domenica 26 dicembre 2010

"La gente ormai va solo in discesa..."




È questo quello che ho pensato ieri mattina quando percorrevo in macchina il nuovo tratto della Ss 42 che porta da Brescia in Valle Camonica.
Tutte le macchine in coda a 50 km/h, costanti come una maledizione che grava sul capo di un derelitto.
Poi si apre un tratto di rettilineo in discesa e uno pensa: "cazzo, adesso sorpasso questi handicappati del volante..".
E invece niente da fare.
Tutti accelerano e si portano ad una velocità tale da rendere impossibile qualsiasi sorpasso in totale sicurezza.
Si torna a una velocità di crociera normale? Niente da fare, appena terminato il tratto in discesa tutto ritorna come prima, al passo delle nonne.
Incredibile.
Un branco di pecore, ecco quello che sembriamo.

Mi viene in mente un barbiere.
Mentre mi taglia i capelli mi dice che lui non ha mai fretta in macchina.
Va in giro a 70 sulle statali e a 30 nei centri abitati.
Si guarda in giro, dice.
Quando è in autostrada sta sulla terza corsia a 90 e dice che gli autotreni lo sorpassano suonandogli e maledicendolo.
Lui se ne frega.
Quando gli pare esce dall'autostrada a un casello qualsiasi e si ferma in un bar a bere un caffè per guardarsi in torno, vedere dove si trova.
Non ha mai fretta, dice.

Quel barbiere ha il negozio a qualche centinaia di metri da dove vive.
A mezzogiorno va a casa a mangiare.
Poi ritorna a tagliare i capelli.
Così da 30 anni, forse più.
Ha un tremila turbo-diesel e usa la macchina 4-5 volte l'anno.
Cambia la macchina ogni 2 anni perché così non diventa troppo vecchia.
Io faccio 30.000 km all'anno, in media quasi 10 ore a settimana di automobile.
Ha ragione lui, sono un coglione.
La prossima volta che vedo una discesa rallento.
Dopotutto, che cazzo me ne frega.

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venerdì 17 dicembre 2010

Roma e l'inverno dentro di noi




Roma è fredda come non ho mai sentito.
Una città magnifica e misteriosa, forse l'ultimo museo a cielo aperto del mondo.
Sono qui per motivi di lavoro, ma la lontananza da casa un po' mi pesa, non fosse altro che le abitudini sono dure a morire.
Questo blog mi aiuta a sentirmi a casa, ma il freddo ristagna fuori da questo superalbergo che ti chiede 5,5 euro per un collegamento wi-fi per un'ora...

Non sopporterei mai di viaggiare per lavoro con una certa frequenza, la mia natura di animale da provincia, in queste circostanze, si manifesta con tutto il suo vigore.

Eppure penso che se fossi nato e vissuto in una grande metropoli qualcosa avrei combinato.
Le persone nascono in provincia ma se combinano qualcosa chissà come mai lo combinano in città.
Le persone si spostano dalla periferia dell'impero alla città, per poi scoprire che quella stessa città non è nient'altro che la periferia di qualcos'altro.
E si ricomincia, come se nulla fosse successo.
Alla ricerca di un'altra grande città nella quale cercare di ottenere qualche cosa nella vita.
Alla ricerca di qualcuno con il quale condividere un'idea, un'esperienza o semplicemente il freddo che ci avvolge.
Con la conclusione che forse non serve a nulla e che coleremo tutti a picco, che ci piaccia o no.

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sabato 11 dicembre 2010

Cacciati due dita nel cuore. E vomita...




Ieri sera ho visto un programma fantastico.
Ok, probabilmente era sull'orlo del trash, ma in quanto tale certamente interessante.
Un team di esperti si occupava di recuperare alla vita una ragazza mollata a pochi giorno dal matrimonio, con il vestito da sposa nell'armadio e il ristorante prenotato.
C'erano una sessuologa, un personal trainer, parrucchieri ed estetisti, un chirurgo plastico e perfino un love trainer (che cazzo sarà poi un love trainer dio solo lo sa).

Non si trattava di uno di quei programmi farsa tipo Forum, la ragazza era davvero disperata. Non riusciva ad entrare in camera da letto e il suo atteggiamento sfociava nel feticismo.
Conservava i capelli di lui sul cuscino, roba da matti.
Beh, gli espertoni le hanno levato tutto.
Il diario del cuore, le ciabatte che lui le aveva regalato, il primo peluche.
Lei sempre in lacrime.
E io meravigliato quanto mai.
Come si fa a identificare una storia d'amore con degli oggetti?
Come si fa a sentirsi meglio bruciandoli?
Quale essere umano minorato mentale deve uscire da una situazione materiale prima di uscire da una situazione mentale?
Infatti la tizia gettava tutti gli oggetti con disperazione, forse a testimoniare che in realtà non voleva assolutamente farlo.
Come se se si stesse parlando di un morto.
Ma lui morto non era, probabilmente era a farsi i cazzi suoi con un'altra ragazza
Forse un po' più sveglia e intelligente.
Se fossi stato uno del team dei sapientoni avrei avuto un solo consiglio per la povera sventurata piagnona.
"Cacciati due dita nel cuore. E vomita..."

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domenica 5 dicembre 2010

Moltheni. Aria e luce per i miei occhi




Intervengo fuori tempo massimo per esprimere il mio stupore per la bellezza del DVD "Ingrediente Novus" di Moltheni.
So che non frega un cazzo a nessuno ma ormai sono così poche le cose che mi stupiscono positivamente che volevo farlo presente in un tardo pomeriggio qualunque, tra una correzione di un capitolo e la rilettura di un altro.
Non fermatevi a queste righe.
Più sotto ho scritto un altro post.
Leggete anche quello.

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Qualcuno il lavoro sporco lo deve pur fare...




Ho iniziato da qualche giorno a "pulire" le pagine del mio nuovo libro.
La cosa sembra più difficile del previsto.
Ho rivisto quasi in toto il primo capitolo (e quindi l'anteprima pubblicata a suo tempo su questo blog risulta ormai decisamente inutile) mentre sto impiegando decine di ore per sistemare termini, snellire la forma, eliminare gli orpelli.

L'esigenza è quella di far scorrere di più la parola, di renderla meno pesante e più fluida. Togliere le inutili precisazioni, la pedanteria non voluta, il cavillo senza giustificazioni.

Scrivere un romanzo ovviamente non è come realizzare un disco, di questo me ne ero già accorto molto tempo fa.
Ma non mi ero reso conto di una cosa.
Quando si scrivono canzoni per un album si compone la prima e la si giudica adatta allo scopo. Poi si va avanti con la seconda e così via.
Nel frattempo però si continua a suonare anche le precedenti e queste vengono progressivamente modificate in funzione delle successive evoluzioni dell'album.
In sintesi: quando si finisce con l'ultimo pezzo tutte le canzoni sono aggiornate e in qualche modo attualizzate all'ultimo sviluppo delle cose.
Per questo si ha un prodotto che rispecchia e fotografa in quell'istante il gusto dell'artista.

Con la scrittura di un libro questo non succede.
Una volta scritto un capitolo certo va riletto, ma è impensabile arrivare al 23eimo capitolo e rileggersi tutto dall'inizio.
Questo provoca uno scollamento tra i primi capitoli e gli ultimi che sto cercando di tamponare con una revisione incisiva di quasi tutto il materiale.

Non si tratta di contenuti, ma di forma espositiva.
Ma è comunque un bel problema.
Ci vuole tempo e pazienza ed entrambi iniziano a scarseggiare.

Ho fatto il conto finale e i capitoli sono esattamente 25, distribuiti su circa 160 pagine in formato A4.
Dovrei fare il conto precise delle cartelle, ma non l'ho ancora fatto.
Ecco i nomi:

1 La stanza (parte I)
2 Il ballo dell'Est (maggio '86)
3 S.B.C. Solito Blocco Creativo
4 I mocassini del Professor Mangari
5 La scena dello scantinato
6 L'urlo di Rivetti
7 Funny Farm
8 Succhiare e farsi succhiare
9 Amore, lussuria ed eternità (parte I)
10 L'ennesima dimostrazione della pazzia dilagante di mio fratello
11 E' forse ora di cena?
12 Amore lussuria ed eternità (parte II)
13 Piccolo cuore-atomico-animale
14 Sala d'aspetto per un'inconcepibile serata d'estate
15 La stanza (parte II)
16 Eccesso di lucidità
17 La vergine di ferro
18 Incontro con il Dottor Ceretti. La sesta riga
19 Lezioni di termo-fluidica: il comportamento dei liquidi
20 L'Ira dei giusti
21 Tre dita e quattro carte ancora da scoprire
22 Nizza val bene una messa
23 Cambi d'abito, tassametri selvaggi e un avvertimento
24 La stanza (parte III)
25 Fotografia finale



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mercoledì 1 dicembre 2010

Primo dicembre: Punto di svolta




Ieri sera, dopo 19 mesi di lavoro, ho finito.
Terminato.
Fatto tutto.
Sì, il mio secondo libro è finalmente cosa fatta e l'emozione è davvero tanta.
Ho passato intere settimane a chiedermi come dovevo proseguire, che strada dovevo intraprendere, se la cosa poteva funzionare.
Se quello che stavo scrivendo era una cazzata da quattro soldi o se valeva la pena continuare.
In realtà non ho mai avuto forti dubbi.
Fortunatamente ho sempre avuto una forte convinzione nei miei mezzi, mi sono sempre sentito in grado di portare a compimento il risultato finale.
Inoltre tutte le mattine valutavo mentalmente il lavoro fatto la sera precedente e non ho mai avuto la sensazione che la direzione non fosse quella corretta.
Certo, le difficoltà ci sono state.
Blocchi psicologici che ti costringono a rivedere alcune convinzioni.
Momenti di sconforto per l'incapacità oggettiva di valutare gli incastri narrativi senza che nessuno mi dicesse se le cose fossero plausibili o al contrario decisamente avventate.

La parte finale è stata per me di grande soddisfazione.
Ho trovato un finale ambivalente a mio avviso davvero stimolante per il lettore.
Ho lasciato qualche porta aperta, qualche interpretazione libera.
Anche se, ovviamente, una versione reale dei fatti esiste, ed è nella mia testa.
Magari qualcuno sarà in grado di svelarla.

Ora viene il lavoro di pulitura della pagina, di correzione generale, di caccia all'errore palese o a quello di battitura.
Ci vorrà ancora molto tempo prima di avere il testo definitivo ma il lavoro titanico è compiuto.
L'unico rammarico è che tutto questo l'ho fatto da solo.
Io e basta.
Forse questa solitudine, tipica per la verità dello scrittore, sarà la vera forza di "Io mi carico di rabbia".
Lo spero davvero, in quanto - suo malgrado - ne è davvero intriso.

