo conciati, dove siamo potuti arrivare senza accorgercene.
Come nessuno è stato punito.
Come in Italia raramente le responsabilità delle forze dell'ordine hanno trovato Giustizia.

La cosa che toglie il fiato è che tutto il film si basa sulle ricostruzioni della magistratura e sugli atti processuali, tant'è che si può tranquillamente definire una ricostruzione fedele dei fatti accaduti.
Stare lì seduti, in poltrona e vedere come la polizia abbia sviato, tramato, costruito false prove per giustificare una macelleria messicana d'altri tempi è a dir poco sconvolgente.

Le pozzanghere di sangue nella Diaz? Dovute a ferite pregresse dei Black Block che vi si rifugiavano. Motivi per irrompere nella scuola? La presenza di armi e bombe molotov. Abbiamo picchiato? Solo reazioni a tentativi di resistenza da parte degli anarco-insurrezionalisti presenti nella scuola.

I magistrati hanno invece accertato che il sangue fu sparso proprio dalla celere e che non c'erano Black Block nell'edificio. Che le armi ritrovate non erano altro che martelli e picconi rinvenuti nel cantiere a fianco per la ristrutturazione della Diaz. E che le famose bombe carta erano state portate lì direttamente dalla polizia per creare false prove. E questo su confessione di uno stesso agente.

Alla fine della proiezione una ragazza vicino a me piangeva a dirotto, consolata dal suo fidanzato. Una persona di fronte si è alzata e ha fatto il gesto della P38 che per un attimo si è stagliato in controluce, rimbalzando con aria sinistra sui titoli di coda.
È questo quello che vogliono che la gente faccia.
Piangere e sparare.
Piangere e sparare.
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lunedì 9 aprile 2012

Heidi, le caprette ti fanno il dito medio

Sono nato in montagna. Alta montagna.
Di quella montagna così alta che quando si parla di questa cosa con gente del fondo valle o della città sembra che serva un intero girone infernale per arrivarci.
E per viverci.
"Ah la strada!! tutta curve... ci si impiega un botto... ma dov'è di preciso?? ma cosa facevi quando eri lassù??"

Secondo te cosa ci facevo lassù? ci vivevo come tutti no?
Si riesce a sopravviviere anche con il cinema e la discoteca a 50 km.
Magari non sei al massimo, ma ci vivi lo stesso, cazzo.
Te l'assicuro.
E poi con le capre non ci ho mai dormito, anche perchè il mio paese fa più di 4.000 abitanti, mica 200.

Poi vedo tanti dei miei amici rimasti in paese o transfughi come me che parlano della vita di montagna come di un elisir di lunga vita.
"Ah quando torno tra i miei monti..." "Ah l'aria della Valle..." "Ah quando inforco gli sci..." "Ah quando vedo la neve... "Ah quando sento la..."
E che coglioni.
Lasciatemelo dire, che due coglioni.
Quasi quasi preferisco essere guardato come un montanaro con la gerla sulle spalle da un bresciano amante dell'aperitivo in Piazzale Arnaldo che ritrovarmi intrappolato in un immaginario di questo tipo.

Ho assistito personalmente a disamine tra sessantenni pensionati su dove è opportuno posizionare gli accenti nel dialetto camuno scritto, perdere ore nel disquisire sulla necessità di organizzare intorno a un tavolo i "maggiori intellettuali camuni" (??) al fine di valutare le origini della tradizionale "salcazzo" parola in dialetto di cui sono ancora poco chiare le fondamenta.
Mentre ci sarebbe da interrogarsi su ben altro nella vita, magari allargando "leggermente" le vedute e le prospettive al di là del proprio piccolo paraocchio.

Invece tutt'altro.
Le uniche iniziative culturali sono finalizzate alla promozione del formaggio caseario, alla tutela della vacca bruna dell'Adamello o del Porcino secco.
Per non parlare delle iniziative turistiche del periodo estivo.
Commedie dialettali di quattro ubriaconi strampalati e concerti di avvinazzati con la fisarmonica che si fanno chiamare "maestro".
Orchestre di liscio che imitano quelle emiliane pur non avendone né tradizioni né indole.
Presentazioni di libri di poesie in dialetto sulla vita contadina dell'ottocento nelle malghe alpine sopra i 2500 metri nelle giornate primaverili della settimana di Pasqua alle ore 11.45.
Libri sfornati ovviamente grazie al contributo del Comune e della Comunità Montana che li riconosce come opere artistiche finalizzate alla promozione del territorio.

