domenica 30 maggio 2010

Doping: guardarsi intorno


Non so come uscirne.
Di nuovo, un'altra volta.
Sto scrivendo un capitolo ma sono giorni che mi interrogo sulla direzione da fargli intraprendere.
Scrivo questo post per esorcizzare la stasi.
Ho in mente la situazione.
Ho in mente l'atmosfera.
Ho trovato un paio di sbocchi "laterali" che mi soddisfano in pieno.
Ho persino in testa tutto il successivo capitolo.
Ma non riesco a trovare il bandolo della matassa di questo maledetto "Nizza val bene una messa" (così s'intitola il capitolo).

So bene, però, che è determinante.
Qui si giocano le carte per fare un altro passo importante verso la chiusura del libro.
Mi sembra quasi che tutto il resto possa in qualche modo venire "in discesa"
Un po' come il Giro d'Italia.
Sto facendo il Mortirolo e so che quando sarò in cima ci sarà solo discesa.
Certo, si può cadere anche in discesa... ma basta non scendere come un kamikaze e il gioco è fatto...

Il problema è che non ho più birra in corpo, le idee latitano proprio adesso.
In cima alla montagna ci devo arrivare
Ho bisogno di doping, ma di quello pesante.
Necessario, salutare.
Ok, mi guardo in giro e penso agli altri.
Di solito in questo modo ne esco.

giovedì 27 maggio 2010

La differenza tra Vasco Rossi e Luciano Ligabue


Ieri sera su Mediaset Plus ho visto in replica una puntata di Matrix (con il conduttore più raccomandato della storia della televisione italiana) sui 50 anni di Ligabue.
La sua musica - è doveroso premetterlo - mi solletica il palato quanto un panino ripieno di polistirolo ma questa è un'altra storia.
Il personaggio è gradevole, con un'intelligenza spiccata e atipica.
Infatti sono rimasto sintonizzato e praticamente ho visto quasi tutta l'intervista.

Ho avuto conferma di queste sensazioni, con l'ulteriore nota positiva dell'ascolto di alcuni testi assolutamente di rilievo a cui riconosco dignità artistica.
E poi il personaggio diverte, spinge alla riflessione, propone.
E' riuscito ad andare oltre le domande di un povero idiota che non conosce nulla di musica, patetico nei suoi tentativi di risultare un credibile intervistatore.
Ligabue parla da musicista e questa cosa mi piace.
Non spara cazzate del tipo "bisogna andare al cuore della gggente" oppure "io sono tutto questo grazie ai miei fans".
Alla domanda "perchè hai cambiato band tre anni fa" riponde "perchè avevo necessità di avere una sezione ritmica più precisa che aiutasse il mixaggio nelle location di ampie dimensioni"
Per di più spiega perchè ciò succede, entrando nei dettagli.
Bravo.

Di certo non sale sul palco a fare il segno "della figa" con le mani.
Di certo non sbiascica "frasette" da quinta elementare.
Di certo non mostra il dito medio a chi lo deride dopo una rovinosa caduta.
Di certo non vuole fare il ragazzino a 60 anni suonati.
Di certo non affronta le tematiche del sesso come un quindicenne arrapato
Di certo non incarna il peggio della musica italiana.

Ligabue è un po' come il Partito Democratico.
C'è gente che lo vota turandosi il naso, pensando che il peggio (il Modenese) stia dall'altra parte e forse non c'è altra via.
Forse è vero.
Ma io, senza colpo ferire, preferisco non turarmelo e ascoltarmi l'ultimo Deftones (che mi fa allargare le vene del collo e aprire le fauci come le urla disperate di Chino Moreno)
Ah, i Deftones...
Mi "caricano di rabbia" al punto giusto per rimettermi a scrivere...

lunedì 24 maggio 2010

Presentatori di serie B

Ho trovato la perfetta definizione di Facebook.
Si trova in un'intervista rilasciata da Irvine Welsh (ricordate il libro Trainspotting?) al Mucchio Selvaggio.
Riporto integralmente la risposta perchè ho l'impressione che si rasenti davvero la perfezione:

"Trovo che tutti questi social network siano poco eccitanti, addirittura deludenti.
Alla fine sembra che tutti siano diventati presentatori televisivi di serie B.
Tra i tuoi contatti hai praticamente chiunque, amici, familiari stretti e fidanzate: alla fine diventa praticamente impossibile esprimersi liberamente.
Quindi prevale questo stile mainstream, stucchevole e sciatto, fatto di formule anche stupide.
La profondità è annullata, e per come la vedo io, se uno non è proprio di coccio, dopo un po' di tempo questi social network diventano noiosi, una vera rottura."