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sabato 27 novembre 2010

Pedrini e Renga duo delle meraviglie




Il rock in lingua italiana l'ho scoperto nel lontano 1994.
Un po' tardi, vero, ma non è che ai tempi girasse molta roba.
In paese tutti ascoltavano i Timoria, e quando dico tutti dico proprio tutti.
All'epoca ascoltavo Pink Floyd e Deep Purple e il quintetto bresciano mi colpì non poco.

"Viaggio senza vento" e "2020 Speedball" mi aprirono un mondo davvero sconosciuto a cui non mi sarei mai avvicinato.
Due grandi album, da contestualizzare nel loro periodo storico, ma indubbiamente due album che ad oggi mi sento di collocare tra i migliori album di rock italiano.
Iniziai a seguirli in tour con una costanza inimmaginabile e alla fine contai 17 concerti visti in tutto il nord Italia.
Fu organizzata addirittura una spedizione oltralpe, in Francia, dove saremmo stati una ventina o forse più.
Non riuscii ad andare a causa di un incidente stradale e quel concerto mi manca ancora oggi.

Martedì sera a X Factor me li trovo tutti e due in televisione.
Non era mai capitato, visto che certo non si erano lasciati senza polemiche.
Francesco Renga ha cantato una canzone così di merda che, pur non avendola mai ascoltata, riuscivo a intuire le parole mentalmente tanto erano banali.
Veramente un insulto alla persona e al musicista che era prima.
Definirei quella di Renga una splendida carriera da solista, da pop star per vecchiette e casalinghe (con enorme rispetto per vecchiette e casalinghe).
Caduto in un baratro dai cui non si alzerà mai più.

Ma andiamo al secondo, che forse è ancora peggio.
Omar Pedrini soffre il successo del suo ex compagno e si vede come non mai.
Ha tentato di tutto nella sua carriera solista, persino le canzonette pop dance, ma il successo non è mai arrivato.
A X Factor lo inquadrano per cinque secondi come membro della giuria di qualità e il microfono non funziona.
Fa la figura del pesce per altri 5-10 secondi e poi il conduttore rinuncia a far sentire il prezioso contributo visti i problemi tecnici.
Si passa a sentire il giudizio di altri, i tempi televisivi sono questi.
Patetica figura smagrita di un artista (?) in cerca di se stesso.

Mi viene in mente un passo della biografia dei Massimo Volume, quando Egle Sommacal dice che in seguito allo scioglimento del gruppo decise per necessità di mantenessi facendo il barista.
Magari fossero finiti così i Timoria.
Magari.
E invece me li ritrovo sempre tra le palle, a chiedermi se il passato fosse davvero tanto splendido oppure se il futuro può davvero distruggere tutto quello che è passato.
Almeno abbiate l'accortezza di non farvi vedere insieme.
L'effetto presa per il culo raddoppia.

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domenica 21 novembre 2010

"Senza Testa" e "ZiDima"


Per chi ha letto il mio primo libro magari non ci sarà bisogno di spiegazioni ma per tutti gli altri (e sono praticamente tutti) vi segnalo un frammento di testo preso da uno dei racconti di "Coni gelato per malati terminali".

Il racconto si intitola "Senza testa" e il frammento è utilizzato da uno dei migliori gruppi indie italiani (ZiDima) per realizzare uno dei loro nuovi pezzi.

Il link e il ringraziamento per la citazione sono d'obbligo...





sabato 20 novembre 2010

Le vostre ore canoniche, le vostre ore contate.




"Le invasioni barbariche" della Bignardi non è per niente male.
L'ho visto ieri sera in un break tra un antibiotico e un antidolorifico.
Si parlava di cambiamento, di mutazioni, di trasformazioni estetiche.
Ovviamente non potevano mancare Paola e Chiara che si sono autodefinite "artiste" probabilmente per il solo fatto di vestire anni '60.
Oltre alla loro prescindibile presenza c'erano due scrittori che non conoscevo (e te pareva... non conosco praticamente nessuno, maledetta ignoranza...) e un blogger con tanto di barba e occhiali.
Bella discussione.
Non ricordo quasi un cazzo di quello che si è detto ma la discussione è stata interessante, ve lo giuro.

L'unica cosa che mi è rimasta veramente in testa è stato un attacco rivolto a uno dei due scrittori che aveva lasciato il posto di dirigente aziendale per rifugiarsi in una piccola casa fuori città per scrivere libri.
Certo, un po' se l'è cercata citando Jack London e Seneca, ma è stato subdolamente tacciato di snobismo.
Quasi preso per il culo, in maniera elegante, ma sempre preso per il culo.
"Molto romantico lasciare il posto da manager per andare per mare a scriver libri..."
Mi ha colpito molto questa cosa.

Lo scrittore l'aveva descritta come una scelta di vita coraggiosa, come un modo per dedicarsi a ciò che per lui era veramente importante.
Mettersi in discussione, provare a migliorare se stesso tramite una forma d'arte, scrivere storie per abbandonare tutto ciò che gli sembrava superfluo.
Poi arriva uno e ti dice: "sì, dai... Lascia tutto e va per mare a fare il Figo, si vede che non c'ha bisogno di pagare l'affitto e l'assicurazione...".

Un po' come quando per dieci anni suoni la chitarra o la batteria, fai concerti e pubblichi dischi e poi arriva qualcuno che ti dice: "vabbè adesso basta fare l'adolescente che suona la chitarrina per farsi bello con le coetanee... C'è da comprare casa, fare carriera in ufficio e diventare adulti come tutti gli altri"

Saranno gli antibiotici e gli antidolorifici che sto prendendo, ma mi viene da vomitare.
Incasellatevi voi, pezzi di merda, ma lasciate almeno stare chi non lo vuole fare.
Morite voi di questa vita di merda.
Qualcuno ha altri programmi.
E sul fatto che siano migliori non ci sono dubbi.


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sabato 13 novembre 2010

Dove sono le Luci della Centrale Elettrica?




A volte le delusioni arrivano quando meno te le aspetti.
Attendi un disco da un anno o forse più e poi finalmente arriva.
Hai una stima per lo più illimitata nelle capacità dell'artista, nella sua intelligenza.
Poi ascolti il disco e ti cade il mondo addosso.
Non mi "raccapezzolo" più, davvero.
Sarà una cosa da coglioni ma io le delusioni le vivo anche così, con amarezza.
Che poi un'altra persona potrebbe obiettare che queste non possono essere considerate delusioni, che un disco è una cazzata che non conta nulla.
Va bene, sono d'accordo, ma io -che ci volete fare- me la vivo così.

Il nuovo disco de Le Luci della Centrale Elettrica non esiste.
Praticamente non è stato pubblicato.
È identico al precedente in maniera immorale, indecente.
Una specie di insulto all'intelligenza dell'ascoltatore.
Si tratta di una specie di lato B del precedente (e bellissimo) "canzoni da spiaggia deturpata".
Stesse atmosfere, stessi arrangiamenti, stesso approccio musicale.
Addirittura le parole si sovrappongono in maniera imbarazzante a quelle del precedente lavoro.
Riconosco addirittura le stesse parole, qua e là sparse tra le canzoni.
Il precedente disco era originale, a tratti rivoluzionario.
Questo di conseguenza è stantio, vecchio, già sentito 100 volte dopo il primo ascolto.
Senza nulla da scoprire.

Viene da pensare che Vasco Brondi sia un musicista sopravvalutato.
Che ci siamo tutti sbagliati.
Che non vale un cazzo.
Che altri, al suo posto, avrebbero sfruttato il grosso successo del precedente disco per alzare lo sguardo, guardare oltre, osare per confermarsi.
A mio avviso bastava poco, magari anche solo un cazzo di batteria, mica chissà quale orpello o pozione magica.
Oppure cercare di non battere ancora lo stesso tasto con i testi che, francamente, adesso hanno davvero rotto i coglioni.
Avevamo capito tutto con il precedente disco, Vasco.
Non avevamo bisogno di lezioni di riparazione, era già tutto abbastanza chiaro.
Mi vengono in mente artisti che hanno avuto il coraggio di cambiare per non risultare macchiette.
Magari all'inizio ci hanno rimesso, ma nel medio periodo è stata la loro fortuna.
Mi viene in mente, per esempio, "Non è per sempre" degli Afterhours oppure "Uno" dei Marlene Kuntz.
Roba diversa, probabilmente.
Arrivederci Vasco, se riuscirai mai a capire il tuo errore madornale ci rivedremo.
Altrimenti ti incasellerò mestamente tra le delusioni cocenti del mio armadio musicale.

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martedì 9 novembre 2010

L'interpretazione dei sogni




Titolo del post un po' paraculo.
Serve ad acchiappare qualche contatto da Google, quindi se siete capitati qui per questo strano meccanismo potete tranquillamente continuare a leggere pur sapendo che non si centrerà in pieno l'argomento.
Poi non dite che non siete stati avvisati.

Preambolo doveroso:
Mi sveglio più volte a notte per mettere il ciucio a mia figlia che ormai ha superato i 5 mesi.
A volte mi alzo in continuazione, se va male anche sei-sette volte a notte.
Sollevo le mie chiappe e subisco un'ondata di gelo terrificante, senza mezzi termini.
Non dormo con il pigiama e purtroppo pago questa abitudine temporanea.
Inforco le ciabatte, posizionate con cura in modo da poterle trovare agevolmente e mi avvio verso il Generale Inverno della stanza attigua.
Infilo il feticcio nella bocca di mia figlia e via, si ritorna a letto con la speranza che sia davvero l'ultima volta.

Sono amante dei sogni, mi piacciono moltissimo.
Intendo quelli a occhi chiusi.
Invece a quelli a occhi aperti non credo minimamente.
L'altra notte ho sognato di entrare in uno splendido pub inglese, pieno di divanetti di velluto scuro. Fuori i rigori dell'inverno, la neve.
Le temperature sotto zero.
Mi accomodo, la musica è soffusa ma efficace.
Ho sete, di quella sete alcolica a cui è difficile dire di no.
Guardo fuori dalla finestra e vedo un tavolo imbandito di cocktail caraibici con frutta fresca, pronti da gustare.
Devo solo alzarmi, abbandonare il mio tepore e gettarmi nella mischia del freddo per raccogliere quanto desiderato.
Lo faccio.
Poi torno all'interno e mi gusto con soddisfazione la meritata ricompensa.
Che sogno splendido, che meraviglioso momento di relax...
Poi sento un fastidioso rumore, una specie di sirena provenire dall'interno del pub.
Mi chiedo cosa stia succedendo ma è un attimo, giusto qualche secondo.
Devo alzarmi.
Francesca è di nuovo sveglia e ha bisogno di me per riprendere sonno.
Penso che non sia necessario richiedere a Freud il significato di questo sogno.
Penso che inserirò senza dubbio un sogno all'interno di "Io mi carico di rabbia"
Un sogno irreale e maturo.
Apocalittico e malinconico.
Affare fatto.