Ma va a cagà, va.
Questa è l'unica frase in dialetto che mi esce bene.

mercoledì 4 aprile 2012

Ho sempre sospettato di essere un coglione. Ora ne ho le prove.




Qualche giorno fa mi hanno detto che un tizio che conoscevo è morto.
Non so cosa mi sia capitato ma subito dopo aver appreso la notizia ho applaudito.
Il personaggio in questione era davvero uno stronzo.
Mi aveva usato per i suoi scopi e poi aveva tentato (parzialmente riuscendoci) di mettermela nel culo.
Mi ero sbattuto per lui, avevo cercato un rapporto serio e professionale e gli avevo anche fatto avere dei vantaggi che certo non meritava.
Alla fine aveva tentato palesemente di farmi le scarpe, e questo solo ed esclusivamente per questioni di rancore con persone appartenenti alla mia famiglia.
Voleva farmela pagare per colpe non mie, nonostante io non c'entrassi nulla e avessi fatto di tutto per aiutarlo nel suo lavoro cercando un rapporto tra me e lui, tra uomini.
Tutto inutile, alla fine la bastardata l'aveva fatta comunque, da vera testa di cazzo dall'inconfondibile DNA.

Quell'applauso però mi ha lasciato stupito di me stesso.
Le stesse persone che erano con me sono rimaste di stucco, attonite.
Io ho cercato di giustificarmi, dicendo subito che scherzavo.
Ma non era così.
Non scherzavo affatto.

Sono giorni che sono divorato dai sensi di colpa.
All'inizio pensavo che - dopotutto - non dovevo vergognarmi di un sentimento umano come l'odio e che forse era meglio la cattiveria dell'ipocrisia.
Dopotutto uno stronzo vivo si tramuta inevitabilmente in uno stronzo morto.
Poi però mi sono tolto la coperta di Linus del mio ego e sono giunto alla conclusione che lo stronzo in realtà sono io, ed ho ottimi motivi per pensarlo.

Che cazzo di persona è quella che applaude alla morte di un altro essere umano? Che cazzo di persona è quella che non riesce a digerire un contrasto e un tradimento neppure di fronte ad una bara, dove ci sono moglie e figli che piangono una persona che amavano?
Non so che cazzo dire, se non che ho avuto la dignità di mettere in piazza con un gesto orrendo un sentimento di cui molti avrebbero semplicemente paura.
E che, in ogni caso, rappresenta tutto il peggio di me.
L'unica magra consolazione è che c'è sempre spazio (e tempo) per diventare una persona migliore.
E il primo passo è rendersi conto di essere stato un maledetto coglione.

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mercoledì 21 marzo 2012

Di nuovo immerso nel "Muro"

Ogni tanto mi capita di tradire il mio negozietto di musica indie "tutto polvere" per un megastore.
Capita sopratutto quando c'è da risparmiare quei 4-5 euro (se non di più) per un'uscita che riesco a trovare anche nella grande distribuzione.
Per esempio l'ultimo album doppio dei Verdena a suo tempo l'ho pagato da Mediaworld 12,90 mentre conosco una persona che l'ha pagato 28.
Differenza direi non sottovalutabile.

Così qualche giorno fa mi ritrovo a girare per una mezz'oretta tra gli scaffali luminosi e ben tenuti della nostra catena super-mega-galattica con i Litfiba in sottofondo (e mi è andata ancora bene).
Poi a un certo punto, una folgorazione.
E che cazzo è quella roba lì?
Sembra la confezione del Monopoli tanto è grande ma la scatola è tutta nera con la scritta "Pink Floyd: The Wall"
Sul retro della confezione capisco che si tratta della famigerata confezione "Immersion 2012" di cui ho tanto sentito parlare.
Guardo il prezzo: 99,90 Euro
Che botta, però pensavo di più.
Poi guardo il contenuto e ci trovo 6 CD e un DVD più alcuni gadget dall'aria esoterica che scavano la mia attenzione: biglie con disegnati i muri, sacchetti di velluto nero, book fantastici, riproduzioni di biglietti dei concerti e pass per il backstage, cartoline, riproduzioni dei fantocci, sciarpe con i simboli floydiani... un mucchio di roba insomma.
Guardo meglio.
Sconto del 20%
Ok, siamo già scesi a 80 euro
Mi ricordo di aver diritto a due buoni da 10 euro ma serve almeno un altro acquisto.
Vedo l'ultimo di Mark Lanegan a 14 euro e lo prendo.
Ora ho i due buoni da 10 euro da spendere.
Lo pago 60 euro ed esco da quel posto con il sorriso sulle labbra.

