domenica 11 aprile 2010

Scritto, mangiato, digerito e vomitato.

Libri scritti da musicisti.
In passato molte case editrici hanno puntato sul grosso nome: Ligabue, Zampaglione e chissà quanti altri.
Ovviamente i grossi nomi fanno cassa, ci mancherebbe.
Una scoreggia di Vasco Rossi messa su carta è pur sempre una scoreggia di Vasco Rossi...
Noblesse oblige...

Tralasciando questi casi limite, ritengo che il musicista sia - per sua stessa natura - propenso alla comunicazione e quindi generalmente adatto a questo tipo di esperienza.

Emidio Clementi dei "Massimo Volume" penso sia il più fulgido esempio di scrittore di grande talento, a mio parere un vero punto di riferimento.
La cosa che stordisce dei suoi libri è quello che lui stesso definisce "potenza di parola".
Le sue frasi ti scavano dentro, trovano riparo nell'intestino e lì deflagrano.

Magnifico.

Cristiano Godano dei "Marlene Kuntz" è invece una vera delusione, anzi no.
Me l'aspettavo.
Non è tipo da libri... il suo ermetismo canoro non lo agevola.
Il suo libro "I Vivi" è quanto di più lento, palloso, pretenzioso e insignificante abbia mai letto.
E sono solo racconti, figuriamoci si fosse impeganto a scrivere un romanzo...

Giovanni Lindo Ferretti dei C.S.I. sembrerebbe più adatto a ricoprire il ruolo di musicista-scrittore.
In realtà il suo libro non sono neppure riscito a finirlo.
Non l'ho proprio capito, così come le parole e l'articolazione delle frasi nel contesto narrativo.

E allora mi chiedo: ognuno deve fare il suo mestiere? scrivere dei testi aiuta a scrivere un libro? leggere tanto aiuta a scrivere un buon libro? guardarsi intorno aiuta a scrivere un buon libro?
A ciascuna di queste domande riesco a fatica a dare una risposta, ma quello di cui sono certo è che per fare un buon libro bisogna necessariamente sottostare a una regola (e qui cito Chuck Palahniuk): "Scrivi quello che ti piacerebbe leggere e non hai mai letto".
Ah.... quanto mi piace Palahniuk....

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