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martedì 2 novembre 2010

Facebook, privacy e pannolini. Il disastro è servito


Esce il nuovo film di Fincher e per me è sempre un piccolo evento.
Ho amato alla follia Se7en, Fight Club, The Game, Zodiac e non solo.
Questa volta però, se non fosse stata per la stima sconfinata che ho per questo regista, sarei rimasto davvero dubbioso.

"The social network" non mi attira per nulla e andrò a vederlo prevenuto.
Non capisco come possa uscire una storia interessante dalla vita di un nerd americano amante di computer, ma a quanto pare sembra che il film valga davvero, al di là delle premesse a mio avviso non proprio brillanti.
Vi saprò dire.

Non capisco come facebook possa ispirare un regista di tale livello ma, a dire il vero, non capisco neppure come facebook possa essere arrivato a questo livello di popolarità.

Conosco gente che straccia gli scontrini della spesa in mille pezzetti, evita di lasciare tracce interpretabili nella spazzatura occultando le cose più sconvenienti per poi sputtanarsi sul proprio profilo senza mezzi termini di fronte a conoscenti, amici e a perfetti sconosciuti.
La privacy sul faccia-libro è schiacciata e umiliata.
La polizia può entrare in tutti i profili grazie al consenso del colosso americano (che se n'è ben guardato dall'informare gli utenti) e tutte le informazioni sono vendute a inserzionisti e multinazionali.
Gusti sessuali, pareri politici, preferenze alimentari...
Tutto viene condiviso.

Non pensiate che i vostri datori di lavoro non siano mai andati a fare delle ricerche sul vostro nominativo, pura utopia.
Curriculum mandato? State certi che un giro sulla rete e su facebook si fa senza problemi, tenendo presente che sbloccare la visibilità di un profilo non è per niente un problema.
In edicola ho visto persino un giornale che giurava di spiegare come fare a recuperare user e password smarriti...

Poi c'è chi proprio non capisce proprio un cazzo.
Qualcuno che lavora in un asilo nido come maestra e riempie il suo profilo di foto dove viene immortalata con bicchieri di coca-whiskey, con boccali di birra da un litro e con espressioni inequivocabili di serate ad alto tasso di divertimento alcolico.
Magari sarà la migliore maestra del mondo, ma io a una così mia figlia non gliela lascerò mai.
Non tanto perché penso che abbia dei comportamenti sconvenienti.
Non sono così bacchettone da pensarlo.
Ma quanto perché penso che non abbia cervello sufficiente per accorgersi di ciò che sta combinando con la sua privacy.
Meglio una maestra con poca esperienza che una maestra con poca materia grigia, diamine.

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martedì 26 ottobre 2010

Voglio essere un uomo parziale. Me lo merito




Stamattina mi sono sottoposto a un test di personalità per motivi di lavoro.
200 domande piuttosto articolate e ficcanti a cui dovevo semplicemente rispondere tendenzialmente si, tendenzialmente no... Oppure "non so, non ne ho idea".

Non ho capito un cazzo di quello che il test presumibilmente tentava di procurarsi.
Probabilmente aveva l'obiettivo di estorcermi con l'inganno informazioni riservate tentando di mettermi in contraddizione.
Quel test non era però al corrente che spesso mi contraddico senza volerlo, quindi non so proprio come possa riuscire a realizzare un profilo veritiero della mia persona, fosse anche solo dal punto di vista lavorativo.
Ma non è questo il discorso.
Facendo il test mi sono reso conto di una cosa.
Sono un uomo parziale.
Ebbene sì, ho una visione parziale delle cose, tremendamente parziale.
Ragiono a compartimenti stagni, sono influenzato solo da alcuni aspetti e non da altri, sviluppo concetti legati esclusivamente al mio modo di vedere le cose.
Tremendamente limitativo, direte voi.
Avete ragione.

Il problema è che il discorso non sta proprio in questi termini.
Sono anni che tutte le volte che cambio canale e mi ritrovo su un reality sento la fatidica frase "io sono me stesso, sono così... Non ci posso fare niente"
Com'è possibile, dico io?
Possibile che non ci si renda conto che il comportamento di una persona non è mai completamente privo di influenze esterne?

E di conseguenza:
Le influenze esterne creano parzialità nei ragionamenti e nei comportamenti.
La parzialità è un vantaggio, una necessità.
Petrolio grezzo da cui trarre energia al quale certamente sarebbe ottuso rinunciare.

Diffidate dai tuttologi, state alla larga da chi vi dice "sono fatto così"
Ascoltate gli uomini di parte e decidete il da farsi inquadrandoli per quello che sono.
Solo una volgare parte dell'insieme, certo.
Ma forse l'unica disponibile a parlarvi senza alcun secondo fine.


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domenica 24 ottobre 2010

Verso la fine. Propagare germi.

Ho quasi la sensazione di vedere la fine.
Sì, insomma... una specie di traguardo.
Ho finito due giorni fa un capitolo determinante e ho finalmente tra le mani tutte e quattro le fotografie (in realtà, ovviamente si tratta di disegni) scattate dal protagonista che verranno inserite tra le pagine del libro a corredo dello stesso.

Ho avuto anche notizia che il mio precedente libro ("Coni gelato per malati terminali") è esaurito presso la casa editrice e questo mi fa piacere.
Ai tempi non avevamo stampato molte copie, ma il fatto di averle vendute tutte mi rende comunque in qualche modo orgoglioso.
L'ho riletto qualche mese fa e ne sono rimasto piacevolmente sorpreso.
Ci sono i difetti tipici di un'opera prima, il linguaggio è troppo scarno e destrutturato, i racconti a tratti sono un pelo troppo nichilisti ma le idee non sono proprio da buttare.

Ovviamente con "Io mi carico di rabbia" ho alzato di parecchio l'asticella ma questo sta nelle regole del gioco.
Il mio.

Dicevamo: terminato un capitolo importante.
Ho già preso la decisione della necessità di dover scrivere soltanto altri due capitoli.
L'ultimo ce l'ho più o meno in mente.
Ieri, mentre fumavo un per niente appagante Punch Royal Selection n.12 scoprendo definitivamente che non è l'havana che fa al caso mio, ho avuto anche un'idea su un piccolo colpo di scena da inserire proprio al termine della narrazione.
Quando mi è venuto in mente ho subito capito che poteva (e doveva) funzionare.
Non dico che sia in grado di ribaltare completamente il quadro delle cose e degli eventi (non ho mica scritto un thriller, cazzo...) ma un po' di sorpresa sicuramente viene inoculata nelle vene del lettore e per me questo è già un ottimo traguardo.

Un piccolo germe, niente di drammatico... state tranquilli.
A me basta poco per essere contento.
Instillare un po' di dubbi qua e là...
Iniettare temporaneamente qualche tossina narrativa...
Attentare per qualche secondo all'immaginario di qualche lettore futuro...

Ah che meravigliosa vita quella dello scrittore fallito...
Se non fosse che in questi giorni dovrò necessarimante rileggere tutto a caccia della solita inconguenza, della solita svista, del solito errore di battitura potrei dirmi quasi soddisfatto...
Stateve accuorti...

sabato 16 ottobre 2010

Cattive abitudini


Trasmissione su Canale 5, probabilmente Verissimo.
Come ospiti ci sono due bambini che cantano nel programma di Scotti.
La conduttrice dà la parola ad una bambina di 8-10 anni al massimo.
La piccola ammicca, accavalla le gambe, si mette in posa sfoggiando gli stivali e i lunghi capelli.
Un piccolo mostro: una bambina che dovrebbe stare in camera a giocare oppure al parco sull'altalena tenta di impersonare una piccola soubrette e sorride alla telecamera in maniera artificiosa.
Da voltastomaco.
Prenderei la madre e le tatuerei sul busto "A volte le cose che possiedi ti posseggono".
Così, tanto per citare "Uomini che odiano le donne".
Poi forse le direi: "Sei una persona finita. Salva almeno tua figlia."

La puntata prosegue e la parola viene data a un maschietto più o meno della stessa età della fanciulla di cui sopra.
Accanto a lui siedono 5 giovanotti minorenni facenti parte del gruppo musicale farsa di nome "Gimme five".
In pratica cinque stronzetti manovrati che tentano di ripetere l'esperienza dei "Back Street Boys" o - per fare un paragone con l'italico suolo - dei "Ragazzi Italiani"

Il piccolo dichiara incondizionatamente il suo amore per quel gruppo.
"Mi piacerebbe farne parte, quando sarò più grande"
"Per il momento mi accontento di cantare da Gerry Scotti..."
"Meglio diventare un serial killer", penso io.

Dopo 10 anni è uscito ieri il nuovo disco dei Massimo Volume dal titolo "Cattive abitudini".
Devo ancora ascoltarlo completamente.
Da quel poco che ho ascoltato è quanto di meglio un essere umano pensante possa partorire in ambito indie rock nell'anno 2010.
Costa poco e vale molto.
Compratelo per l'amor di dio.

A un certo punto, nel primo singolo intitolato "Fausto", Emidio Clementi dice:
"Ho visto le menti migliori della mia generazione mendicare una presenza nel varietà del sabato sera. Il loro aspetto trasgressivo, il loro pallore, si sposava alla perfezione con l'argomento della puntata".

Non ho altro da aggiungere, vostro onore.
E' tutto.

venerdì 8 ottobre 2010

Trova le differenze. Rabbia 1 contro Rabbia 2

Strada a due corsie.
Neanche una tangenziale, una semplice strada a due corsie.

Nello specchietto retrovisore, centinaia di metri dietro di me, vedo una macchina scura che sfanala in maniera ossessiva, viaggiando a tutta velocità.

Mi scanso giusto in tempo per farla passare.

Il tizio mi supera ma poco più avanti ne trova un altro come me, macchina verde.

Stesso trattamento anche per lui: fari insistenti e ripetuti.
Il nuovo "ostacolo" però non si scansa.

Ci mette più del dovuto (secondo il nostro amico "frettoloso") e quando cambia corsia si permette di fare un gesto di stizza con la mano.
Qui iniziano i casini.

La macchina scura rallenta improvvisamente e si affianca a quella che intendeva superarare che nel frattempo mi sta davanti.
La velocità scende bruscamente, andiamo tutti e tre a 30-40 km/h.
Entrambe le corsie sono bloccate e non riesco a uscire da questa situazione.

Davanti a me un tizio probabilmente si sta cacando sotto, mentre dall'altra parte c'è un'altra macchina che con sterzate brusche e repentine cerca di buttarlo fuori strada.

"Mi sono messo in una situazione di merda", penso.
La situazione si protrae per un paio di minuti e intanto dietro di me si è formata una coda.
Nessuno riesce a fare niente ma tutti si accorgono di quello che sta succedendo.
C'è aria di vendetta in giro, di pazzi furiosi.

Arriva un'uscita, sulla destra.
La macchina verde non mette la freccia ed esce.
Presumo voglia scappare.
La macchina scura inchioda, rientra di corsia e mi si mette davanti.
Freno di brutto.