Ok.
Ho dato 60 euro a dei multimilionari per un CD che nella versione originale ho già comprato 20 anni fa.
Che ci volete fare, sono un pirla.
Ho impiegato però più di un'ora solo a guardare l'intero contenuto di quel box.
I CD sono rimasterizzati con i coglioni e suonano da dio, con la cassa e i tom di Mason che sembrano uscire dalle casse dello stereo.
Alla fine sono contento, cazzo volete?

The Wall e i Floyd sono così.
Il più alto esempio di musica pop, se volete.
Li ascolta anche mia mamma, piacciono anche a lei.
Ma se qualcuno ha voglia di soffermarsi sulla grandiosità e complessità dell'opera "The Wall", sui testi sarcastici e devastanti di Waters, sulla critica feroce (in tempi non sospetti) verso lo sviluppo della società moderna, sui molti passaggi musicali ancor'oggi inarrivabili... beh... ci si accorge di essere di fronte a una delle forme più complesse e stimolanti di opera d'arte degli ultimi 50 anni.
Bisogna sbattersi certo.
Studiare la materia, aver voglia di imbattersi nelle allegorie e nei significati reconditi di questo formidabile mix di musica e parole.
Cercare di capire come è nato, perchè è nato.
Che cosa vuole comunicare.
Dopodichè "Il Muro" cadrà per tutti.
Magari addosso a chi conosce solo il ritornello di "Another brick in the wall"

sabato 10 marzo 2012

Hangover di nuovo in pista





Dopo qualche mese di assestamento (diciamo dieci) posso finalmente dire di aver ricominciato a suonare.
E' successo e non era nei miei programmi.
Ma è successo.

Non ne ho parlato prima quasi per scaramanzia, ma in questo momento è assolutamente giusto prendere atto che sono ormai parecchi mesi che il mio gruppo si è rimesso in pista con la giusta voglia di stupire e che possiamo dirci ufficialmente ricostituiti.
Da parecchio lavoriamo sui pezzi del vecchio repertorio ma questo secondo me non era sufficiente per considerarci di nuovo in pista.
Bisognava metterci alla prova con del nuovo materiale, nuove canzoni.
Beh, questa cosa è successa e il nuovo pezzo composto dopo molti anni a questa parte è davvero un bel pezzo.
Ne sono davvero entusiasta.

Sono ritornato a scrivere un testo ed è stato più facile del previsto.
Ricominciare a cantare/declamare/recitare un po' meno visto che ritrovare il feeling con la voce non è stato certo immediato ma ora mi sento quasi pronto anche su quel versante.
In sala prove è adrenalinico tornare a sentire le chitarre che spingono, la batteria pestare sulle pelli e tutto il resto.
C'abbiamo tutti quasi 40 anni ma essere lì dentro vuol dire trasformare la nostra energia in qualcosa di creativo e costruttivo, vivere al di fuori del tempo e dello spazio.
Creare una bolla dove ritrovarci ad occhi chiusi.

Credo andrà avanti questa cosa, comunque farò di tutto per portarla avanti nonostante problemi, impegni famigliari e lavorativi.
Suonare dal vivo, magari un nuovo disco dopo l'ultimo del 2006.
Ecco quello che dovrebbe succedere.
In fondo scrivere e suonare sono tra le cose migliori della vita.
Se non le migliori.

Qui sotto il testo della nuova canzone.

- Pozzo dell'Arco -

Una settimana fa al supermercato
un barattolo di pomodori scaduti mi ha mostrato senza remore il buco di culo
profondo dove ci stiamo incamminando.
Oh! santa vergine incoronata, non credi che io ne abbia abbastanza? Che ne abbia abbastanza eh?

Poi ho pensato che il carrello della spesa era quasi pieno, che le scarpe erano nuove, che il vortice delle corsie affollate e la radio con la voce del primo Venditti non erano certo lì per caso.
Potevo sentirli scavare un solco profondo
quanto l'abisso di Pozzo dell'Arco
Potevo sentirli mendicare un frammento di verità che non apparteneva loro da generazioni e generazioni.