Perfetto.
La penso esattamente così.
Ogni volta che guardo la mia pagina Facebook (molto raramente) ritrovo esattamente gli stessi ingredianti riportati nel discorso di Welsh.
1) Una cinquantina di presunti "amici" con la maggior parte dei quali non ho niente da spartire.
2) Messaggi idioti scritti da loro.
3) Pensierini del tipo "anche questa giornata di lavoro è terminata... e ora via in piscina a farsi una nuotata!"
Davvero patetico.
Anzi di più, un vero schifo.
L'unico obiettivo è quello di ficcanasare nella vita altrui spiando foto, cercando informazioni.
Sembrano tutti simpatici e pronti alla battuta, mentre spesso (se li conosci di persona) sono di una noia mortale, dei veri inetti.
Ormai nessuno usa più la propria mail personale.
Si usa quella di Facebook, che è più comoda e ti obbliga ad accedere sempre al portale per leggere la cagate postate dall'amico del cugino del compagno di scivania.
L'unica cosa che mi chiedo ancora è come facciano molte persone a collegarsi tutti i giorni e passare ore e ore a navigare su Facebook.
Probabilmente - come dice Welsh - sono di coccio.

Per quanto mi riguarda ho intenzione di abbandonare definitivamente questo oceano di inutilità senza capo né coda.
Sono mesi che non scrivo più nulla e ho intenzione di continuare su questo passo.
Se mi girano i coglioni chiudo baracca e burattini e tanti saluti ai miei 50 psuedo contatti...
Non perdo nulla, di questo ne sono certo.

Foto di apertura tratta da: http://www.flickr.com/photos/massimobarbieri/3185202042/in/photostream
Si ringrazia per la gentile concessione

venerdì 21 maggio 2010

Scoop: 15 anni fa avvocato apre negozio di fiori


La scena, in televisione, è questa:
"Ecco a voi la storia di una signora avvocato che 15 anni fa, a Milano, ha deciso di lasciare la professione forense per aprire un negozio di fiori. Allora signora... come mai questa scelta? Beh ero un po' stanca della vita di avvocato e così ho pensato di aprire un negozio di fiori... E' vero che è andata in Francia a studiare giardinaggio?... Sì, è vero... Che cosa abbiamo da imparare dai francesi sui fiori?... beh, un sacco di cose... (segue breve elenco di fatti che non ricordo)."

No, non ero sintonizzato su TelePontediLegno o su Canale82.
Stavo guardando, incidentalmente, il TG1 delle 20.00.
Il servizio è durato 2-3 minuti.
Mi sale la rabbia, il disgusto.
Questi bastardi fanno un servizio di questo tipo mentre ci sono centinaia di notizie (che non daranno mai) che avrebbero il diritto di essere diffuse e conosciute.
Che farebbero crescere il paese
Che permetterebbero alla gente di capire meglio, di non affogare nel mare che ci circonda.
Di orientarsi decentemente.

E invece Minzolini, direttore politico del TG1, ci parla di una signora che 15 anni fa ha aperto un negozio di fiori a Milano.
Roba da matti, dico io.
Con tutta franchezza vorrei vomitare sulla scrivania di conduzione del TG1 e lasciare un biglietto.
"Adesso datela come notizia di apertura del vostro TG. La dignità di un'eruzione di stomaco batte tutti i vostri servizi"

mercoledì 19 maggio 2010

Uomini cattivi, non ho più l'età per lasciarli vivi


Essere minoranza non è una scelta né uno status.
Essere minoranza vuol dire ritrovarsi in una situazione, guardarsi intorno e capire che non c'è granchè che ti possa sostenere, folle di persone con le quali condividere idee e posizioni.
Gusti e prospettive.
Giuro che a volte mi ritrovo schiacciato in questa prospettiva, per certi versi molto pesante da sostenere.
La mia non è una posa, ve l'assicuro.
A volte è una condanna, ma non ci posso fare nulla.
Mi sento quasi prevedibile, nel mio essere non allineato.
Vi racconto un aneddoto.