La macchina nera non ha nessuna intenzione di perdersi l'uscita in questione.
Non ha nessuna intenzione di perdersi la preda che sta puntando da qualche minuto.

Addirittura sale sul cordolo stradale della deviazione probabilmente causando qualche danno alla macchina.
Non gli frega un cazzo.
Deve seguire quella macchina, costi quello che costi.
E' accecato dalla rabbia, mi sembra quasi di vederlo in volto.

Nel giro di qualche secondo tutto torna alla normalità.
I due se ne sono andati.
Non saprò mai come è andata a finire ma presumo non benissimo per il conducente della macchina verde.

Il traffico ritorna normale, tutti quanti ritornano alle consuete velocità.
Mi avvio verso casa un po' scosso per quanto visto.
E' questa l'espressione di rabbia di cui vado a parlare qualche volta in questo blog?
Qualcuno potrebbe confondere "quella rabbia" con "questa rabbia", figlia della necessità di reagire alle piccole frustrazione della vita quotidiana che in qualche modo vado a predicare su queste pagine virtuali?
Sono parenti stretti?
Si conoscono?
Non hanno davvero niente da spartire?
Il personaggio del mio libro ha una certa affinità con chi agisce in modo violento?
Pensare in modo violento corrisponde ad agire in modo violento?
Essere antimilitaristi e pacifisti è incompatibile con il possedere un'arma?
Troppi punti di domanda, per i miei gusti...

domenica 3 ottobre 2010

Reazionariato Culturale


Sono un felice possessore di iPad.
Lo uso per fare di tutto: navigare, leggere la posta, riviste e quotidiani.
Scrivo anche i pattern di batteria con un applicazione specifica, utile per il progetto "reading" di cui vi parlavo qualche tempo fa e di cui vi aggiornerò tra un po' di tempo.
Poi ovviamente ci gioco, guardo le previsioni del tempo, scrivo il mio libro nei momenti liberi quando sono lontano dal Pc.
L'unica cosa che non riesco a fare è aggiornare questo blog (per colpa del template di blogspot... mortacci a voi di Google!).
Ma c'è una cosa incredibile per cui l'iPad è imbattibile.
Leggere i libri.

Fantastico.
E' un'esperienza grandiosa, molto distante da quella che tutti noi abbiamo fatto con lo schermo del Pc.
Niente mal di occhi, niente mal di testa.
Ti sembra di girare veramente le pagine di un libro.
Te lo porti a letto, regoli la luminosità come vuoi, metti il segnalibro quando serve... addirittura ingrandisci le immagini se ci sono.
Perfetto.
I libri sono scaricabili dallo Store con facilità e i prezzi sono molto concorrenziali.
Detto questo aggiungo: NON HO MAI LETTO UN LIBRO SU Ipad

"Ma allora se un coglione", direte voi...
Eh no, cazzo! Sembra impossibile ma non ci sono libri in italiano!
Il negozio virtuale negli States è fornitissimo delle ultime novità mentre in Italia quei cazzoni dei padroni delle case editrici non si sono messi d'accordo sulla torta da spartire (Apple vuole la sua parte, giustamente...) e così ci si deve accontentare della Divina Commedia e di qualche classico della letteratura (3-4, non di più...) senza copertina digitalizzata.

E' questo lo stato dell'editoria in Italia? ci rendiamo conto che non partire in questo momento con questo tipo di approccio significa non stare al passo con il resto dell'universo anche dal punto di vista culturale?

E io me li vedo già lì: la SIAE (baraccone clientelare inutile e dannoso) che mette zizzania, la Mondadori che si irrigidisce perchè non vuole cedere parte della torta, gli autori che si lamentano ma paradossalmente non possono fare niente e chissà quale altro organismo / confederazione / associazione di categoria a ficcare il naso e a bloccare il seguito degli accordi che in altri paesi sono stati praticamente istantanei.

Ho l'impressione che anche in questo caso non se ne farà nulla per molto tempo.
Inadeguatezza, insufficienza di iniziativa, stasi perenne, incapacità di cogliere le opportunità tecnologiche o semplicemente - tout court - "reazionariato culturale"?
Chiamatelo come volete, date la colpa a tizio piuttosto che a caio.
Ma se l'editoria italiana non prende questo treno, beh allora c'è veramente da preoccuparsi.
Siamo il paese della "Salerno-Reggio Calabria", non scordatevelo mai.

martedì 28 settembre 2010

Top of the shits


Qualche sabato mi imbatto nella tv generalista.
E' veramente troppo trash per poterla ignorare bellamente, mi dico.
"Sabato in famiglia" su Rai 2 è già un cult-show, lo scorso anno condotto da Timperi e quest'anno da Amadeus e la Barriales (si scrive così?).
Il programma è fantastico per fauna umana ma la cosa migliore sono i giochi, a dir poco sconvolgenti.
Tipo quello del tizio bendato che deve abbattere con una palla da demolitore dei giganteschi birilli umani impossibilitati a muoversi.
Da lustrarsi gli occhi, di gran lunga sopra ogni immaginazione.
Ma il meglio deve ancora venire.

"Top of the pops", pomeriggio del secondo canale.
I conduttori sono senza neuroni e si vede palesemente.
Primo ospite: Luca Dirisio.
Avete presente Olmo, il personaggio di "Mai dire gol" interpretato da Fabio De Luigi che prendeva per il culo un certo modo di fare canzonette?
Bene, è esattamente lui.
E' il primo caso di imitazione antecedente la realtà, un caso più unico che raro.
Gli somiglia pure fisicamente, ha le stesse espressioni facciali, gli stessi movimenti.
Ovviamente la canzone rasenta la comicità, ma la cosa non mi stupisce.

Secondo ospite.
Arisa.
Compare sul palco con la sua "Ma l'amore no" e l'istinto è quello di pensare che non bisognerebbe sparare sulla Croce Rossa, che non è giusto infierire.
E invece pensandoci bene penso che sia giusto andarci pesante, magari usare il bazooka per farla uscire dalla scena.
Ma all'interno del programma è perfetta.
La ciliegina sulla torta (rigorosamente di zucchero filato)

Terzo caposaldo della musica italiana.
Marco Carta.
Canta come un idiota una canzone da imbecilli.
Mossette, melodia banale, ammiccamenti alla telecamera.
Vuole il pubblico di Ramazzotti perchè è cosciente che prima o poi andrà in pensione.
E lui vuole fare i suoi soldi, scoparsi la nuova Hunziker del prossimo decennio e diventare una vera pop star, non essere ricordato come una mezza calzetta quale è ora.
In più ha la presunzione di non volersi inventare neppure una canzone.
Basta prenderne una scritta da un altro (Ramazzotti) e cambiare "un po' qui un po' là", lasciando intatti - ovviamente - gli elementi radiofonici che gli permetterebbero di ottenere successo.
Da abbattere fisicamente, senza dubbio.
Viva la buona musica italiana.
Viva "Top of the shits"

martedì 21 settembre 2010

Horror e Candore


Ho sentito un'intervista a Costanzo, regista di "La solitudine dei numeri primi".
Dice che il suo film è un "horror dei sentimenti".
Mi piace questa frase, decisamente.
Me la sono annotata su un post-it e me la sono girata in tasca per una settimana o giù di lì, in attesa di avere il tempo materiale per questo post che, come vedete, ha tardato un po' ad arrivare.

"Horror dei sentimenti", dicevamo.
Ho letto il libro e secondo me è un buon libro.
Furbo il giusto, moderatamente interessante per certe dinamiche e la forza espressiva dei personaggi.
Parte forte e poi si calma, naviga a vista.
Poi chiude benino.
In generale è un libro che fa emergere cose interessanti, anche se mi sarebbe piaciuto un po' più di coraggio (per la miseria... solo un altro po' di coraggio cazzo!)
Il film forse lo vedrò, probabilmente lo aspetterò in tv.

"Horror dei sentimenti".
Mi stuzzica la definizione.
C'ho pensato un po' e penso che il mio libro potrebbe andare in antitesi rispetto a questa definizione.
Anzi no.
Potrebbe essere l'altra faccia della medaglia
Tipo "Il candore della depravazione"
Ecco sì, mi sta bene.
"Io mi carico di rabbia" potrebbe avere questa etichetta
Molto diversa rispetto a "Horror dei sentimenti"
Ma dopotutto così vicina...

domenica 12 settembre 2010

Scimmie della malora e tigri condannate a morire

"Ci sono tempi in cui, in mancanza di tigri, le scimmie fanno le tigri. Ma rimangono pur sempre delle scimmie..."
Fa più o meno così la frase che ho letto ieri sull'Espresso, pronunciata da Toni Servillo.
Non so perchè, ma mi è rimasta impressa per buona parte della giornata: c'ho rimuginato parecchio, direi senza sosta.
Non so a cosa si riferisce, se alla questione politica oppure al mondo del cinema.
Magari - molto più in generale - ai nostri tempi, alla realtà che ci circonda.
La leadership è un concetto che mi ha sempre affascinato ma non nel significato di uso corrente.
Penso che la leadership non si conquisti con gli atteggimenti ma, al contrario, sia un credito che i membri di una comunità (piccola o grande che sia) riconoscono a un soggetto al di fuori dei meriti acquisiti.

La leadership si compra, non si conquista.
Attenzione però: non lo dico in maniera negativa.
Il leader può anche non accorgersi che sta acquisendo questo ruolo, addirittura può risultare non interessato a quella posizione.
Ma la gente se ne infischia e glielo riconosce comunque, in ogni caso.
Come una sorta di condanna.

Al contrario i mancati leader, quelli che in realtà avrebbero tutte le carte in regola per diventarlo sulla base dei propri atteggiamenti, a volte non sono riconosciuti come tali dal gruppo.
E rimangono ai margini, relegati a un ruolo da comprimario.

Ecco, ci sono.
Forse le scimmie di cui parla Servillo sono proprio i leader "imposti", quelli eletti democraticamente.
I leoni, al contrario, sono i leader naturali, che aspirerebbero veramente a diventarlo e che spesso non vengono riconosciuti.
Forse l'unica cosa non propriamente azzeccata di quella frase è la parte iniziale, che fa riferimento alla mancanza di tigri.
In realtà le tigri ci sono, solo che non vengono riconosciute.
Tutto qua.

Ah! dimenticavo un'ultima cosa: in Congo c'è un particolare tipo di scimmia gigante che sembra si nutra di grossi predatori come leoni e tigri.
A questo punto forse la frase potrebbe essere modificata in questo modo:
"Ci sono tempi in cui le tigri non vengono riconosciute e le scimmie fanno le tigri. Ma rimangono pur sempre delle scimmie, fino a che non faranno piazza pulita delle stesse tigri"
Ecco, così è perfetta...
Meditate gente, meditate

martedì 7 settembre 2010

Scrittori emergenti, pessima categoria.

