mercoledì 18 luglio 2012

Ciclisti. Il bello dell'estate.




Li vedi spuntare improvvisamente.
Dietro la curva, magari.
Sono lì, rigorosamente uno accanto all'altro in gruppetti da 4-5 unità.
Tutte le volte rischiano la pelle ma a loro non gliene frega un cazzo.
Vogliono pedalare ma vogliono anche scambiare quattro chiacchiere per commentare tutti insieme l'ultima prodezza di Milito o le tette della barista del bar dove si sono fermati poco prima per riempire le borracce.
Tu - coglione di un automobilista - fai di tutto per non togliere la vita al ciclista più interno alla corsia di marcia e magari ti scappa pure un colpo di clacson per avvertirli di stare in fila indiana.
Loro niente.

Nella migliore delle ipotesi non ti guardano neanche.
Nella peggiore ti mandano al diavolo come se la strada fosse loro, anche se si ritrovano a marciare a 10 km/h a un metro e mezzo dalla linea di mezzeria.
Ma questo è un dettaglio insignificante.

Li sorpassi e sembra finita.
Non è così, purtroppo.
Subito dopo arriva un semaforo.
Li vedi nello specchietto retrovisore.
Come se seguissero un codice non scritto si dispongono in fila uno dietro l'altro.
Arrivano con nonchalance all'inizio della coda e passano senza titubanze.
Giusto un'occhiatina veloce a destra e a sinistra.
Sottostare alle più elementari regole della strada non è affar loro, giustamente.
Il semaforo è munito di telecamera per pizzicare gli automobilisti?
Chisseneincula.
"Mica c'ho la targa io..."

Subito dopo il semaforo si ridispongono nella formazione a freccia (come gli stormi di uccelli migratori) e la menata ricomincia.
Di nuovo un sorpasso, di nuovo una strombazzata di clacson per avvertirli di stare in fila.
Ok, sembra fatta.
Non li ho più tra i coglioni.

Tre minuti dopo ti ritrovi in prossimità di un passaggio pedonale.
Vedi che alla tua sinistra c'è un cinquantenne a cavallo di una graziella.
Vuole passare lui.
Fa la mossa, ma capisce subito che se ci tenta sul serio lo stiro che è un piacere.
Alza la mano e mi manda a quel paese indicando che si trova sul passaggio pedonale e che quindi la precedenza è sua.
Non ho tempo di fermarmi ma lo farei volentieri.
"Sai come si chiama quello? passaggio pedonale! se si chiamasse passaggio ciclistico avresti la precedenza ma così puoi incazzarti quanto e come vuoi... Vuoi avere la precedenza? scendi dal tuo trabiccolo e spingilo. In quel caso avrai diritto alla precedenza, capito caro il mio bel ciclista dalle palle vuote?"
E poi le merdacce sono gli automobilisti...
Mah...


- Postato con Blogpress da iPad

2 commenti:

  1. Io sono una ciclista, ma non hai idea di quanto mi fanno girare le palle tutti quei comportamenti appena citati da te. Sono ciclisti di quel tipo che mettono l'automobilista nella condizione d'essere prevenuto nei confronti di tutte le due ruote. E' roba da matti! Io, da ciclista, quando vedo quella gente li mando al diavolo, sia quando guido che quando vado in bici.

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  2. il problema dell'italia è "la consuetudine".... ossia una cosa che si ripete nel tempo con regolarità senza che venga sanzionata sia socialmente che penalmente.... quella più diffusa nel bel paese è fregarsene del prossimo...
    avete in mente le volte che si rischiano maxi tamponamenti a causa di gruppi di novelli pantani piantati a 5 km/h dietro i tornanti di montagna in formazione "mandria di gnù"? e avete notato in città quanti sono i decatleti che usano le piste ciclabili tanto richieste... e prontamente snobbate una volta realizzate con la pecunia pubblica???
    non è questione di avercela "a tavolino" è questione di non essere presi in giro....

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