Qualche mese fa, in tempi di elezioni, un'amica di mia moglie mi incontra e mi chiede: "Vai a votare?"
"Certo che ci vado", dico io.
"Non mi dire niente. Scommetto che voti....."
Beh, io la guardo stupito.
Aveva indovinato.
Non era affatto facile azzeccare.
Mai parlato di politica con lei.
Le chiedo: "E come fai a saperlo? non l'ho detto a nessuno..."
Non mi risponde, mi guarda e sorride.
Un sorriso che dice tutto.
Come dire: "Basta conoscerti solo un po' per capire che voti la corrente di minoranza del partito più piccolo dello schieramento secondario del movimento di opposizione..."

Beh, ci sono rimasto male.
Ebbene sì, faccio parte di una minoranza.
Molto meglio che far parte di una "maggioranza silenziosa", quella che mastica le "Center Fresh" (questa battuta, a proposito di minoranza, la capiranno solo i fans degli Offlaga Disco Pax).

Essere maggioranza significa decidere le ferie estive ad aprile e quelle di Natale a ottobre?
Andare a San Siro per il concerto imperdibile degli Unbelieveble Cazzons?
Fare Lavoro-casa-supermarket-scopata del sabato sera?
Sognare i caraibi per rinchiudersi in un villaggio turistico con menu italiano?

Preferisco essere minoranza, grazie.
Meglio il 2% di consenso (sincero) oppure lo share "bulgaro" di "C'è posta per te" della De Filippi?
Sono indeciso.
Nel frattempo ascoltatevi la ristampa di "Full Fathom Six" disco dei milanesi Six Minute War Madness datato 2000.
Rispetto alla edizione originale hanno aggiunto dei pezzi live dove si sente un pugno di persone che li applaude.
Ero tra loro, al Bloom di Mezzago, quando successe.
Come ne sono orgoglioso.
Che gran gruppo i Six Minute War Madness...

domenica 16 maggio 2010

Le piccole cose fanno male. Molto male.

"...perchè il tempo ci sfugge, ma il segno del tempo rimane".
Si conclude così una delle strofe de "Le rane" dei Baustelle.
Non avrei mai pensato.

Bianconi e il suo flirtare con il mainstream (oddio, sto scrivendo troppo tecnico... questo blog non è nato solo per chi ascolta musica alternative, me lo devo ricordare...) non mi ha mai convinto fino in fondo.

Devo ricredermi, il ragazzotto questa volta ha colpito nel segno.
Mi piace.

Anche il mio personaggio (il protagonista di "Io mi carico di rabbia") è strettamente legato al tempo.
Quello passato, vissuto.
Che scava nelle vene, che si insinua sotto pelle.
Che genera complicazioni all'interno della stessa vita da cui è stato creato.
Una specie di gatto che si morde la coda.
Roberto sente il sedimentarsi del tempo sulla sua schiena.
Ne percepisce il peso, lo ingloba.
Ne viene a sua volta fagocitato.
Il tempo sfugge, non è fatto per restare statico, come le istantanee del nostro amico fotografo Roberto.
Ma allo stesso tempo ne scava la coscienza a fondo, come una semplice gocciolina che erode la roccia secondo dopo secondo.
Il segno del tempo rimane, eccome se rimane.
Il tempo non cancella un bel cazzo.
Se n'è accorto anche Roberto.
Con una pistola ficcata in gola seduto sul divano da un numero imprecisato di minuti.

mercoledì 12 maggio 2010

Tutto il giorno (quasi) ubriaco

Sono tre giorni che ho una strana sensazione di ubriachezza persistente.
Un leggero capogiro, un velo di vertigine che mi avvolge senza soluzione di continuità.
Sabato e domenica ho fatto dei lavori sulla scala.
Guardare in alto, poi guardare in basso.
Poi ancora in alto
Poi ancora in basso.
Così per almeno un paio d'ore abbondanti.
Vado a letto e da sdraiato ho delle sensazioni di vertigini che addirittura durante il sonno mi svegliano.
Poi, al mattino, la cosa si ripete.
Cammino barcollando, la testa gira.
Prima forte, poi un po' più piano.
Poi ancora forte.
Non riesco a concentrarmi.
Anche adesso non sono proprio a 100.
Vado dal dottore.
Forse è labirintite.
Mi vengono prescritte delle pastiglie e mi si dice di stare tranquillo, che passerà.
Le pastiglie non fanno praticamente niente.

Il farmacista mi aveva avvertito.
"Due scatole di Vertiserc da 16 mg, per favore"
" Le conviene prenderne una sola, di solito non fanno niente. Almeno risparmia i soldi".
Bene, dico io.
Dopo 24 ore di cura non è cambiato un emerito cazzo.
E' un po' di tempo quindi che mi sento tutto il santo giorno "quasi ubriaco".
Non che mi dispiaccia, per carità.
Ma forse preferirei che il mondo prima o poi smettesse di girare.
"... e non cessa di girare la mia testa in mezzo al mare..." cantavano i Marlene Kuntz...
Sante parole.

sabato 8 maggio 2010

Fedeli alla linea - la linea non c'è.