Ricevo una mail
Mi invitano ad accedere a un sito contenente un forum per "scrittori emergenti", almeno questa è la definizione.
Quando suonavo odiavo questo concetto.
Che cazzo vuol dire gruppo emergente?
Dite pure "gruppo che nessuno caga e mai cagherà..." questa è la definizione corretta, diamine.
Ma andiamo oltre, torneremo sulla questione un po' più avanti.

Vado sul sito e gironzolo un po' qua e un po' là.
Vediamo che aria tira, dico tra me e me.
Vediamo chi sono i miei colleghi, come approcciano, cosa passa loro per la testa.

Primo tentativo:
Vedo un link a un blog.
"Sul mio blog si parla del libro che sto scrivendo"
Qualcuno ha avuto la mia stessa idea, penso.
Andiamo.
Vedo la sezione personaggi del libro e ci clicco sopra, speranzoso di trovare preziose informazioni.
Più o meno il contenuto è di questo tenore:

Maklydevty: la bella principessa incastonata nel tempo passato
Krystyhjluko: il guerriero dalla spada diamantata
Madrewilpoxy: lo spirito guida capace di maneggiare gli incantesimi
Zassublimonwe: il demone dalla coda retrattile con il potere di....
Vabbè, ci siamo capiti...
Clicco sul quadratino crocettato in alto a destra e saluto il bellissimo sito.

Secondo tentativo:
C'è un messaggio sul forum dal titolo: "Ho scritto, ora cerco una pubblicazione".
Entro e trovo un post che più o meno fa così:
"Ciao! sapete segnalarmi una casa editrice non a pagamento per pubblicare il mio romanzo fantasy? la storia è un intreccio di due figure femminili che vivono una nel 2010 e una nel '600 che si scambiano esperienze spazio-temporali che si verificano grazie ad una pozione magica".
Spalanco la bocca, manco avessi avuto una visione.
Non credo ai miei occhi.
Chiudo il sito prima che i conati di vomito mi raggiungano.

Conclusione:
Ma "io mi domando e chiedo":
Ma dove cazzo vive questa gente? ma che realtà stanno toccando? quali idee malsane infestano i cervelli di questi poveri scrittori emergenti (e qui l'aggettivo emergente ce lo metto apposta)?
La loro situazione è avulsa dalla realtà che li circonda? la loro sensibilità è ancorata al Signore degli Anelli o semplicemente l'hanno (s)venduta a qualche mercatino dell'usato?
Com'è possibile bruciare tempo per cagate di questo lignaggio?
Mi rifiuto di pensare che persone dotate di intelletto possano elaborare minchiate di tale coraggio.
Ci dev'essere qualcosa sotto...
Ci dev'essere per forza.
Ah si... forse ci sono!!
Vogliono uscire dalla categoria degli "scrittori emergenti"
Ecco, dev'essere così per forza.
Magari ci riusciranno pure, ma di una cosa sono certo.
Non entraranno mai in quella vituperata, sciapa, degradante (ma spregiudicata) categoria degli scrittori in grado di scrivere un libro degno di tale nome.
Tanto vi dovevo.
A presto.

domenica 29 agosto 2010

Crocifisso in sala mensa

La gente va in ferie.
Fa le ferie.
Poi ritorna dalle ferie.

Dopo due settimane pensa a quando potrà ritornare in ferie e vive in attesa di questo.
Le ferie.
Se non parti per il mare o per la montagna tutti si chiedono perchè.
Qualcuno avanza motivazioni di natura economica, qualcun altro di natura logistica.

Nessuno prende in considerazione la possibilità che qualcuno le ferie non le voglia fare e che magari questo qualcuno preferisce stare a casa a godersi la pace tra le quattro mura.

Come avrete capito non sono un'amante delle ferie, soprattutto di quelle finalizzate alla necessità di pronunciare la fatidica frase:
"Anche quest'anno me le sono godute!".
Poco importa se per raggiungere le località ci siamo sparati in vena ore e ore di interminabili code automobilistiche, se ci siamo rotti i coglioni sotto l'ombrellone in attesa che qualcun altro abbia deciso che "il tempo per abbrustolire" era terminato.

E poco importa se, alla fine, la consuetudine delle ferie sotto l'ombrellone diventa una routinaria condanna, pesante quanto lo scandire logorroico dell'orario di lavoro.
Provate a pensarci:

h. 9.15: Colazione all'americana nell'hotel tre stelle scelto sulla pagina pubblicitaria del settimanale "Oggi". Abbuffata mattutina con il pensiero fisso in testa: "E' tutto gratis, quindi mangio fino alla morte"

h. 10.15: Si parte per la spiaggia. Quotidiano sportivo sotto il braccio, tre ore sotto il sole (in alternativa sotto l'ombrellone senza soluzione di continuità per evitare di cuocere)

h. 13.15: Pranzo al sacco (al risparmio) consistente in panini imbottiti. Unica concessione: bibita fresca acquistata al bar dei Bagni Cristina. Ustione di secondo grado dei piedi per la temperatura allucinante della sabbia.

h. 14.30: Si riprende la vita in spiaggia. Sole, mare.
Poi un po' di mare e sole.
Per finire una porzione di sole e poi un tantinello di mare.

h. 18.00: Ritorno in albergo, doccia e momento unico per riprendersi dalla botta della giornata

h. 20.00 Cena a buffet con clienti dell'albergo. Corsa a chi arriva prima a prendere il dolce. Presenza di bambini rompicoglioni all'interno della sala da pranzo capaci di tortararti le orecchie con le loro urla per tutta la durata della cena.
Caffè corretto.

h. 21.30 Uscita serale obbligatoria per compiacere il partner: 36 "vasche" del centro storico, cono da passeggio doppio gusto "Malaga-Gusto Puffo" con granella di polistirolo spacciata per spolverata di meringa.
Dopo lungo inutile peregrenare ritorno in albergo.
Se va di lusso trombata con il partner. Nella maggior parte delle volte caduta del soggetto malcapitato in stato catatonico in attesa del giorno seguente.

Altro che "Fantozzi contro tutti".
Forse a volte la realtà supera la fantasia.

venerdì 27 agosto 2010

Impalcatura postuma

Ho scaricato sul mio Ipad tutte le tavole del famigerato test di Rorschach.
C'è un'applicazione semplice semplice, dal costo irrisorio e forse non proprio legale.

Pensavo infatti che le dieci tavole fossero "segrete", tanto che per somministrare questo test è necessario (oltre che essere psicologici o psichiatri) avere esperienza nella siglature delle risposte e la massima spontaneità da parte del soggetto analizzato, che non deve averle mai viste in precedenza.
In realtà io le avevo già viste, avendo come moglie proprio una psicologa.
Nulla di male.
Però questa cosa mi ha dato un'idea interessante.

Il protagonista di "Io mi carico di rabbia" potrebbe avere una seduta di psicoanalisi proprio con questo test. Potrei scrivere un capitolo e penso proprio che si integrerebbe alla perfezione con un certo tipo di approccio che in questo momento sta prendendo il libro.

Mi spiego meglio.
Sto lavorando gradatamente alla conclusione ma per raggiungerla ho necessità di "infiltrare" qualche capitolo che sostenga le vicende narrative che chiuderanno il libro.
Una sorta di "impalcatura postuma" (che per il lettore non sarà assolutamente tale in quanto infiltrata a dovere nelle pieghe del libro) che mi permetta di far dire al lettore: "Ecco cosa c'entrava quel particolare nel 12° capitolo! si capisce adesso!"

Ho sempre amato questo modo di intendere le cose, se vogliamo molto spesso vicino a una visione cinematografica del materiale cartaceo.
Alla fine sempre di cellulosa si tratta no?
Oggi pomeriggio e stasera mi dedicherò a questo discorso.
Magari scaturisce davvero qualche cosa di interessante.
Vi farò sapere con un piccione viaggiatore...

venerdì 20 agosto 2010

Chi mi credo d'essere / non vale non lo so / c'è un fulgente immaginario da osservare...

Non ho idea di chi legga questo blog.
Devo solo ringraziare le persone che si collegano e usufruiscono dei miei contributi, poche o tante che siano.
Il fatto che "sprechino" qualche minuto per leggere i miei post mi dà gioia, partendo dal fatto che a nessuno piace buttare il proprio tempo, tanto meno al Pc.
Detto questo devo ribadire che non ho il polso della situazione sulla tipologia del lettore-tipo di questo blog.
In questi giorni ho voluto però tentare di darmi una risposta e per farlo sono andato a rivedermi i post che ho scritto nell'arco di questi primi 10 mesi di vita di "Io mi carico di rabbia".
Ok, adesso inizio a parlare male di voi... quindi cercate di sopportare.

1) I post che hanno avuto più successo (in termini di commenti polemici rilasciati) sembrano essere quelli nei quali ho toccato la sensibilità personale (sottolineo personale) del lettore.
Due esempi? quando mi sono permesso di criticare aspramente chi mette l'adesivo "bimbo a bordo" sull'automobile e quando (molto recentemente) ho messo in discussione un certo malaffare nel non rilasciare lo scontrino fiscale.

2) I post sui quali mi aspettavo un buon numero di commenti in realtà non ne hanno ricevuti.
Parlo per esempio dei due lunghi post sul trentesimo anniversario della strage di Ustica e di qualche altro legato alla critica dei mezzi di comunicazione di massa.

3) I post più apprezzati sembrano essere quelli relativi alle "bizzarrie" da animale metropolitano nel quale ogni tanto sono stato coinvolto. Vedi per esempio i post sul "mangiamozziconi" e sullo "scolapasta rosso fuoco".

Deduzioni finali:
Che il lettore medio di questo blog sia, in definitiva, molto vicino al concetto di "italiano stereotipato" che ho in mente?
O forse il lettore medio di questo blog se ne sbatte le balle di argomenti "seriosi" desiderando farsi semplicemente due risate (amare) su una serie di questioni sulle quali ho posto semplicemente la mia attenzione?
A voi l'ardua, sentenza...
Giudicatevi voi, se volete.
Per quanto mi riguarda l'ho già fatto più volte, proprio su questo blog...
Au revoir, gentile pubblico.

mercoledì 11 agosto 2010

Fisco, scontrini e decadenza

Due volte nello stesso ristorante.
Due volte che mi fanno il conto su un post-it dicendo: "senza la fattura va bene così"
Grazie al cazzo che va bene così, ho pensato.
"Se ci metti l'IVA veniva 36 euro a testa e per le cose che abbiamo mangiato ti denuncerei alla "buon costume" per atti osceni, non alla finanza".

Atto secondo:
Vado a mangiare un hamburger.
Questa volta è la persona che è con me (commerciante a sua volta) ad insistere affinchè l'esercente non faccia lo scontrino, come a fargli un favore in segno del nostro apprezzamento per il panino appena trangugiato.
Insiste.
Alla fine il tizio dietro il bancone accetta, ci regala le patatine e insiste comunque nel battere qualche cosa.

