lunedì 9 aprile 2012

Heidi, le caprette ti fanno il dito medio

Sono nato in montagna. Alta montagna.
Di quella montagna così alta che quando si parla di questa cosa con gente del fondo valle o della città sembra che serva un intero girone infernale per arrivarci.
E per viverci.
"Ah la strada!! tutta curve... ci si impiega un botto... ma dov'è di preciso?? ma cosa facevi quando eri lassù??"

Secondo te cosa ci facevo lassù? ci vivevo come tutti no?
Si riesce a sopravviviere anche con il cinema e la discoteca a 50 km.
Magari non sei al massimo, ma ci vivi lo stesso, cazzo.
Te l'assicuro.
E poi con le capre non ci ho mai dormito, anche perchè il mio paese fa più di 4.000 abitanti, mica 200.

Poi vedo tanti dei miei amici rimasti in paese o transfughi come me che parlano della vita di montagna come di un elisir di lunga vita.
"Ah quando torno tra i miei monti..." "Ah l'aria della Valle..." "Ah quando inforco gli sci..." "Ah quando vedo la neve... "Ah quando sento la..."
E che coglioni.
Lasciatemelo dire, che due coglioni.
Quasi quasi preferisco essere guardato come un montanaro con la gerla sulle spalle da un bresciano amante dell'aperitivo in Piazzale Arnaldo che ritrovarmi intrappolato in un immaginario di questo tipo.

Ho assistito personalmente a disamine tra sessantenni pensionati su dove è opportuno posizionare gli accenti nel dialetto camuno scritto, perdere ore nel disquisire sulla necessità di organizzare intorno a un tavolo i "maggiori intellettuali camuni" (??) al fine di valutare le origini della tradizionale "salcazzo" parola in dialetto di cui sono ancora poco chiare le fondamenta.
Mentre ci sarebbe da interrogarsi su ben altro nella vita, magari allargando "leggermente" le vedute e le prospettive al di là del proprio piccolo paraocchio.

Invece tutt'altro.
Le uniche iniziative culturali sono finalizzate alla promozione del formaggio caseario, alla tutela della vacca bruna dell'Adamello o del Porcino secco.
Per non parlare delle iniziative turistiche del periodo estivo.
Commedie dialettali di quattro ubriaconi strampalati e concerti di avvinazzati con la fisarmonica che si fanno chiamare "maestro".
Orchestre di liscio che imitano quelle emiliane pur non avendone né tradizioni né indole.
Presentazioni di libri di poesie in dialetto sulla vita contadina dell'ottocento nelle malghe alpine sopra i 2500 metri nelle giornate primaverili della settimana di Pasqua alle ore 11.45.
Libri sfornati ovviamente grazie al contributo del Comune e della Comunità Montana che li riconosce come opere artistiche finalizzate alla promozione del territorio.

Ma va a cagà, va.
Questa è l'unica frase in dialetto che mi esce bene.

3 commenti:

  1. Siete fissati con il dialetto su nel bresciano, eh? E pensavo che solo il meridione avesse il chiodo fisso del dialetto, devo ricredemi. Da noi si parla il dialetto, si, ma sei un maleducato se lo fai. Pensa te! XD

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  2. Madoka, dà retta a me: meglio il tuo di dialetto... :)

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