Poi a un certo punto arriva un messaggio di Ando che dice "Non sapevo che i tori avessero gli arti inferiori"
"È la mia verità", gli risposi come in trance.
I tori con i testicoli esplosi inchiodati ad una croce hanno gli arti inferiori, altrimenti che differenza potrebbero fare?
I tori con i testicoli esplosi inchiodati ad una croce hanno gli arti inferiori, altrimenti che differenza potrebbero fare?
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giovedì 1 marzo 2012

Pubblici ufficiali delle mie palle (vuote)


Ieri sera ho letto una mail pubblicata sul Mucchio Selvaggio che mi ha particolarmente colpito.
Parlava di un ragazzo, di sua madre e del padre morto in ospedale.
Ad aspettarli in prossimità del letto del loro defunto, hanno trovato due signori molto distinti, cordiali e rispettosi dell'accaduto.
Si sono proposti di trasportare la salma a casa, dove sarebbe stata tra gli affetti di parenti e amici. Inoltre si sarebbero presi cura di tutto quanto, pratiche burocratiche e incombenze varie.
Sarebbe stata sufficiente una firma per la dimissione del corpo, tutto qua.
Ovviamente i due tizi erano di un'agenzia di pompe funebri ma quello che inquieta è il fatto che ovviamente fossero stati avvisati direttamente da infermieri compiacenti, pronti a ricevere provvigione sull'eventuale buon fine della trattativa.

La lettera si chiudeva così: "Li ho cacciati via tra lo stupore dei presenti. Ho preferito la camera mortuaria dell'ospedale, fredda e cupa ma molto più dignitosa di quei due personaggi. Senza pensare a chi stanno in mano le agenzie di pompe funebri nella mia città..."

Grande mossa, concordo in pieno.
La cosa che mi fa davvero vomitare è la chiamata degli infermieri.
Sei pagato per fare il tuo lavoro, non per ricevere mazzette sulle sventure altrui.

A me è capitato di fare un incidente di macchina piuttosto importante.
L'intervento dei carabinieri è stato fulmineo.
Rilievi, raccolta delle dichiarazioni e tutto il resto.
Poi mi chiama il maresciallo della pattuglia intervenuta nel sinistro.
Mi prende da parte e non capisco perché.
Tira fuori il biglietto da visita di un'officina meccanica.
"Sono bravi e veloci", mi dice.
"Ti vengono a prendere il veicolo subito e te lo riparano a prezzi modici, garantisco io"
Volevo rispondergli: "...e la tua mazzetta per la segnalazione? Pago io anche quella?". Alla fine dissi semplicemente "no grazie" e aspettai 4 ore sul ciglio della strada l'arrivo del mio meccanico di fiducia.
Pubblici ufficiali delle mie palle vuote.
Infermieri o carabinieri, ma sempre con le palle vuote.
Pronti a integrare il loro stipendio con sostanziose mazzette alle spalle dei disgraziati


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lunedì 20 febbraio 2012

Dubbi sulla vita al supermercato. Risolti brillantemente.




Stasera al supermercato ho deciso di scrivere questo post.
Mi è venuto in mente così, non so neppure io perché.
Forse un paio di coincidenze o forse no.
Fatto sta che ho notato alcune preoccupanti degenerazioni nei prodotti che la grande distribuzione ci propina.
Cibo, insomma.
O forse sarebbe opportuno dire "surrogati di cibo", sofisticazioni o esperimenti.

Negli altri paesi del mondo mi era già capitato di vedere certi obbrobri, e li imputavo alla scarsa cultura gastronomica di americani, tedeschi e inglesi.
Ma ora sembrano arrivati anche da noi, e sembrano spingere per ottenere più spazio, più consensi.
Più vendite.

Passo nel banco frigo, quello dove ci sono yogurt e mozzarelle.
Vedo una specie di contenitore trapezoidale simile al contenitore per i popcorn che ti danno al cinema.
Dentro ci sono i tortellini al ragù.
Prendo in mano la confezione e leggo le istruzioni.
Dicono di mettere quel coso nel microonde (e solo nel microonde) per sette minuti.
Di staccare la forchettina - già compresa all'interno della confezione - e gustarsi direttamente da quel contenitore i tortellini al ragù della mamma.