Terzo episodio.
Macchina con una gomma a terra.
13 euro per 10 minuti di lavoro (scarsi) da un gommista di paese
Vado a pagare.
Ricevo il resto e un bel sorriso da parte della signorina.
Eh no, adesso ne ho piene le palle.
Ad agosto non si batte nulla in cassa??
La guardo dritto negli occhi.
"Mi fa lo scontrino per cortesia?"
Non faccio neppure in tempo a finire la frase che me lo ritrovo già in mano.
Paura che fossi della Finanza eh?

Epilogo:
Voi dipendenti pubblici e/o privati: prendete in mano la vostra santa busta paga.
Guardate per pura combinazione il lordo e confrontatelo con il netto.
Tutto chiaro?
Ora guardate i servizi che attraverso le imposte sono erogati dagli enti pubblici.
Potrebbero forse essere migliori se tutti i commercianti facessero gli scontrini?
Pensate che esigere lo scontrino sia un atto di scortesia? oppure che esentare l'esercente sia un modo per gratificare il suo lavoro?
Pensate che non vi venga in tasca nulla nel richiederlo?
Pensate che sia giusto così?
Dipendenti cornuti e mazziati.
E liberi professionisti/commercianti liberi di evadere, questo è il risultato.
E poi non lamentatevi, cazzoni, non lamentatevi.
E' solo colpa vostra...

domenica 8 agosto 2010

Ferragosto, blog mio non ti conosco...

Ebbene sì, sono in ferie.
La voglia è quella del cazzeggio totale, del dimenticarsi del solito succedersi degli eventi.
Di dimenticarsi di questo blog e della fatica interminabile che sto facendo per proseguire nella scrittura di "Io mi carico di rabbia".
In realtà tengo botta e rilancio.

Domani per la prima volta tasterò il terreno di quel progetto di reading di cui ho parlato qualche settimana fa.
Mi troverò con persone fidate per vedere se le idee latitano o esiste la possibilità concreta di accompagnare musicalmente alcuni stralci del mio nuovo libro.
Ho selezionato due testi che ritengo adatti a fornire "due flash significativi" di questo lavoro.
Naturalmente non ho potuto prendere "la pagina scritta così com'è" ma ho dovuto saltare qualche riga, a volte qualche pagina.
Agire di taglia e incolla, soprattutto per dare un ritmo evocativo-musicale a un risultato finale che solo nelle mie aspettatative può risultare interessante.
Molto - in realtà - dipenderà dalla musica.
Comè giusto che sia, d'altronde.

Volevo segnalare nei link il sito "Dischi disegnati", idea creativa, divertente (e divertita) di un mio vecchio amico tornato alla ribalta con qualcosa di creativo.
Dategli un'occhiata.
Noi ci si vede prima del previsto, sicuramente non lascerò più passare una settimana prima di darvi mie ulteriori notizie.

domenica 1 agosto 2010

Torta gelato contro il produci-consuma-crepa


Si discute di terzo mondo, oggi pomeriggio.
In terrazza (per la precisione).
O meglio si discute di stili di vita.
A un certo punto mi scappa la provocazione: "Siete proprio sicuri che il modo di vivere dell'occidente sia il giusto modo di spendere la propria vita?"
Giusto il tempo di chiudere la frase con il punto interrogativo e c'è già chi apre bocca.
"Sì" - sentenzia- "io sono sicuro di essere nel giusto".

Cerco di mettere qualche dubbio.
"Alzarsi la mattina per cercare di dare il proprio contributo alla macchina produttiva potrebbe non essere l'unica strada per potere vivere la propria esistenza"
Silenzio.
Nessuna risposta.

E' una calda domenica di agosto e forse è giusto non insistere nei discorsi troppo impegnati.
Il tavolo è pieno di bicchieri, patatine e coca-cola.
Abbiamo appena finito di mangiare l'insalata di riso.
Di fronte a noi la piscina ci aspetta.
Io sono lì, con la mia maglietta "Aqui no se rinde nadie", il cappellino con la stella e la scritta "Cuba Libre".
Un Montecristo "Grand Edmundo" acceso da non oltre dieci minuti.

Potrei sbaraccare tutto inserendomi con il consueto "Banda di cazzoni, parliamo del produci-consumo-crepa?? parliamo dell'embargo? di Pinochet e della CIA?"
Mi è passato per la testa giusto un secondo.
Poi ho guardato tutti quanti i presenti (tra l'altro molto simpatici)
Ho guardato mia figlia Francesca che dormiva nell'ovetto a qualche metro di distanza da me.
Ho fatto un paio di tiri del mio avana e ho guardato nel vuoto.
E' domenica.
E' agosto.
Tra poco c'è la torta gelato.
Non rompere i coglioni, Paolo... non rompere i coglioni.

martedì 27 luglio 2010

Ibernare gli ingranaggi


Non sopporto il caldo.
Non ci si può difendere (tranne che con l'aria condizionata nei confronti della quale si diventa schiavi).
Con il freddo è tutt'altra cosa, ti copri fino all'inverosimile e poi ti butti sotto le coperte.
Dopo dieci minuti stai da dio.
Durante l'estate la grandine è una realtà, come il fastidioso rumore dei tuoni e il rischio di trombe d'aria.
Mi piace buttarmi sotto la pioggia e sentire il cambio repentino e improvviso della temperatura.
Respirare a 15 gradi la mattina presto, oppure la sera tardi, in montagna.
Ho l'impressione che mi apra il cervello, il freddo congela gli ingranaggi.
Qualsiasi essi siano.
Rende più lucidi, determinati.

Questo fine settimana ricomincio a scrivere, lo giuro.
Gli impegni famigliari me lo hanno impedito.
Ho scoperto che con l'Ipad la cosa può essere più facile del previsto.
Può essere un'idea per le vacanze estive di agosto.
Sfruttare ogni momento libero.
Rinfrescare gli ingranaggi e, al momento giusto, sfruttare l'effetto sorpresa.
Per poi stare a guardare, gradualmente il ritorno dell'autunno.
E del mio benedetto freddo.

giovedì 22 luglio 2010

Comunicare con il mangiamozziconi

Fuori dal bar dove di solito pranzo c'è un posacenere.
E' un po' particolare... il mozzicone bisogna inserirlo all'interno del cilindro e non semplicemente buttarlo come di solito si fa.
Che notizia del cazzo, direte voi.

Eh no! la cosa va al di là di ogni immaginazione.
Sentite qua:
All'interno del locale c'è uno spazio pubblicitario sul giornale che lo incensa.
Cito testualmente: "... lo stesso può anche essere un ottimo strumento di comunicazione sociale o commerciale. Chi acquista il mangiamozziconi ha capito che questo non è semplicemente un utilissimo strumento ecologico, ma può anche rivelarsi un interessante mezzo di comunicazione... lanciare messaggi istituzionali, pubblicizzare prodotti o più semplicemente veicolare i propri marchi"

Un posacenere come strumento di COMUNICAZIONE SOCIALE.
Un posacenere come strumento ecologico che si trasforma in INTERESSANTE STRUMENTO DI COMUNICAZIONE.

Altro che i media, altro che internet, twitter o myspace...
Voi che navigate su facebook abbandonate questo logoro strumento e approcciatevi in prossimità del mangiamozziconi.
E' lì che le trattative sindacali, le posizioni politico-culturali e i rinnovamenti tecnologici verranno trattati nei prossimi anni.
L'obsolescenza del Web, è palese al cospetto del mangiamozziconi.
La portabilità dell' IPhone è nulla se paragonata alla portata comunicativa del mangiamozziconi.
Fumiamoci tutti una gran sigaretta, troviamoci in prossimità del mangiamozziconi e comunichiamo wireless (cioè con la voce umana): le porte di un nuovo sistema comunicativo si apriranno magicamente.

Grande mangiamozziconi.
I tuoi 192 Euro non sono niente rispetto ai tuoi vantaggi.
Ci sentiamo soli.
Vieni a salvarci, ti prego.

sabato 17 luglio 2010

Gettare all'aria il nostro tempo rubato


"Non è la fatica, è lo spreco che mi fa imbestialire"
Comincia più o meno con questa frase la title track del nuovo lavoro (molto affascinante) dei Perturbazione.
Parla di lavoro, catene di montaggio, turni di notte, amicizie.
Non ho mai lavorato in fabbrica ma il tema lo sento mio.
Dopotutto chi lavora in ufficio si riduce a lavorare in serie proprio come in stabilimento.
Al posto di usare le mani si usano le dita sulla tastiera e il telefono.
La fatica è diversa ma la frustrazione (nell'eventualità che il lavoro sia ripetitivo e logorante) è identica.

"Non è la fatica, è lo spreco che mi fa imbestialire"
Già.
Non dobbiamo avere paura di lavorare, di sudare.
Dobbiamo scandalizzarci per come tutti noi veniamo "sprecati" nelle dinamiche di lavoro.
Teste pensanti lobotomizzate alla perfezione nella concatenazione delle medesime operazioni lungo tutto l'arco della giornata.
Non ce ne accorgiamo ma persino le cosiddette "pause di lavoro" si riducono a mera ripetizione di un comportamento standardizzato.
Non si fa pausa quando lo si ritiene opportuno ma solo per pessima, insignificante abitudine.
"Alle 11.15 cascasse il mondo stacco, anche se devo ancora finire di fare una cosa o non sono per niente stanco".
Questa è la logica (del cazzo, aggiungo io...) dalla quale bisognerebbe fuggire.

Per non parlare dello spreco di energie di datori di lavoro o dirigenti.
Spesso sono indaffarati ben oltre l'orario di lavoro ma risultano palesemente incapaci di razionalizzare il loro tempo.
Magari sprecano intere mezz'ore al telefono per chiarire un aspetto le cui effettive esigenze richiederebbero cinque minuti.
Oppure si affannano a occuparsi di cazzate quando è chiara a tutti la presenza di priorità di gran lunga più importanti.
Ma la loro miopia - a volte - è davvero imbarazzante.

Lavoratori, dirigenti, proprietari, azionisti, finanziatori e millantatori
Il mondo del lavoro butta nel cesso migliaia di ore delle nostre/vostre vite.
Invece di investire in qualità della vita, in apprendimento.
In felicità.
Non so perchè ma il tempo mi mette ansia.
O forse è solo un pizzico di paranoia.
Torno ad ascoltare "del nostro tempo rubato" dei Perturbazione.
Dateci un occhio anche voi.
Tempo investito, certamente non sprecato.

lunedì 12 luglio 2010

Lo chiamano Poker "sportivo"


C'è qualcosa che non mi quadra.
Vent'anni fa a poker non ci giocava nessuno, o quasi.
Mi ricordo di alcune partite giocate senza troppe pretese.
Tutte le volte toccava a chi sapeva giocare insegnare agli altri come fare, scontrandosi con chi insisteva per giocare a briscola o a scala quaranta.
Non si scommetteva mai nulla, al massimo qualche ghiacciolo o qualche tè alla pesca.
E' vero, qualcuno si ritrovava in qualche bar e scommetteva pesante.
Mi giunse addirittura voce di qualcuno che ci rimise il cammion o la cascina.
Ma erano cinquantenni sbandati, con la sigaretta sempre inchiodata tra le labbra e le mogli ubriache in vestaglia alle quattro del pomeriggio.
Questi loschi figuri si trovavano alle nove di sera in bar di periferia facendo finta di giocarsi il calice di rosso.
Ma volavano i pezzi da 100.000 lire, bene attenti a nascondere la cosa nell'eventualità che i carabinieri del posto mettessero il naso dentro il bar per fare qualche domanda e chiedere le carte d'identità.

