lunedì 8 marzo 2010

I ritmi della routine: tutti i miei sbagli


Sono circa le 21.40 e solo adesso riesco ad aggiornare questo blog.
Mentre mi facevo la doccia pensavo quale sarebbe potuto essere l'argomento del post di questa sera.
Mi è venuta in mente una frase, proprio mentre mi stavo insaponando, che reputo degna di nota:
"Il lavoro nobilita l'uomo".
Bella no?
Se mi guardo alle spalle vedo che il lavoro "la fa da padrone", questo sì.
Ma non trovo per niente vero l'assunto secondo il quale questa "attività obbligatoria" mi abbia reso migliore
Anzi, tutt'altro.

Quarant'anni fa tutti giuravano che il progresso tecnologico ci avrebbe fatto lavorare di meno, che avremmo avuto più tempo libero.
Che il lavoro sarebbe stato meno pesante.
Mi sembra che questa previsione sia stata del tutto sbagliata, il classico oroscopo sconfessato e mandato a puttane dalla realtà dei fatti.
Oggi si lavora di più, si fa più fatica e i ritmi si sono alzati.
Io personalmente ormai non riesco a fare nulla che non sia il mantenimento dei ritmi della routine quotidiana.
Gestisco l'ordinario e - come mi è capitato oggi - nel caso si verifichi un imprevisto mi ritrovo nel panico, finendo in sofferenza di tempo e in deficit di fatica.
Questa si chiama frustrazione allo stato puro, incapacità di tenere sotto controllo il tempo.
Non riesco più a leggere, a informarmi, e ho 12 libri in arretrato (e chissà quanti dischi ancora da ascoltare).
Il lavoro occlude il pensiero, lo snerva, gli succhia energie vitali.
Quindi rende meno liberi, non ci sono cazzi.

E adesso lasciatemi stare che devo andare a differenziare i rifiuti, portare tutto in strada, controllare la scadenza del bollo auto e valutare l'ipotesi di cambiare conto corrente.
Come dicevano i Pink Floyd: "shorter of breath and one day closer to death" (più corto di respiro e un giorno più vicino alla morte).
Allegria, amici ascoltatori.

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