Mi viene il voltastomaco solo a pensarci.
Se non posso mangiare i tortellini di certo non compro quel coso.
Salvate almeno la pasta, cristo santo.
Almeno la pasta...

Passo al bancone dei salumi e do un'occhiata alla gastronomia in bella mostra, adagiata su letti di insalata o impreziosita da dettagli come un limone tagliato o delle confetture per i formaggi.
Vedo degli spiedini di gamberoni molto invitanti.
Sono impanati, pronti per la padella.
Li sto per ordinare.
Due begli spiedini di gamberoni per cena, e già mi viene l'acquolina.
Niente male.
Poi guardo meglio.
Leggo il cartellino.
"SPIEDINI AL SAPORE DI GAMBERO"
Non ci posso credere.
Sono delle polpette di "chissà cosa" con la forma del gamberone infarciti di qualche aroma artificiale per farli puzzare di pesce.
Roba da matti, penso.
Non ci capisco più un cazzo.
Mi guardo in giro e ordino un etto di crudo.
Mentre lo tagliano con l'affettatrice allungo il collo per vedere se stanno tagliando un pezzo di plastica o altro.
Per il momento almeno il prosciutto crudo è salvo.
La vita quella no.
Quella è già compromessa da parecchio tempo.

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giovedì 16 febbraio 2012

20.000 volte grazie...

Solo un semplice post commemorativo...
20.000 contatti
20.000 volte grazie
E poi leggete qui sotto il post vero e proprio, mi raccomando...

mercoledì 15 febbraio 2012

Marlene Kuntz a Sanremo




I Marlene Kuntz suonano a Sanremo.
Innanzitutto mi obbligo a utilizzare il termine "suonano" e non "cantano" come la tradizione vuole e come sono stati presentati da quella vecchia carampana tirata a lucido chiamata Gianni Morandi.
Si presentano in giacca. Luca Bergia sembra un turnista dietro le pelli e suona come in tutta sincerità potrei suonare anch'io.
Un bel "quattro colpi sul charlie e uno sul rullo".
Tutto qua.
Fortuna che l'ho visto sul palco del tour de "Il Vile" fare cose devastanti per bellezza, difficoltà e intensità.
Visto qui sembra che abbia preso lezioni dal batterista dei Matia Bazar.

Tesio si muove come al solito ma inserisce riffettini tra un verso e l'altro come solo Mark Knofler dei Dire Straits è in grado di fare.
Cristiano entra in scena con un'acustica.
Sembra l'abbia imbracciata tre-quattro volte e forse è proprio così.
La suona con vigore, ma l'effetto è identico a quello che farebbe un leone che sbrana un pappagallo.
C'è qualcosa che non va, sembra surreale.
Il cantato è il solito.
Trascinato, a denti stretti, impacciato.
I Marlene Kuntz dicono che non suonano più indie-noise perché è inutile ripetersi.
Però, intanto, sono 4 album che suonano con l'ovatta e allora mi chiedo se non sia giunta l'ora di toglierla da dentro le chitarre, visto che di canzoni morbide ne hanno fatte ormai una cinquantina negli ultimi dieci anni.

Ormai li ho visti tutti a Sanremo.
Marlene Kuntz, Subsonica, Afterhours, Bluvertigo.
Troppo timidi e arruffati gli Afterhours, fuori fase i Marlene, Subsonica così-così.
Alla fine chi veramente ha spaccato il culo è stato il buon vecchio bistrattato Morgan con i Bluvertigo.
Me lo ricordo ancora.
Gambe larghe e basso slappato, canzone coraggiosa e ringhiosa.
A rivederlo ho un moto d'orgoglio.
Come quando i Placebo spaccarono gli amplificatori della Rai e furono sommersi di fischi.
Rock 'n roll, cazzo.
Rock 'n roll.







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sabato 4 febbraio 2012

Millennium - Uomini che odiano le donne

Seguo David Fincher e i suoi film da almeno 15 anni, esattamente dal 1995.
A quel tempo aveva dato alle sale quello che tutt'ora reputo il miglior thriller della storia del cinema, vale dire quel "Seven" che ha inciso fortemente e violentemente sulla mia immaginazione di scrittore in fase di embrionale.
Ogni tanto sento dire da qualcuno: "Grandissimo film Fight Club!!" e io "E' un film di Fincher..."
"Davvero? e chi sarebbe questo Fincher?"
Oppure ancora: "The Game è il mio film preferito!" e io ancora "E' di David Ficher!" "Ah si?? non lo sapevo..."
L'elenco è lungo e la carriera del regista è a dir poco entusiasmente.
Alien 3, Panic Room, Zodiac, The social network, Il curioso caso di Benjamin Button sono le altre perle di questo americano atipico, maniaco e visionario.