Adesso non so che cazzo sia successo, ma hanno iniziato a chiamarle poker house.
Le bettole sono sparite, l'immagine è stata ripulita.
Adesso c'è internet, per la miseria.
Le poker house sono virtuali e hanno un'immagine che più figa non si può.
Ci hanno ricamato sopra un aurea "per uomini veri" e sono partite le campagne pubblicitarie milionarie, martellanti prima sui giornali e in rete e ora persino in televisione.
Se ci fate caso dopo le compagnie telefoniche gli spot più ricorrenti sono proprio quelli di questi siti.

Ci dev'essere un giro pazzesco, centinaia di milioni di euro.
Addirittura ci sono i testimonial più prestigiosi (e costosi) del nostro bel-paese-del-cazzo.
"Sfida il portiere della nazionale nel Buffon Challenge"
"Partecipa al tavolo di Del Piero".

Hanno cambiato l'immagine di questo gioco.
Lo hanno ripulito, e gli hanno dato pure un nuovo nome (lo chiamano poker sportivo, Texas Hold'em o qualcosa di simile).
Ti regalano decine di euro con il solo scopo di farti iscrivere al loro sito.
Ti promettono 100.000 euro, ti chiamano "pro", ti fanno credere che sei un gran figo a scommettere lo stipendio.
Una volta che sei dentro sei in trappola, fottuto.
Strano che non abbiano ancora pensato a una gran gnocca che si struscia addosso al vincitore alla fine dello spot televisivo.

Tutto molto bello se non fosse che alla fine ti succhiano un mucchio di soldi.
Te li fanno sparire sotto il naso.
Fanno incetta di danari di chi - magari - non riesce a tirare a campare.
Idioti loro e chi mette a disposizione questo stratagemma per inculare la gente.
Gioco d'azzardo, nient'altro.
Fatto per assopire le menti e aprire i portafogli.
Calamita per la malavita, riciclaggio e corruzione.
Scommettiamo che prima o poi salta fuori qualche società off-shore e qualche esportazione di capitali all'estero non autorizzata?
Scommettiamo che nasceranno nuovi disadattati che abbandoneranno le slot machine (ormai fuori moda) per riversarsi sul più discreto (e blasonato) poker sportivo?
Scommettiamo che il prossimo Ricucci salta fuori da una di queste società?
Il futuro siamo noi, ricordate.
Soprattutto se ci iscriviamo al Buffon Challenge.

martedì 6 luglio 2010

Cucina Avangarde, sapori e suoni esotici


Parecchie persone che conosco dicono che ascolto sempre lo stesso genere di musica.
Mi dicono: "Ascolti sempre quella roba lì..." e non riescono neppure a definirla.
Ribatto sempre nello stesso modo: "Guarda che sei tu che ascolti sempre la stessa cosa , cioè quello che ti propinano le radio. Io ascolto dal metal sanguinario all'avanguardia sperimentale. Con tutto ciò che ci sta in mezzo...".

Da qualche giorno sto apprezzando proprio qualche cd un po' particolare... avanguardia pura, destrutturata. La ascolto in macchina, nel traffico, come ultimamente mi capita.
Gli "Uncode Duello" per esempio, ma anche qualche vecchio disco degli "A Short Apnea".
Più sento quei suoni e più mi viene voglia di stupirmi, sentendoli e risentendoli a ripetizione.
Non c'è niente da fare, mi si spalancano le mascelle e rimango strabiliato per quello che a molti parebbero suoni buttati lì a casaccio con degli strumenti scordati.
Però bisogna ascoltarli meglio, avere pazienza.

Le soddisfazioni sono enormi, paragonabili a quelle della scoperta dei piaceri di una pietanza esotica dall'aspetto poco invitante: ti sembra una schifezza ma ne assaggi un po'.
Non ne rimani schifato e allora ne riassaggi un po', e ti sembra quasi commestibile.
Dopo qualche forchettata scopri che ti piace e finisci per non poterne più fare a meno.

Tutte le volte che vado all'estero mangio tutto quello che mi buttano nel piatto.
Qualsiasi cosa, provo di tutto.
Quando sono in Italia faccio selezione, mangio solo quello che conosco perfettamente
Odio le cipolle ma se me le sbattono in qualche piatto giapponese non faccio una piega.
Mi sa che c'è qualcosa che non va, e non so se sono le mie orecchie o il mio palato.
Oppure, forse, è il mio cervello...

mercoledì 30 giugno 2010

Ustica parte II: depistaggio alla realtà

Finisco di parlare di Ustica, penso che due post nell'anniversario dei 30 anni dall'accaduto siano quanto meno doverosi.
Se rompo troppo i coglioni ditemelo pure, ma per chi non avesse letto il precedente post lo invito caldamente a dargli una letta prima di continuare qui sotto.

Dicevo? ah, si... Cossiga completamente fuori di testa che svela tutto dopo tre decadi, Cossiga che non vuole deporre in tribunale, Cossiga che seppellisce la verità sotto esplicite minacce di morte a chiunque voglia approfondire la faccenda (avviso rivolto soprattutto ai giornalisti).
E poi? Beh, la nostra splendida aereonautica militare!
Generali e sottufficiali assolti che continuano a ripetere che probabilmente c'è stato un incidente dovuto a un crollo strutturale del velivolo, torri di controllo che vedono e poi non vedono, registri del personale di servizio che magicamente scompaiono o che risultano strappati proprio nel giorno della tragedia.

Ma due cose mi hanno lasciato veramente a bocca aperta.
Domanda rivolta a un generale: "Doveva esserci una cassetta a registrare tutto, come mai non c'è nessun contenuto agli atti? perchè non c'è nulla?"
Risposta: "Semplice! esattamente nel momento dell'incidente era stata programmata un'esercitazione che prevede lo spegnimento del computer e l'inserimento di una cassetta specifica. Quando è stato riacceso il computer tutto era già successo."
Ma guarda che coincidenza vero?
Il problema è che di solito l'operazione comporta un black out complessivo di 4 minuti circa mentre quella sera ci vollero 11 minuti per mettere la cassetta e 28 per toglierla.
Ma c'è di meglio...

Il mig libico abbattuto e caduto sulla Sila viene dichiarato caduto due giorni dopo la strage.
Immediatamente i nostri amici militari pensano bene di impacchettare tutto e spedire con estrema urgenza i resti del velivolo alla Libia.
La magistratura interviene: vogliamo effettuare una perizia.
Risposta: "Troppo tardi ragazzi... è tutto a Tripoli"
"Cazzo che solerzia... spero abbiate almeno scattato delle foto, ce le fornite?"
Attimo di panico.
"Beh sì... se proprio dobbiamo..."
Arrivano le foto.
Il giudice nota diversi fori di proiettili da armi da guerra.
"E questi fori di proiettile? li avete notati? il mig libico non doveva essere caduto accidentalmente?"
Risposta ufficiale dei militari:
"I fori dei proiettili li abbiamo fatti noi. Quando abbiamo recuperato i resti abbiamo deciso di metterli in un poligono di tiro e ci abbiamo sparato sopra per esercitarci. Poi abbiamo spedito tutto alla Libia".

Proprio simpatici questi militari.
Prendono pure per il culo.
Insabbiano, depistano e prendono pure per il culo i magistrati.
E per di più la fanno franca.
Ma la colpa è sempre di chi non alza la voce.
Di nuovo tutti insieme: "...dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa..."

lunedì 28 giugno 2010

Ustica, segreto di stato e sovranità limitata (parte I)

30 anni di Ustica.
Un bel record, non c'è che dire.
Ieri sera uno speciale su La7 si è dimostrato come una delle trasmissioni migliori dell'anno.
Si chiamava "Speciale Onda", ospiti interessanti a partire dall'ex ministro De Michelis.
All'inizio si dichiarava addirittura stupito dell'invito: "Non so neppure perchè mi avete chiamato... io ero alle attività produttive in quel governo..."
In realtà dopo due ore di trasmissione qualcosa dice e - forse - dicono più i suoi atteggimenti e le sue mezze parole.
Potrei sintetizzarle così: "E' chiaro che io qualcosa so ma non dico nulla perchè non sono cazzi miei e c'è il segreto di stato. In quegli anni l'Italia era un campo di battaglia e noi stavamo da una parte. Naturale che si stesse zitti per il bene del paese e del suo futuro economico politico. In futuro parleranno gli storici, non certo i militari e i politici".

Incredibile, mi viene da dire.
Ma il meglio deve ancora venire.

Intervista a Kossiga, all'epoca Presidente del Consiglio (24/05/2010)
"Mi dissero che erano stati i francesi. Un'aereo militare decollò da una portaerei nel Tirreno con il compito di abbattere il velivolo sul quale viaggiava Gheddafi. Si nascondeva dietro il DC-9 per non farsi intercettare dai radar. Poi il SISMI informò la Libia dell'attentato e il colonnello virò verso Malta (l'aereo di scorta, un mig battagliò invece con l'aereo francese e finì abbattuto sulla Sila).
Per errore i francesi colpirono l'aereo italiano con un missile a risonanza cioè non a impatto."
Ma il meglio deve ancora venire:
"Io non testimonierò mai, quindi dico ai giudici di non chiamarmi. Inoltre se gli inquirenti chiederanno informazioni e documenti alla Francia dico subito che su queste richieste ci pisceranno sopra. E se c'è qualche giornalista italiano che vuole andare in Francia a indagare, beh... gli incidenti automobilistici possono sempre capitare".

