sabato 5 ottobre 2013

Aspettando i Barbari



Fulmini che cadono sui tetti che distruggono tutto quello che incontrano, infiltrazioni di acqua nelle pareti, gruppi musicali che si sfaldano, amministratori di condominio conniventi, lavori non più praticabili, risvegli notturni, denunce ai carabinieri, cigar club da fondare, baby sitter da ricostruire.
Tutto questo e molto altro in queste settimane di fuoco.
E c'è chi giustamente mi bacchetta e mi dice che il blog va portato avanti.
E allora mi cospargo il capo di cenere e mi metto qui a scrivere in una sala fumatori di provincia mentre fumo un nicaraguense che non mi dà tregua, con il sottofondo di Emma Marrone in televisione e un bicchiere di acqua tonica depositato su un improbabile tavolino di legno martoriato da scritte e incisioni rupestri.

Un viaggio perfetto, però.
Stamattina.
Esce il nuovo disco dei Massimo Volume e per me è un evento pari a quello di una nuova vita. Lo ascolto in macchina, con la consapevolezza che è il frutto di intelligenze artistiche superiori, con le quali si deve per forza avere a che fare.
Il disco è pazzesco, i testi sono enormi.
Vorrei avere soltanto un decimo del talento che hanno questi tizi vestiti male e con le barbe lunghe scompigliate.
Solo un decimo, e sarei già una persona felice.
Questi riescono a toccare le corde della vita come nessuno ci riesce: le pizzicano, ci nascondono i loro tormenti e le loro riflessioni prive di morale e le danno in pasto a chi le vuole, a chi decide di guardare in faccia quello che siamo veramente e al circo che circonda le nostre esistenze, belle o brutte che siano.
Gli uccelli che camminano di notte sui nostri tetti lasciano impronte di metallo, cantano/recitano
E hanno ragione.

Tutto gira intorno a quello, quello che siamo e quello che non siamo.
Quello che vorremmo essere e che non possiamo essere.
Un disco che scava nei meandri più profondi delle nostre contraddizioni e dei nostri limiti di esseri umani catapultati in questo 2013 di inizio millennio.
Come quando si parla del sapore della solitudine fatta di oggetti tutti al loro posto che non avremmo mai voluto comprare, del fatto che si può vincere perdendo poco, della necessità di braccare il nemico quando si ritira e si accampa, nell'obbligo di ritirarsi quando questo avanza inesorabile.
Si cita Mao, John Cage, l'intellettuale non violento Dolci teorico dello sciopero al contrario.
I lavoratori scioperano.
E i disoccupati lavorano al posto loro per quella giornata.
Così, tanto per ricordare che tutti esistono e battagliano a loro modo.
L'unica cosa da fare è non appiattirsi come zecche.
Comode, riservate.
Prive di scopo, accucciate nel loro habitat.
Italia 2013.

E io smetto di ascoltare e ritorno al titolo di questo capolavoro.
"Aspettando i barbari".
Arriveranno.
E noi ci acconceremo allo specchio per accoglierli come essi meritano.
Con il coltello tra i denti e la lama luccicante pronta ad affondare i colpi uno dopo l'altro.
E io mi sento pronto a scrivere un nuovo libro.
Per me e per chi vorrà leggerlo.
Ma prima di tutto per me.
- Postato con Blogpress da iPad

1 commento:

  1. il tuo post è più emozionante del loro disco ;-)
    ti leggo sempre. manuel

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