Il regista di Denver probabilmente non ha passato un bel periodo dal 2002 al 2007.
Cinque lunghi anni senza dare alle stampe nessun film.
Sembrava bloccato da chissà cosa o da chissà chi.
Io lo aspettavo con ansia e lui tornò con un nuovo capolavoro di genere poliziesco-investigativo.
Zodiac.

Di solito quando un artista sta fermo parecchi anni chissà perchè ho l'impressione che stia combinando qualcosa di importante.
Probabilmente si tratta di ricaricare le batterie o probabilmente solo di coincidenze.
Al contrario diffido molto da chi sforna album/libri/film con eccessiva continuità, diciamo tutti gli anni o quasi.
Anche Fincher - purtroppo - ha avuto il suo passaggio a vuoto e a mio avviso si tratta proprio del fenomeno dell'eccessiva esposizione.
Sono qui a raccontarvelo, con un briciolo di amarezza ma è così.
Anche i grandi sbagliano.

Ho visto "Millennium - Uomini che odiano le donne" e senza dubbio è il suo peggior film.
Non è un caso che venga solo un anno dopo "The Social Network" per il discorso che facevo prima.

Si tratta di un remake, ma in realtà è esattamente la riproposizione del film svedese di qualche tempo fa.
Primo dubbio: perchè rifarlo a soli due anni dalla versione originale? perchè ricostruirlo senza apportare nessun cambiamento?
L'impressione è quello di un "dèja vu" fastidioso.
Battute, inquadrature.
Tutto torna.
Tutto sa di già visto.
Inoltre ho l'impressione che il film del 2009 abbia catturato meglio l'atmosfera svedese, il clima mentale in cui si svolge la vicenda.
Anche gli attori sembrano ricalcare senza slancio le interpretazioni del film di due anni fa.
Non basta qualche scena davvero sconvolgente per sollevare le sorti del film.
Sembra che Fincher abbia lavorato per onor di cronaca, senza marchiare la pellicola con il suo stile, con i suoi messaggi.
In definitiva la parte migliore del film sono i 3 minuti iniziali, con il rifacimento di "Immigrant Song" dei Led Zeppelin da parte di Trent Reznor dei Nine Inch Nails, cantata splendidamente da Karen O degli Yeah Yeah Yeahs.
Per il resto nebbia, e pure molto fitta.
E la neve del nord della Svezia, che cade implacabile sulle polveri bagnate del mio regista preferito.

Meglio la pioggia, dico io.
Quella che in Seven cadeva copiosa ad ogni angolo della città.
Quella che faceva dire a Morgan Freeman una delle migliori frasi che abbia mai sentito dire in un film.
"Hemingway una volta ha scritto che il mondo è un bel posto e vale la pena lottare per esso. Condivido la seconda parte".

Consiglio spassionato: Prendersi almeno due anni di pausa da Hollywood.
Ricaricare le batterie e tornare più feroci di prima, please.
Qui sotto il link della colonna sonora.
Da ascoltare...

martedì 31 gennaio 2012

Quando la televisione è pura poesia

Splendido programma su Rete 4.
"Quarto potere", conduce Salvo Sottile
Lo trovo per caso gironzolando sui canali generalisti e la prima cosa che noto è che Sottile ha fatto più di un corso di dizione visto che l'ultima volta che l'ho sentito parlava con accento siciliano da far invidia allo stereotipo "coppola e lupara".
Adesso è il nuovo Vespa.
"Contento lui...", penso.
Si parla della nave affondata e c'era da aspettarselo.
Cerco con lo sguardo il plastico del disastro e mi stupisco di non trovarlo.

C'è Meluzzi che critica il programma dicendo che si sta parlando solo sulla base di stereotipi tipo "cherchez la femme" e "il comandante era ubriaco".