Mi stavo mettendo a piangere, giuro
Siamo proprio un paese di Merda
Uno stato a sovranità limitata.
NATO da una parte e Vaticano dall'altra.
Destinati a vivere di riflesso.
E a esplodere a risonanza, senza neppure uno straccio di impatto con l'orgoglio che tutti i paesi (almeno un po') dovrebbero avere.
Rimane solo l'immagine di un povero vecchio che accarezza le foto dei suoi figli, della moglie e della nuora.
Tutti morti per il segreto di stato.
Alzarsi in piedi e cantare con la mano sul "quore" al mio via:
"Fratelli d'Italia, l'Italia s'è desta..."

domenica 27 giugno 2010

L'assorbente con scritto "ti amo"


Due giorni a Verona e molto tempo libero da spendere in città.
Faccio colazione in un bar del centro e quasi mi accorgo per caso che dieci metri più in là c'è il balcone di Giulietta, ovviamente preso d'assalto dai turisti domenicali di ogni nazionalità, razza e religione.
Entro nel cortile, era qualche anno che non lo visitavo.
Il solito balcone, l'ho visto almeno dieci volte.
Prima di arrivare c'è un atrio coperto lungo almeno 7-8 metri e alto 4.
Su entrambi i lati migliaia di post-it, pezzi di carta, biglietti del treno, carta intestata di hotel, scontrini fiscali, ricevute e chi più ne ha più ne metta.
Perfino un assorbente, sì.
Strati e strati di carta, biglietto su biglietto fino a creare un mare di sovrapposizioni.
Il messaggio è sempre quello.
In centinaia di lingue, pure il cirillico.
Marco ama Francesco
Kim loves James
Matrioska russa bacia Dimitri agente del KGB
Un po' come i lenzuoli appesi in tangenziale per augurare alm proprio partner un significativo (e soprattutto molto ben identificato) "Buon compleanno cucciolo! tiamotanto!" con spesso errori di ortografia.

Bastasse così poco per manifestare il proprio amore e per renderlo immortale sarebbe fin troppo semplice.
Ma la banalità non fa parte del concetto di amore che - al contrario - si basa su equilibri e dissapori, mezzi sorrisi e parole sottintese.
Svilire così, su un assorbente scritto con il pennarellone nero, la parola amore significa volere acchiappare a tutti i costi un portafortuna che non ha senso di esistere.
Si tratta solo di scaramanzia, superstizione e senso di paura.
Tre cose che non appartengono minimamente alla sfera di quello che genericamente e in maniera assai informale potrei definire amore.

martedì 22 giugno 2010

Non è un supermercato per vecchi



Supermercato.
Il mio regno, almeno fino a poco tempo fa.
Ieri mi ci sono trovato e ho subito un piccolo shock.
Vi racconto.

Dovete sapere che un mese fa (in seguito a controlli per arginare fenomeni di vertigini posizionali che mi facevano ammattire) mi hanno trovato un fegato gonfio come una zampogna e le transaminasi quattro volte più alte del consentito.
Ulteriori approfondimenti hanno portato - ovviamente - alla scoperta di altre "magagne" come placche varie sull'aorta addominale e cicatrici nella vescica.
Al momento, quindi mangiare sano e niente liquidi gasati.
Ovviamente niente alcol.
Cazzo vuoi farci.
E tutti a dire: "Strano, il tuo periodo di fuoco pensavo l'avessi superato da un bel po'..."
Vero, ma forse mi sono fottuto? è un'ipotesi? sono sano come un pesce? chi vivrà vedrà.
Dicevo: supermercato, il mio regno.
Entro spavaldo come Tony Manero in discoteca e riconosco tutto a meraviglia: scaffali, offerte speciali, no food... tutto sott'occhio.
Sono il padrone, senza dubbio.
Amo fare la spesa al supermercato.
Arrivo in zona alcol ma non ho nessun problema.
Ed ecco cristallizzarsi di fronte a me il peggio.

L'incubo.
Uno scaffale colorato di nero e rosso, le scritte in bianco.
Le riconosco.
E' grande, colmo di leccornie e - soprattutto - nuovo.
Metto a fuoco: si tratta di lattine.
Ma non semplici lattine.
Lattine di "Jack Daniel's e Cola".
Tutto in uno, già mixate alla perfezione.


La masciella mi si spalanca.
Non avessi problemi avrei caricato nel carrello una cassa da 24, lo giuro.
Guardo lo scaffale per dieci interminabili secondi.
Sento le lattine fresche, buone, dissetanti.
Mi giro di 180° in un un moto di disperazione.
Riapro gli occhi.
Inquadro di nuovo: Actimel di Danone
A dozzine.
Mi sento triste e afferro una confezione gusto cocco (anche questa una novità della casa).
Metto nel carrello e mi precipito alle casse.
Il mondo non sembra più essere quello di una volta.
Il supermercato non è più quello di una volta.
Il mio fegato e la mia aorta non sono più quelli di una volta.
Avanti Savoia!

venerdì 18 giugno 2010

L'ambizione di chi resiste all'uragano Katrina

Sono tre settimane che non scrivo nulla.
Il ciclone chiamato "nascita del primo figlio" si è abbattuto su di me con la forza dell'uragano Katrina.
Ma non sono stato con le mani in mano, così vi metto al corrente delle novità (per il momento nella mia testa) con tante possibilità di avverarsi.

1) Citando una vecchia canzone degli Afterhours direi che è finito il momento "Ho tutto in testa ma non riesco a dirlo". L'ultimo capitolo ha le ore contate, nel senso che so perfettamente come svilupparlo. Ho trovato una buona idea (che si ricollega splendidamente con una "pistola fumante" che avevo sotterrato nei primissimi capitoli e che ora è destinata a essere "dissotterrata").
Trovo che sia interessante perchè riesce a coniugare una certa ironia (che aveva caratterizzato un po' il mio primo libro e che in "Io mi carico di rabbia" è rimasta fino a ora un po' sullo sfondo) con visioni oniriche decisamente incisive e inquitanti.
Sono impaziente di buttare giù tutto, so che sarà divertente.
In questo periodo trovo molto stimolante avere tutto in testa prima di scrivere.
Mi dà soddisfazione.

2) Ho intenzione di sviluppare un progetto parallelo da integrare a quello letterario. Impostare cioè dei "reading" musicali sui quali costruire dei "recitati" tratti dalle parti più significative del libro. Il lavoro in questa prima fase comporterebbe la scelta di 4-5 frammenti di libro sui quali costruire vere e proprie canzoni suonate a pieno organico (chitarre, basso e batteria).
Si parte a luglio a "fari spenti", cercando di capire se l'idea e l'ispirazione sono quelle giusta.
In caso di risultati soddisfacienti il passo successivo potrebbe essere la registrazione dei reading e (me lo auguro) la successiva pubblicazione degli stessi in allegato al libro (in formato CD).
Forse sono troppo ambizioso, ma che ci volete fare...
Per ora è tutto, palla al centro e pedalare.

lunedì 14 giugno 2010

Vuvuzelas & digital camera


Questi mondiali di calcio non li si può proprio guardare.
Le partite sono accompagnate perennemente da barriti di elefanti imbizzarriti provocate dalle famigerate vuvuzelas di cui sembrano essere muniti tutti (e quando dico tutti intendo proprio TUTTI) gli spettatori.
Azione da gol? vuvuzelas
Rinvio da fondo campo? vuvuzelas
Retropassaggio? vuvuzelas
Rovesciata spettacolare in area di rigore? vuvuzelas
Gli applausi non esistono, così come gli incitamenti o i cori.
Niente di niente.
Solo un insopportabile, martellante, insignificante, fastidioso frastuono di queste cazzo di trombette di plastica.
Che crepino.

Concerti live.
Tutti quanti con le mani alzate pronti a immortalare chissà che cosa con le macchine fotografiche.
Centinaia di schermi lcd illuminati, flash a ripetizione.
Si riabbassano le mani giusto il tempo per controllare la foto del cazzo che si è riusciti a scattare e poi su un'altra volta a riscattarne un'altra.
E poi un'altra ancora.
Una volta ho chiesto a un tizio davanti a me.
"Amico, perchè non ti godi il concerto?"
Sembrava non capire
"Come?"
"Intendo dire: se continui a scattare a ripetizione non guardi il concerto... guardi solo il piccolo display della tua macchina. Tutto qua"
Non mi rispose nulla, ma smise di scattare (erano 30 minuti che non faceva altro) e forse alla fine in cuor suo mi diede anche ragione.

Non capisco.
Sembra che la gente non stia bene se non è al centro di un evento.
Essere spettatori di qualcosa è già essere protagonisti, viverlo intensamente.
Suonare una trombetta del cazzo a ripetizione (così come scattare fotografie a raffica con le mani in alto) annulla la comprensione del motivo del perchè si sta assistendo a quella performance.
Si torna a casa e probabilmente non si capisce a che cosa si è assistito.
Mania di protagonismo per frustrati che vogliono urlare agli altri "Eccomi! sono qui! sono presente! ne ho le prove!"
Deprecabile, poco intelligente e autolesionista.
E si danneggia pure gli altri, visto che in Sud Africa si vendono all'entrata i tappi per le orecchie mentre durante i concerti si impedisce agli altri di vedersi lo spettacolo in santa pace.

Vogliamo tutti essere protagonisti, rubando il piacere dell'evento a noi stessi e agli altri.
Effetto "Reality show", forse la peggiore conseguenza di tutta questa voglia di emergere, affermarsi, pavoneggiarsi, sentirsi importanti.
Non so più cosa dire, se non che mi sento sempre più stanco di queste situazioni in costante peggioramento.
Basterebbe solo fare qualche ragionamento in più.
Non dico tanto.

venerdì 11 giugno 2010

Apicella sul cellulare

Risponderia telefonica.
"Ma che cazzo è una risponderia telefonica??"
E' questa più o meno la domanda che mi sono fatto quando ne ho sentito parlare.
Spero siate più informati di me, ma per cronaca ve lo spiego: si tratta di una suoneria che scatta in sostituzione del normale "tu.... tuuuu" quando chiamate una persona al cellulare.
Davvero geniale vero?
Devo chiamare "Marcello di Carugate" per mandarlo affanculo a causa di un appuntamento bucato?
Marcello non risponde ed ecco comparire come d'incanto il nuovo pezzo (di merda) di Lady Gaga in grado di acuire la mia rabbia fino a farmi schiumare la bocca.
Devo chiamare "Luisa di Cefalù" per invitarla a un aperitivo romantico?
Luisa non risponde ed ecco magicamente comparire i Village People con la loro indimenticabile Macho Man che potrebbe farmi ricredere immediatamente sulla necessità di bere qualcosa con una decerebrata di tale portata.

Eh sì, gran bella trovata la risponderia musicale.
Costa solo 3 euro in abbonamento permanente settimanale (+IVA) e obbliga quello stronzo che ti sta chiamando a sorbirsi la tua musica di merda "dritta-dritta" sparata nelle orecchie.
E più tempo impieghi a ripondere e più il coglione si sorbisce tutta l'allegra canzoncina...
E non è finita: hai un contatto stretto con questa persona e devi chiamarla 3-5 volte al giorno, magari per lavoro? tutte le volte zac! parte Iris di Biagio Antonacci oppure 50 Special dei Lunapop.
Mi immagino le signore ultracinquantenni che si fanno la risponderia di Mariano Apicella.
Semplicemente disgustoso per chiunque tenti di chiamarle.
Potrei anche ingoiare il telefonino dalla frustrazione, se solo mi succedesse per caso una volta...
... dio, fa che non succeda...
 
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