Non conosco il significato della parola abbigliamento.
E' un argomento che non sopporto, proprio non capisco la necessità di perdere ore e ore alla ricerca di un maglione o di un paio di pantaloni.
Spesso indosso vestiti usati, a volte li indosso "fuori tempo massimo".
Non so fare gli abbinamenti dei colori (essendo daltonico) e anche se fossi in grado mi rifiuterei di farlo.
La gente mi guarda e mi considera un pirla, uno "sciattone", un poveretto.
La cosa mi inorgoglisce, non lo nego.
Preferisco spendere i miei soldi in altra maniera, come ho sempre fatto.

Due settimane fa, dopo mesi e mesi, càpito in un centro commerciale e mia moglie mi dice "Dai, comprati due cose... almeno questa volta, facciamo veloce!"
Prendo un maglione e un paio di pantaloni, un quarto d'ora di tempo gettato alle ortiche.

Mi presento in ufficio e mi dicono "Ehi! roba nuova! non male!"
La prima reazione è stata: "quanto pagherei per indossare ancora i miei vestiti logori"
Poi penso: "Almeno adesso non mi guarderanno più come un povero idiota"
E poi ancora: "quanto pesa la gestione del proprio personaggio in ciascuno di noi?"
"sono davvero io che non voglio vestirmi decentemente o il personaggio che ho tratteggiato negli ultimi vent'anni?"
"Cosa cazzo vuol dire essere se stessi?"
"Esiste davvero il concetto di essere se stessi?"

Domande pertinenti, o forse - dopotutto - un pelo impertinenti per il mio smisurato ego di "scrittore-presunto-malvestito" dove non si sa bene se a essere presunto è il termine scrittore o il termine malvestito.

mercoledì 5 maggio 2010

Io mi carico di rabbia. E voi?

Non amo molto facebook, non mi dice assolutamente nulla.
Ogni tanto passo a dare un'occhiata ma molto raramente.

Qualche giorno fa un mio contatto commenta un'applicazione sul tema "rabbia"... direi un argomento che in qualche modo mi sta a cuore, visto il titolo di questo blog e del mio libro.

Più o meno il succo del discorso era questo: "Per fortuna che non ho questo problema" (si riferiva alla rabbia). "Tanto anche quando ci si arrabbia le cose non cambiano di certo!".
Un suo contatto rispondeva: "Strano! quando mi arrabbio io di solito le cose cambiano, eccome!"
Curioso, molto curioso.

Il primo soggetto probabilmente si riferiva a un evento del tipo "mi cade un bicchiere e si rompe. Se mi arrabbio non cambia molto, il bicchiere è comunque rotto. Quindi non mi arrabbio."

Il secondo soggetto invece probabilmente si riferiva a tutt'altro evento, probabilmente del tipo: "se un tizio mi supera in coda facendo finta di niente è il caso che faccia la voce grossa per farlo tornare nei ranghi. Se non mi arrabbio stai sicuro che non torna di certo al suo posto..."

Due modi diversi di analizzare la parola "rabbia".
Una prima lettura la individua coniugandola con il concetto di "distruzione di un equilibrio", mentre la seconda la interpretata in maniera propositiva, attiva.
Ovviamente personalmente interpreto il concetto di rabbia in maniera costruttiva, sana e liberatoria.
Arrabbiarsi non è sempre costruttivo ma è un sentimento - come l'odio - certamente umano ed estremamente interessante.
Vorrei liberare questo termine dal suo legame con la negatività.
Arrabbiarsi vuol dire a mio avvviso reagire, alzare la testa non subire passivamente.
Crederci davvero, partecipare concretamente e attivamente al divenire delle giornate.
Vivere.

Anche nel caso del primo esempio non arrabbiarsi mi sembra una grossa cazzata.
Davvero pensate che non serva a niente arrabbiarsi se un bicchiere cade per terra e si rompe?
Il bicchiere rimane sempre rotto?
Non lo so.
Dico solo che se ieri mattina non ho cliccato "salva" e ho perso mezz'ora di lavoro al PC.
Mi sono incazzato come una bestia.
State sicuri che la volta prossima non accadrà più, ve lo posso assicurare.
 
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