Penso che un po' c'azzecchi, ma Sottile lo zittisce dicendo che è lui stesso il primo a sguazzarci.
Insomma: "Sei qui pagato da noi, non permetterti di sputare nel piatto in cui stai mangiando. Stai zitto e spara le solite ovvietà di cui sei maestro, intesi?"
Mi stupisco dell'aggressività del conduttore, ma lui in fondo difende il suo territorio.
Ha impiegato anni e anni per avere un suo show e adesso nessuno gli deve rompere i coglioni mettendone in dubbio l'efficacia e la linea editoriale.
Figurarsi se un povero vecchio psichiatra del cazzo può sognarsi di alzare una critica.
Ma il meglio deve ancora arrivare.
C'è una coppia di naufraghi seduta comodamente in poltrona.
Sono continuamente interrogati e loro aggiungono particolari, raccontano.
Fanno i protagonisti, si vede lontano un miglio.
Non so sulla base di cosa siano stati scelti tra migliaia di naufraghi ma loro sono lì e tanto basta.
Domanda di Sottile: "Su internet si è ipotizzato che voi non sareste dei veri naufraghi della Concordia. Cosa rispondete a queste illazioni?"
La signorina risponde buttando gli occhi al cielo, scocciata.
"Cosa rispondo? Semplice, si tratta di persone in cerca dei soliti cinque minuti di notorietà"
Sottile annuisce e passa alla prossima domanda.
Strabuzzo gli occhi.
Il programma è già al suo punto più basso.
La pagliuzza nell'occhio altrui viene notata e sottolineata.
La trave nel proprio, ovviamente passa inosservata.
Non importa, nessuno si azzarda a dire nulla, Meluzzi ha già avuto la sua dose di improperi.
Un attimo solo.
C'è la pubblicità.
Torniamo tra poco, non andate via.

domenica 22 gennaio 2012

Piccole eccezioni senza senso




Ormai è un bel po' che non vado al cinema con mia moglie.
Il nostro piccolo "mostro" di 19 mesi va a letto alle 20.30 e quando chiude gli occhi c'è solo voglia di buttarsi sul divano senza l'impiccio di chiamare una baby sitter e vestirsi per andare a vedere un film qualunque.
Quindi ci si butta sulla televisione, cazzo vuoi farci.

Gira che ti rigira i canali su cui sbatti la testa sono sempre quelli, così ho iniziato a cercare se c'è qualche canale e qualche programma che stupidamente ho ignorato.
Vado su History Channel.
"Affari di famiglia"
Che titolo del cazzo, penso.
Si parla di un moderno negozio di Las Vegas (gestito da una famiglia di pseudo pazzi) che compra da chiunque oggetti che possono avere un valore commerciale.
C'è gente che vuole vendere un sedile ejettabile di un jet degli anni '60, chi arriva con sciabole della guerra d'indipendenza, chi propone una macchina portatile per fare l'elettro shock degli anni '50.
Tutti vogliono vendere e spesso il negozio compra a 10 per poi scoprire che l'oggetto può essere rivenduto a 25.

I proprietari sono dei mattatori e l'hanno sempre vinta.
Arrivano personaggi che devono sposarsi e hanno bisogno di soldi, altri che devono fare un viaggio e devono incamerare qualcosa. Altri ancora che sono stufi di vedere una vecchia pompa di benzina in garage e decidono di vendere quel ferrovecchio ripieno di escrementi di topi per qualche centinaia di euro, salvo poi scoprire che restaurata può essere venduta a migliaia di dollari come prezioso oggetto di arredamento.

Insomma, a questi stronzi del negozio (simpaticissimi per la verità) va sempre di lusso.
Quando non sono sicuri della valutazione chiamano un esperto che li ragguaglia ed eventualmente li mette in guardia sul valore effettivo dell'oggetto.
Così non sbagliano mai.

Vedo decine di puntate, davvero divertenti.
Ma tutti gli oggetti sono comprati facendo grossi affari sulle spalle di persone prevalentemente bisognose.
Poi arriva la puntata di ieri.
Un tizio si presenta in negozio per vendere un vecchio gilet indiano per neonati.
Il proprietario analizza il manufatto e vede che le cuciture sono fatte di budello.
È originale.
Lo compra a 1300 dollari, senza chiedere aiuto al solito esperto.
Lo chiama solo il giorno seguente e questi gli dice che le cuciture sono di cotone e non di budello.
È un falso invecchiato ad arte.
Non vale nulla.
E io, per la prima volta da quando guardo il programma, godo.

Succede così poco nella vita di vedere i più forti che soffrono che bisogna godere anche di queste inezie, di questi particolari insignificanti.
D'altronde mi sembra che i taxisti paghino la manovra, mentre i notai non fanno una piega e continuano a navigare nelle banconote come ormai fa solo Paperon de Paperoni.
Per il momento accontentiamoci di piccole eccezioni senza senso.
A Las Vegas.
In televisione.
Seduti comodamente sul divano.



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domenica 15 gennaio 2012

Anni e anni di musica indie. Mediocre.




Ho comprato un disco tributo a quello che considero uno dei più straordinari gruppi musicali degli ultimi trent'anni: Santo Niente
I gruppi che si cimentano con il materiale ad alta gradazione emozionale sono parecchi e tutti poco conosciuti ai più.
Ascolto con curiosità il disco tre-quattro volte.
Conosco le canzoni a memoria e apprezzo lo sforzo.
Ma questo disco lo considero davvero sintomatico e altamente simbolico delle condizioni dell'indie italiano degli ultimi dieci anni.
Mediocre.

Ci sono gruppi che si sforzano di rielaborare il pezzo in funzione della propria attitudine, riarrangiano e ci mettono le proprie energie migliori.
Ci sono gruppi che decidono di risuonare il pezzo pari-pari all'originale, magari arricchendolo di uno stacchetto qua e di un effetto di chitarra là.
Ci sono gruppi che decidono di stravolgere completamente il pezzo che non assomiglia più a niente, barattando l'identità di un qualcosa con la propria voglia di staccarsi radicalmente dalle radici del pezzo.
In ogni caso il risultato è mediocre, incredibilmente mediocre.
Nessuno riesce davvero a lasciare il segno, anzi qualcuno massacra pezzi memorabili traducendo il testo in italiano e cantandolo in un improbabile inglese infischiandosene completamente della centralità dei testi nel progetto di Umberto Palazzo.
In quasi tutti i casi a mancare è la personalità, l'interpretazione vocale è assente o caricaturale, asettica o completamente fuori fuoco.
L'unico gruppo che fa ampiamente il suo dovere è Giorgio Canali con i suoi Rosso Fuoco e questo non fa che confermare e aumentare l'amarezza.
I "ggggiovani" non ci sono proprio.
Zoppicano paurosamente.
E ovviamente tutti i gruppi suonano da dio, probabilmente con mezzi tecnici superiori rispetto allo stesso Santo Niente, ma non è questo certamente il punto.

La situazione dell'indie in Italia collima perfettamente con la condizione di questo disco.
Sono dieci anni che non c'è un gruppo che rompa le palle davvero, che abbia un'urgenza comunicativa, un talento "operaio", un'anima creativa e distruttiva che catturi le energie rock della penisola.
Ci aggrappiamo a musicisti ultraquarantenni e agli ultimi veri gruppi devastanti degli agli anni '90 ma anche loro prima o poi dovranno cedere al manierismo (qualcuno lo ha già fatto) o al peso degli anni.
Se si pensa che si considera giovane un gruppo come i Verdena mi viene veramente da ridere, pensando che hanno superato i trenta da un pezzo e che il loro prossimo album sarà il sesto (non il secondo... ragazzi.... non il secondo....)

Aggiungo un ulteriore tassello a queste considerazioni.
Non sento un ottimo testo da dieci anni da parte di un gruppo esordiente.
Ne ho sentiti di discreti, di "carini".
E ne ho sentiti a centinaia di schifosi, imbarazzanti.
Molti si nascondono dietro il solito inglese ma basta poco per svelare il trucco.
Se li leggi sul libretto e li traduci ti rendi conto che fanno pena.
Così qualcuno ha smesso di metterli nel booklet per evitare il confronto oppure ha deciso improvvisamente che fare musica strumentale era la cosa migliore e su quest'ultimo punto concordo pienamente.
Se non sai che cazzo dire è meglio che stai zitto.

Sotto i trent'anni adesso come adesso non salvo nessuno e sinceramente mi sono anche rotto le palle di dare fiducia a quello o a quell'altro mettendo sul banco i miei euro.
L'ultimo fenomeno sul quale ho creduto veramente sono state Le Luci della Centrale Elettrica, ma è durato lo spazio di un disco.
Ora ripunto tutto su I Cani.
Ma so già che con il prossimo disco sarà un'altra delusione.
Così rimetto sul lettore "Hai paura del buio?" degli Afterhours e mi metto comodo.
Di tempo ne ho a bizzeffe.


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